Terapie avanzate, tecnologie innovative e COVID-19

In questi mesi, l’Italia e tutto il mondo stanno affrontando l’emergenza sanitaria più importante dell’ultimo secolo: la pandemia - dichiarata tale l’11 marzo 2020 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - di un nuovo coronavirus, denominato SARS-CoV-2. Questo virus causa la malattia da Coronavirus 2019, nota con la sigla COVID-19 (COrona VIrus Disease 2019), che può presentarsi come asintomatica, dare lievi sintomi simili all’influenza fino a dare origine, per una percentuale significativa, ad una sindrome respiratoria acuta molto grave che richiede il ricovero in reparti di terapia intensiva e che spesso porta alla morte.

Ad oggi, non esiste una cura specifica per la patologia, tantomeno un vaccino ma la ricerca è in continua evoluzione. Gli scienziati stanno facendo una vera corsa contro il tempo per cercare di mettere a punto terapie e vaccini per SARS-CoV-2. Da una parte si testano farmaci già esistenti per altre patologie, tra cui gli anti-virali, anti-infiammatori e anticorpi monoclonali, che potrebbero dare importanti benefici clinici in tempi brevi; dall’altra, con ricerche più a lungo termine, si studia a fondo questo nuovo virus per riuscire a sviluppare una nuova terapia specifica per COVID-19 e un vaccino che possa colmare la lacuna dell’immunità. Si tratta di una sfida enorme, non solo dal punto di vista sanitario e della ricerca scientifica ma anche in ambito politico, economico e sociale.

In alcuni casi, i ricercatori stanno puntando su alcune strategie che vengono applicate nel campo delle terapie avanzate, come ad esempio l’utilizzo di terapie cellulari a base di linfociti T ingegnerizzati per combattere infezioni virali o l’utilizzo di vettori virali per veicolare geni che istruiscano il sistema immunitario a reagire. Inoltre, mentre i test diagnostici basati su PCR sono attualmente i più affidabili, sono in fase di studio altre varianti - basate anche su tecniche all’avanguardia, ad esempio CRISPR - per ridurre tempi e costi e testare il maggior numero possibile di persone.

Anche le innovazioni tecnologiche mettono a disposizione diversi strumenti: dai robot in grado di offrire assistenza ai pazienti, limitando così il rischio per gli operatori sanitari, alle app in grado di tracciare gli spostamenti dei pazienti positivi a COVID-19, per identificare i contatti avuti e ridurre il numero di contagi. Intelligenza artificiale, digital health, big data, app e robotica possono – e potranno - essere un aiuto concreto nella gestione di questa emergenza sanitaria e della medicina del futuro in generale.

  • Da un’idea che non trovava finanziamenti al maggior riconoscimento scientifico: Karikò e Weissman hanno contribuito a creare una delle più grandi innovazioni medico-scientifiche degli ultimi anni

    La storia dei vaccini a mRNA comincia più di 30 anni fa: un inizio travagliato, con pochi soldi ed esperimenti con scarsi risultati. In molti hanno abbandonato, o si sono visti costretti a farlo per la mancanza di finanziamenti, ma qualcuno ha creduto nel potenziale di trasformare l’mRNA in un farmaco a dispetto delle difficoltà economiche. La biochimica Katalin Karikó e l’immunologo Drew Weissman hanno così iniziato a collaborare negli anni ’90 per sviluppare un vaccino a mRNA per l’HIV, virus che stava causando un elevato numero di vittime e allora senza speranze di terapie. Da allora la ricerca ha fatto passi da gigante, trasformando una ricerca che all’inizio dava alcuni problemi a livello immunitario in un alleato indispensabile per la lotta all’infezione che nel 2020 ha fermato il mondo.

