Charpentier e Doudna

Nelle lecture ufficiali di Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna un invito a esplorare il mondo di virus e batteri, da lì arriveranno le biotecnologie del futuro

La pandemia COVID-19 ha rivoluzionato la cerimonia di consegna del più prestigioso dei premi, spostando online le celebrazioni della Nobel Week. Non potendo recarsi a Stoccolma, l’8 dicembre le due inventrici di CRISPR hanno tenuto le loro presentazioni rispettivamente da Germania e Stati Uniti. Charpentier ha messo in fila gli indizi fatti di piccoli RNA microbici che l’hanno portata fatalmente a occuparsi di editing genomico. Doudna si è soffermata sulla dinamicità delle famigerate forbici molecolari di CRISPR, capaci di tagliare il DNA. Entrambe, raccontando la convergenza dei loro percorsi, hanno enfatizzato il debito di riconoscenza che la biochimica e la genetica hanno, e continueranno ad avere, nei confronti della microbiologia.

“Gli ultimi cinquant’anni hanno visto l’imponente sviluppo di una serie di tecnologie, tutte si sono originate da ricerche fatte su batteri e virus”, ha spiegato la scienziata francese che dirige l’Unità di scienza dei patogeni del Max Planck di Berlino. È cominciato tutto negli anni ’70, con diversi tipi di tecniche per ricombinare, clonare, sequenziare, amplificare, colpire il DNA. I classici enzimi di restrizione sono anch’essi delle forbici molecolari batteriche, anche se non possono essere programmati per individuare un bersaglio specifico, come invece fa l’enzima chiave di CRISPR (Cas9) grazie alla sua guida di RNA. Dai batteri derivano anche le prime tecnologie per l’editing di precisione sviluppate negli anni 2000 (dita di zinco e Talen), rispetto alle quali CRISPR ha rappresentato un salto quantico in termini di programmabilità, semplicità e versatilità.

Il lavoro che ha portato al Nobel per la chimica 2020 è sbocciato dall’interesse di Charpentier per le modalità con cui i batteri interagiscono con il loro ambiente umano, e in particolare per Streptococcus pyogenes, un batterio patogeno per l’uomo. “Il focus è sempre stato sui meccanismi regolatori che usano proteine e piccoli RNA. Questa ricerca si è sempre mescolata con la necessità di sviluppare via via delle tecnologie genetiche che ci consentissero di studiare meglio questi meccanismi”.

Il contributo della microbiologa francese all’innovazione biotech, dunque, precede CRISPR ma è sempre stato al servizio della scienza mossa dalla curiosità. Il bello è che la ricerca applicata serve alla ricerca di base e da questa scaturiscono nuove applicazioni. “CRISPR è nata dagli studi sui batteri e sui virus. Ora sappiamo quanto è importante sostenere la ricerca in microbiologia, mantenere l’expertise, studiare più virus e batteri, non solo perché causano malattie per le quali dobbiamo trovare dei trattamenti, ma anche perché batteri e virus sono una fonte preziosa per lo sviluppo di nuove biotecnologie”, ricorda la scienziata.

La tecnologia CRISPR in effetti si ispira al sistema immunitario che molti batteri e archeobatteri hanno evoluto nel corso di milioni di anni per difendersi dai virus. Dopo la Cas9, sono stati identificati molti altri componenti della stessa famiglia molecolare. Le proteine della famiglia Cas si stanno dimostrando di una multiformità stupefacente, che riecheggia la biodiversità microbica, con tanto di classi e sottoclassi. Di pari passo anche il sistema tecnologico CRISPR cresce e si diversifica: non è più un solo strumento ma una cassetta di strumenti, che consentiranno di accedere a nuove conoscenze e a nuove applicazioni dalla medicina all’agricultura. Negli ultimi otto anni, grazie all’impegno di molti scienziati, sono state sviluppate nuove versioni che permettono a CRISPR di agire in multiplex e di ottenere una precisione senza precedenti. Tantissimi altri ricercatori hanno adottato CRISPR con grande rapidità, dimostrando che funziona in modo efficiente in una varietà di cellule umane e organismi modello, dai topi ai moscerini, dai pesci alle piante.

I biologi continueranno certamente a identificare nuovi sistemi Crispr-Cas, attraverso il sequenziamento di altri microrganismi. “Continuerà così, perciò possiamo aspettarci che in futuro dalla ricerca sui microbi deriveranno nuove tecnologie genetiche”, prevede Charpentier. Oggi i giovani ricercatori hanno strumenti con cui fare cose impensabili una ventina di anni fa, e l’impatto di CRISPR viene rafforzato dagli avanzamenti su altri fronti, in campi come il sequenziamento, lo screening, l’imaging, il trasporto di molecole dentro alle cellule e le tecniche di coltura cellulare.

Pensando alla direzione in cui CRISPR andrà in futuro, anche Doudna si è soffermata sull’incredibile varietà dei sistemi CRISPR in natura. Il suo laboratorio, ad esempio, ha lavorato con gli enzimi Cas12 e Cas13, sviluppando idee e protocolli per usarli come sistemi diagnostici anziché come strumenti di correzione genetica. I potenziali vantaggi sono rapidità e semplicità dei test, due caratteristiche che appaiono particolarmente importanti alla luce delle difficoltà messe in luce dall’attuale pandemia.

Ma il riferimento più inaspettato nella lezione della biologa dell’università di Berkeley è un altro: un lavoro pubblicato su Science insieme alla collega Jill Banfield nel luglio del 2020. La scoperta, sorprendente, è che anche i virus che infettano i batteri possono avere un sistema CRISPR. Quindi CRISPR serve ai batteri per difendersi dai virus che li attaccano (i fagi) ma serve anche ad alcuni fagi per attaccare i fagi rivali. Nella guerra armata tra batteri e virus, si delinea insomma una nuova strategia: l’invasore mette a disposizione le proprie armi per potenziare il sistema di difesa della cellula che ha invaso, e così facendo blocca l’invasione da parte di altri concorrenti.

Il capofila di questo modus operandi è l’enzima CRISPR Casɸ, trovato in un gruppo di fagi che rendono ancora più sfumato il confine tra vivente e non vivente, perché sono grandi per essere dei virus ma son pur sempre molto più piccoli dei batteri. Casɸ riesce a tagliare il DNA e a farsi guidare verso il bersaglio da una molecola guida di RNA, proprio come la Cas9, ma ne rappresenta una variante mini. Disporre di un enzima super-compatto, che pesa la metà della Cas9 ed è codificato da un piccolo gene, ma è comunque capace di funzionare in vitro nelle cellule umane e anche in quelle vegetali, può essere un bel vantaggio dal punto di vista della facilità di trasportare il sistema CRISPR nelle cellule bersaglio. Possiamo considerarla un’altra piccola gemma emersa dallo scrigno microbico. “Un esempio affascinante della diversità naturale e un’opportunità per future applicazioni”, dice Doudna.

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