  • Un vaccino a mRNA modificato da un software di intelligenza artificiale è risultato più stabile e capace di indurre una maggiore produzione di anticorpi rispetto all’originale

    Generare testi e immagini con l’intelligenza artificiale (AI) non è mai stato così semplice da quando software come ChatGPT o Bard sono entrati nelle nostre vite quotidiane. Ma l’AI è entrata anche nei laboratori biomedici, per generare nuove strutture di farmaci e vaccini o per modificare quelle esistenti. I vaccini a RNA messaggero (mRNA), ad esempio, sono stati l’arma più potente contro la pandemia COVID-19, ma rimangono stabili solo a temperature inferiori ai -15°C. Questo limita il loro utilizzo, soprattutto nei Paesi più poveri. Un nuovo software di AI del Baidu Research della California è riuscito a ridisegnare la struttura di un vaccino a mRNA contro il virus SARS-CoV2 rendendolo più stabile alla temperatura del corpo umano e quindi capace di persistere più a lungo nell’organismo.

  • Un lavoro pubblicato su Nature Medicine conferma la previsione fatta da Nature: la diagnostica basata sulle forbici genetiche CRISPR è una delle tecnologie emergenti del 2022

    La biologa computazionale del Broad Institute Pardis Sabeti si era già fatta notare durante l’emergenza ebola, al punto da entrare nella classifica delle persone più influenti di Time nel 2015. Questa scienziata di origine iraniana, specializzata nello studio della diversità e dell’evoluzione microbica, non poteva mancare l’appuntamento con il COVID-19. Il suo ultimo contributo, firmato insieme al genetista di Princeton Cameron Myhrvold, rappresenta un importante passo in avanti verso una nuova generazione di test diagnostici che ambiscono a essere più informativi della PCR e meno impegnativi del sequenziamento virale, grazie all’applicazione congiunta della microfluidica e della tecnica CRISPR. 

  • Giuseppe Novelli: “Un virus dal punto di vista biologico sa solo infettare e replicarsi. Più copie di sé produce, più rischia di commettere errori. Le varianti sono le differenze rispetto alla sequenza originale” 

    Risale a due anni fa la pubblicazione della prima mappa genetica di un nuovo coronavirus che poi diventerà noto a tutti con il nome di SARS-CoV-2. È il principio - o l’Alfa, per usare una metonimia - di un lungo e difficoltoso periodo di convivenza col coronavirus più celebre della storia tanto che oggi, in un susseguirsi di varianti dal diverso significato clinico, questo triste racconto è giunto al capitolo Omicron. Ma nel continuo su e giù per l’alfabeto greco vien spontaneo chiedersi cosa rappresenti la “variante” di un virus: perché si parla così insistentemente di Alfa, Beta, Delta e Omicron? E quali sono le differenze tra ognuna di esse, con riguardo al potenziale di infezione, ai test diagnostici, ai vaccini e ai farmaci usati per combattere il COVID-19? Per rispondere nel modo più esauriente possibile a queste domande, Osservatorio Terapie Avanzate si è rivolto a Giuseppe Novelli, Professore di Genetica Medica all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

  • Uno team internazionale, che vede coinvolti diversi gruppi di ricerca italiani, ha sviluppato organoidi di stomaco per studiare gli effetti dell’infezione da SARS-CoV-2 sul sistema gastrointestinale

    Per affrontare una malattia nuova - sotto tanti aspetti ancora sconosciuta - servono strumenti di ultima generazione, capaci di proiettare la mente di chi osserva oltre le barriere della contingenza. Un concetto ben noto agli scienziati che oggi si stanno adoperando contro il virus SARS-CoV-2. In tal senso più volte è stato dimostrato come gli organoidi esprimano un ottimo potenziale poiché consentono ai ricercatori di indagare a fondo i danni del virus, ricorrendo a modelli in vitro accurati e realistici. È in questa direzione che va lo studio pubblicato a metà novembre sulla rivista Nature Communications: sono stati prodotti in laboratorio mini-stomaci per studiare le infezioni da SARS-CoV-2 nei bambini.

  • Centinaia di scienziati hanno lavorato sull’RNA messaggero per decenni, costruendo passo dopo passo le conoscenze che – in pochi mesi – hanno portato al vaccino per contrastare la pandemia 

    Una delle frasi sentite più spesso in questi ultimi mesi è che i vaccini a RNA sono nuovi e, di conseguenza, non se ne conosce bene il meccanismo di funzionamento e gli effetti. La storia della ricerca sull’RNA è però lunga e non è di certo iniziata con la pandemia di COVID-19. Infatti, l'RNA messaggero (mRNA), protagonista dell’attuale strategia vaccinale per combattere SARS-Cov2, è stato scoperto più di mezzo secolo fa, nel 1961, e la ricerca su come l'mRNA potrebbe essere consegnato all’interno delle cellule è stata sviluppata negli anni '70. Vent’anni dopo si iniziò a pensare di usare l’mRNA a scopo terapeutico. Ma perché è servita la pandemia globale di COVID-19 perché il primo vaccino a mRNA fosse portato sul mercato? 

  • Gli scienziati hanno usato la tecnologia di editing genomico per bloccare con successo la trasmissione del Coronavirus nelle cellule umane in vitro

    Secondo una ricerca australiana pubblicata a luglio su Nature Communcations, CRISPR potrebbe essere utile anche contro la trasmissione del coronavirus SARS-CoV-2. Stando ai test di laboratorio, CRISPR si lega a delle specifiche sequenze di RNA virale, degradando i segmenti necessari alla replicazione del virus all’interno delle cellule umane. Considerata la recente e, purtroppo, veloce comparsa di nuove varianti del coronavirus, è necessario trovare approcci innovativi in grado di superare i problemi che possono rallentare la ricerca: l’editing genomico potrebbe essere un’interessante opzione, anche se è ancora presto per parlare di applicazione clinica.

  • “Semplificazione delle procedure e accorciamento delle tempistiche sono soluzioni valide per le terapie avanzate ma servono anche competenze e senso di prospettiva”, Michela Gabaldo (Telethon)

    La pandemia di COVID-19 non è ancora stata superata ma già ci si interroga sugli insegnamenti che ci sta consegnando, specialmente alla luce del fatto che in tredici mesi la ricerca scientifica ha saputo elaborare non uno bensì più vaccini contro il nuovo virus. Se si considera che ci vogliono fino a dieci anni per portare sul mercato un nuovo farmaco è impossibile non esultare per un tale risultato e diventa legittimo chiedersi quali delle procedure di emergenza adottate possano essere mantenute e applicate nel campo delle terapie avanzate. A questo proposito, in un interessante articolo pubblicato a fine maggio su Nature Italy - la versione italiana della celebre rivista scientifica - Michela Gabaldo, Responsabile Alleanze Industriali e Affari Regolatori di Fondazione Telethon, individua alcuni punti su cui vale la pena fare una riflessione.

  • La prima videogioco-terapia approvato nel mondo potrebbe aiutare gli adulti che soffrono di “brain fog” (la cosiddetta nebbia mentale) da COVID-19

    L’estate scorsa EndeavorRx è stato protagonista di un momento storico nella storia della digital health: si tratta infatti del primo videogioco-terapia approvato nel mondo e la prima terapia digitale per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) per bambini dagli 8 ai 12 anni. L’azienda produttrice, Akili Interactive, ha recentemente deciso di testare se il software potrebbe essere d’aiuto anche per gli adulti che soffrono di “annebbiamento”, una sorta di confusione e lentezza cognitiva, causato dall’infezione da SARS-CoV-2. Attualmente, infatti, non ci sono trattamenti approvati per le disfunzioni cognitive causate dalla COVID-19.

  • È la più sottile barriera alveolare polmonare realizzata in laboratorio con la biostampa 3D. Servirà a testare l’efficacia di farmaci e vaccini contro i virus respiratori

    Le malattie respiratorie, non da ultima COVID-19, rendono sempre più necessario lo studio di modelli cellulari per testare i farmaci in vitro. Ma, per la sua peculiare struttura, il tessuto polmonare è uno dei più complessi da ricreare in laboratorio. Un gruppo di ricerca dell’università di Pohang, in Corea del Sud, ha realizzato con la biostampa 3D la più sottile barriera alveolare artificiale al mondo: spessa solo 10 micrometri. Essa riproduce, strato dopo strato, la struttura e le funzioni della sottilissima membrana che riveste gli alveoli polmonari e permette gli scambi gassosi tra l’aria e il sangue. Il modello ha anche risposto all’infezione con un virus respiratorio in maniera simile all’organo originale. Lo studio è stato pubblicato a marzo su Advanced Science.

  • Ricercatori statunitensi hanno sviluppato un nuovo metodo per contrastare le mutazioni emergenti del coronavirus e accelerare lo sviluppo dei vaccini

    Utilizzando l'intelligenza artificiale (AI), un team di ricerca della University of Southern California (USC) Viterbi School of Engineering ha sviluppato un metodo per accelerare l'analisi delle varianti del virus SARS-CoV-2 e la progettazione di un vaccino efficace. I risultati, riportati a febbraio sulla rivista Scientific Reportsdel gruppo Nature, descrivono un approccio di deep learning – uno dei rami dell’AI - applicabile alle potenziali mutazioni del virus. Dopo l’identificazione di 26 potenziali vaccini per il SARS-CoV-2, i ricercatori ne hanno identificati 11 da cui costruire un vaccino in grado di dare una risposta immunitaria efficace contro le principali varianti del virus oggi note e le potenziali nuove varianti che potrebbero emergere.

  • Per i pazienti oncologici la telemedicina può essere un valido supporto, specialmente in pandemia. Purtroppo, alcune fasce di popolazione hanno meno probabilità di accedere a questa opportunità

    Si è parlato diffusamente di come la pandemia di COVID-19 abbia dato un notevole contributo alla diffusione delle pratiche di telemedicina. La necessità di monitorare i pazienti, arginando il più possibile la diffusione del virus, ha trovato una soluzione nella tecnologia, pur con alcuni limiti. Negli Stati Uniti questo processo è stato più evidente che nel nostro Paese e ha fornito l’occasione per studiare la situazione e approfondire pro e contro, possibilità e difficoltà. Un’analisi retrospettiva pubblicata a fine 2020 su JAMA Otolaryngology - Head & Neck Surgery ha descritto le correlazioni tra le caratteristiche demografiche e le disparità socioeconomiche dei pazienti con una diagnosi di tumore a collo e testa e il ricorso alla telemedicina.

  • La sfida del prossimo futuro sarà fondare una nuova classe di antivirali flessibili e ad ampio spettro, ispirandosi alle strategie di difesa evolute nel mondo microbico 

    Quando è esplosa la pandemia, nel marzo del 2020, la comunità degli specialisti dell’editing genetico si è sentita chiamata all’azione. Jennifer Doudna ha convocato una riunione a Berkeley, nel suo Innovative Genomics Institute, proponendo dieci progetti di ricerca. Il suo storico rivale Feng Zhang del Broad Institute, è stato esortato direttamente dal Consolato cinese di New York. Altri gruppi di ricerca si sono messi al lavoro, da Stanford al Georgia Institute of Technology. Oltre un anno dopo, è tempo di fare il punto sui risultati ottenuti. In aggiunta ai test diagnostici basati su CRISPR, messi a punto dalle company vicine ai due pionieri dell’editing, è in arrivo qualche nuova strategia antivirale?

  • Grazie ai dati raccolti dalla app COVID Symptom Study è stato sviluppato un modello per prevedere quali individui hanno più probabilità di sviluppare la sindrome long-COVID 

    La sindrome post-COVID (anche nota come sindrome “long COVID”) si riferisce a quell’insieme di sintomi che resta una volta passata l’infezione da SARS-CoV-2: per alcuni pazienti, purtroppo, la malattia non si conclude con l’agognato tampone negativo. Nella maggior parte dei casi la sindrome post-COVID colpisce i pazienti costretti al ricovero ospedaliero nella fase acuta della malattia. Per il monitoraggio dei sintomi dell’infezione, a marzo 2020 è stata lanciata negli Stati Uniti e nel Regno Unito la app “COVID Symptom Study” e ora, grazie ai dati raccolti, è possibile far luce anche sugli effetti a lungo termine. Lo studio è stato pubblicato il mese scorso sulla rivista Nature Medicine.

  • Quali sono? Come funzionano? E su che basi optare per uno o per l’altro? Ve lo spiega Osservatorio Terapie Avanzate con una semplice ma esaustiva infografica

    “Se hai avuto un contatto con una persona positiva al COVID-19 o accusi i sintomi della malattia (soprattutto tosse, febbre e indolenzimento) devi fare il tampone”. Probabilmente questa è una delle frasi più ripetute in questo anno di pandemia ed è difficile trovare qualcuno che, ad oggi, non sia ancora mai ricorso al famoso tampone. Nonostante ciò, molte persone fanno ancora confusione tra test molecolare, antigenico e sierologico, e ricorrere al test sbagliato – in un momento in cui il conteggio dei nuovi positivi rimane terribilmente alto e bisogna continuare a mirare a diagnosi, isolamento e cure tempestive – può creare gravi danni. Per questo motivo Osservatorio terapie Avanzate ha realizzato un’infografica (scaricabile QUI) che illustra in maniera semplice le differenze tra i vari test, diagnostici ed epidemiologici, per l’identificazione del virus SARS-CoV-2.

  • La nuova tecnologia alla base dei primi vaccini contro il virus SARS-CoV-2 ha il potenziale di curare anche altre infezioni virali, come l’HIV, o malattie genetiche come l’anemia falciforme

    Certe volte il tempismo è tutto, soprattutto durante una pandemia come quella dell’attuale coronavirus. Nonostante tutti i ritardi e la disorganizzazione durante questi 12 mesi di emergenza sanitaria, la messa a punto di una nuova e promettente tecnologia – quella dell’RNA messaggero (mRNA) per lo sviluppo di vaccini anti COVID-19 - è arrivata proprio nel momento del bisogno. In realtà la scienza non si improvvisa, la ricerca sul fronte di farmaci basati sul mRNA nasce oltre 20 anni fa, ma prima del 2020 e dell’immissione sul mercato dei primi vaccini anti COVID-19 questa tecnologia non aveva raggiunto l’applicazione clinica. E ora che la via è aperta, la nuova strategia sembra essere molto promettente anche per altre malattie, come l’anemia falciforme e l’AIDS, per citarne alcune.

  • Il test diagnostico, basato sul sistema di editing genomico e ancora in via di sviluppo, fornisce una misurazione quantitativa delle particelle virali a partire da un tampone nasale in appena 30 minuti

    Che gli smartphone ci abbiano cambiato la vita è ormai un dato di fatto, con tutti i pregi e i difetti che ne conseguono. Quello che forse non sapevamo è che un giorno sarebbero tornati utili anche per diagnosticare le infezioni virali. Lo hanno dimostrato ben due studi pubblicati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro lo scorso dicembre. Il primo riguarda il virus SARS-CoV-2 che da ormai un anno ha sconvolto le nostre vite. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Berkeley (Stati Uniti) – tra cui la neo premio Nobel per la chimica Jennifer A. Doudna – ha sviluppato un test basato sulla tecnica di editing genomico CRISPR in grado di rilevare la presenza del nuovo coronavirus utilizzando un dispositivo collegato a un normale smartphone.

  • La tecnica di diagnostica digitale è stata testata per il virus Zika, dell’epatite B e C. Potrebbe essere un’importante risorsa per Paesi in via di sviluppo ma anche per future pandemie globali

    Da sempre gli esseri umani convivono con i virus e mai come nel 2020 ci siamo resi conto dell’importanza che ha una diagnosi delle infezioni virali che sia semplice, rapida ed efficiente. E se ancora non siamo in grado di riconoscere un virus a occhio nudo o scattando una foto, un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School di Boston è riuscito a mettere a punto una nuova tecnica di rilevamento virale che utilizza la fotocamera dello smartphone per diagnosticare diverse infezioni. Il lavoro è stato pubblicato lo scorso dicembre su Science Advances e apre le porte ad una tecnica diagnostica digitale che può essere utilizzato da non addetti ai lavori per testare una varietà di infezioni virali. Un’innovazione che potrebbe rivelarsi particolarmente utile per Paesi in via di sviluppo ma anche per Paesi più ricchi in caso di pandemie.

  • L’infezione da Sars-CoV-2 ha cambiato il modo di vedere la telemedicina, che offre un’implementazione dell’assistenza sanitaria, ma anche alcuni rischi

    Sanità digitale, assistenza virtuale e telemedicina sono termini spesso utilizzati in modo intercambiabile per indicare la pratica dell'assistenza medica erogata a distanza. Si tratta di concetti così nuovi che l’Enciclopedia Treccani ha deciso di includere il termine “digital health” nella recente X appendice dedicata alle parole del XXI Secolo. Diversi studi e approfondimenti pubblicati durante il 2020 hanno sviluppato questi temi, analizzando pro e contro, offrendo l’occasione di riflettere sulle implicazioni e valutare le problematiche di queste tecnologie. Sarà importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo raccogliere i risultati di queste indagini su efficacia e problemi collegati all’applicazione della digital health, in modo da ridisegnare la gestione ospedaliera e ambulatoriale sotto la nuova luce dell’innovazione digitale.

  • Mentre l’ente regolatorio inglese ha concesso l’approvazione al vaccino italo-britannico a fine dicembre, le agenzie statunitensi ed europee prendono tempo e chiedono più dati

    Dopo l’autorizzazione a fine dicembre del vaccino COVID-19 prodotto da Pfizer/BioNTech, per cui è già in atto il programma di vaccinazione in Italia, e la recentissima per quello di Moderna (il 6 gennaio in Europa e il 7 gennaio in Italia) , l’approvazione da parte della Commissione Europea del vaccino prodotto da AstraZeneca si sta facendo attendere e sta facendo discutere. Al centro del dibattito il dosaggio e la sua efficacia. Un’attesa che avrà un impatto importante sull’Italia che aveva puntato fin da subito sul vaccino italo-britannico con la speranza che potesse giungere rapidamente sul mercato e arrivare nel nostro Paese in quantità massicce. Diversa invece la decisione dell’ente regolatorio inglese (MHRA) che ha dato il via libera lo scorso 30 dicembre.

  • Il prof. Gilberto Corbellini (Roma) e il prof. Michele De Luca (Modena) fanno chiarezza sulle modalità con cui operano le agenzie regolatorie, contestualizzando i fatti delle ultime settimane

    Il 2020 è stato con ogni probabilità l’anno più brutto che l’umanità ricordi da parecchio tempo. Tanto che la rivista Time la quale, per tradizione, dedica la copertina del numero di dicembre a un personaggio rappresentativo dell’anno appena trascorso, stavolta ha scelto proprio l’intero 2020, schiaffandoci sopra una grossa X rossa e bollandolo come il peggior anno di sempre. Ovviamente la pandemia COVID-19 è la principale causa di questa sensazione che unisce tutti i popoli del mondo, colpiti da questa disgrazia virale. Già durante la prima ondata della scorsa primavera, l’attesa più forte era per un vaccino che potesse contribuire ad arrestare la corsa del virus SARS-CoV-2. Ma oggi, nella percezione di tanti quel tanto desiderato farmaco è divenuto un’arma a doppio taglio da cui guardarsi.

  • AstraZeneca, Pfizer e Moderna sono i tre grandi protagonisti della sfida a SARS-CoV-2. Diversi nella strategia, sono tutti utili per provare a fermare la diffusone del virus

    Insieme allo scontro elettorale tra il nuovo presidente americano, Joe Biden, e lo sconfitto Donald Trump, il vaccino contro il virus SARS-CoV-2 è l’argomento di cui più si sente parlare ai telegiornali. Infatti, ad eccezione di un quotidiano monitoraggio dell’andamento delle curve epidemiologiche, l’argomento Coronavirus è sempre più impostato sull’imminente arrivo di un vaccino. O di più vaccini, visto che ogni giorno un candidato sembra prevalere sull’altro nella corsa allo sviluppo, per la richiesta di autorizzazioni accelerate e all’ideazione di strategie di produzione in enormi quantità di un farmaco capace di proteggere l’organismo umano dall’attacco del virus.

  • I governi russo e cinese non vogliono restare sullo sfondo e hanno preparato le loro alternative vaccinali ai prodotti americani ed europei

    Oltre agli Stati Uniti e ai principali Paesi del centro Europa, al vaccino contro il Coronavirus responsabile dell’attuale pandemia stanno lavorando con grande frenesia anche i ricercatori cinesi e russi. In Cina i principali candidati sono due: quello basato sull’adenovirus di tipo 5, denominato Ad5, dell’azienda farmaceutica CanSinoBIO e il vaccino attenuato, noto come CoronaVac, messo a punto da Sinovac. Sul fronte russo, invece, c’è il noto Sputnik V basato sull’adenovirus ricombinante 26 (rAd26) e l’adenovirus ricombinante 5 (rAd5). Nonostante il governo cinese e quello russo abbiano attuato un’approvazione lampo per i vaccini sperimentali, i risultati pubblicati sembrerebbero affermare che questi non innescano un’efficace risposta immunitaria o che sono meno immunogenici nelle persone oltre i 55-60 anni di età.

  • Possono servire ad arrivare più in fretta alla fase di commercializzazione ma sollevano importanti implicazioni bioetiche. Lo spiega il prof. Gilberto Corbellini (Roma)

    Forse qualcuno ricorda la storia di Jesse Gelsinger, un diciottenne americano che nel 1999 si offrì volontario per una sperimentazione sugli effetti della terapia genica per la cura del deficit di ornitina transcarbamilasi. A quel tempo i Comitati Etici erano molto più severi circa la partecipazione di bambini e giovani, e Jesse - che soffriva di una forma lieve della patologia - si fece avanti e fu inserito nel primo studio clinico per la nuova terapia genica. Studio che gli fu fatale. Tutto questo riporta alla mente quanto sta accadendo oggi nel percorso di sviluppo di un vaccino contro il virus SARS-CoV-2 dal momento che sono migliaia le persone nel mondo che si stanno offrendo volontarie per gli studi clinici.

  • Nuove evidenze indicano che anche bassi livelli di adozione delle app di “contact tracing” sono utili a contenere l’epidemia. Intanto Immuni diventa internazionale e obbligatoria per le ASL

    Con il nuovo Dpcm del 18 ottobre 2020 l’app Immuni è diventata obbligatoria per chi lavora nelle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e, nel frattempo, la stessa Immuni con un post su Facebook festeggia i suoi primi 9 milioni di download e l’interoperabilità a livello europeo. Intanto sul fronte accademico un nuovo studio dell'Università di Oxford e di Google – non ancora pubblicato (e perciò non ancora sottoposto a peer review), ma postato su medRxiv come preprint – sembra spezzare una lancia a favore delle app di tracciamento dei contatti, mostrando che anche livelli di adozione più bassi possono ridurre infezioni, ricoveri e decessi. Questo a dimostrazione del fatto che la tecnologia può fungere da complemento in sinergia con altre contromisure, come il distanziamento sociale e il tracciamento manuale dei contatti.

  • Grazie alla prof.ssa Antonella Viola (Padova) facciamo chiarezza sulla risposta immunitaria al virus SARS-CoV-2, ricordando che le nostre difese non consistono solo negli anticorpi

    Che cosa significa essere ammalati di COVID-19? Parole come “polmonite interstiziale bilaterale” e “tromboembolia” per qualcuno rappresentano una risposta esaustiva mentre altri pensano che la febbre e la perdita del senso del gusto (ageusia), spesso associata alla perdita dell’olfatto (o anosmia), bastino a spiegare i sintomi della patologia suscitata dal nuovo Coronavirus. Ciononostante, queste sono solo tracce superficiali di una battaglia che si combatte in profondità e coinvolge il sistema immunitario, con entrambe le sue linee di difesa, la risposta immunitaria umorale e quella cellulare.

  • Oggi, giornata mondiale di questa grave patologia neurodegenerativa, è importante ricordare le terapie in arrivo e in via di sviluppo, ma anche il devastante impatto della COVID-19

    Tra farmaci in fase di valutazione clinica, nuove strategie terapeutiche ancora in esplorazione - tra cui anche le terapie avanzate - e l’arrivo di biomarcatori che potrebbero permettere una diagnosi più accurata e precoce, la giornata mondiale per l’Alzheimer, che ogni anno si celebra il 21 settembre, potrebbe oggi essere accolta con un cauto ottimismo. Questo nonostante la pandemia COVID-19 e, in particolare, il lockdown abbiano avuto un impatto importante sul decorso della malattia, specie per i pazienti in fase iniziale e lieve/moderata. Come dimostra una recente indagine italiana in pubblicazione su Frontiers Psychiatry, condotta dal Gruppo di Studio sulla COVID-19 della Società Italiana di Neurologia per le demenze (SINdem).

  • AIFA ha autorizzato la sperimentazione di Fase I su GRAd-CoV2, il vaccino prodotto dall’azienda biotech italiana ReiThera e sostenuto dal CNR e dalla Regione Lazio

    GRAd-CoV2, sviluppato dall’azienda bio-tecnologica ReiThera di Castel Romano in collaborazione con l’IRCCS Lazzaro Spallanzani di Roma, è il primo vaccino per COVID-19 completamente ‘made in Italy’. A fine luglio l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato la sperimentazione di Fase I su GRAd-CoV2 per valutarne sicurezza e immunogenicità. Lo studio prevede l’arruolamento di 90 volontari sani suddivisi in due coorti, adulti e anziani, ed è condotto allo Spallanzani e al Centro ricerche cliniche di Verona. La somministrazione del vaccino sperimentale è iniziata lo scorso lunedì 24 agosto a Roma.

  • L’impatto psicologico della pandemia è stato notevole: un recente studio ha evidenziato come delle app dedicate alla salute mentale avrebbero effetti positivi su depressione e ansia

    Le conseguenze della pandemia COVID-19 sulla salute mentale sono rilevabili in tutto il mondo e vanno dallo stress legato alla paura di infettarsi, finire in quarantena o in autoisolamento, fino alle esperienze traumatiche di perdita - di vite umane e di mezzi di sostentamento - e di repentino e spesso drastico cambiamento delle abitudini. Mentre rimangono molte incertezze su come la pandemia evolverà nel prossimo futuro, è sicuro che l'impatto psicosociale sarà importante e duraturo. Ma la digital health potrebbe venire in aiuto. Come riportato lo scorso maggio su JAMA Psychiatry, un gruppo di app, raggruppate sotto il nome di IntelliCare, ridurrebbero significativamente l’ansia e la depressione.

  • Svariate équipe di ricerca stanno sfruttando le potenzialità di questi straordinari modelli cellulari per fare luce sulle complicanze del COVID-19

    “Organoidi contro un virus a diffusione mondiale”. Parafrasando una vecchia canzone della band punk Meganoidi si può facilmente riassumere il confronto tra una nuova tecnica per fare ricerca e un nuovo virus - il SARS-CoV-2 - evidenziando i pregi derivati dall’uso di innovativi modelli cellulari nello studio dei meccanismi che scatenano la malattia provocata dall’ormai noto Coronavirus. Infatti, in questo momento, all’interno di molti laboratori nel mondo gli organoidi sono utilizzati per tentare di spiegare gli effetti dell’infezione COVID-19 sul corpo umano. E magari offrire gli spunti per trovare soluzioni valide.

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