Presentato a novembre 2022 durante l’evento di science-show “AT2 – Advanced Talks on Advanced Therapies”, il retreAT è un ambizioso progetto di policy shaping di Osservatorio Terapie Avanzate che riunisce ricercatori, clinici, associazioni di pazienti, aziende e rappresentanti delle Istituzioni per individuare e analizzare le criticità e le sfide relative alle terapie avanzate.
Un articolo dal titolo “Why gene therapies must go virus-free”, pubblicato a giugno su Nature Biotechnology, affronta il tema del superamento dell’utilizzo dei vettori virali per la somministrazione delle terapie geniche. Sebbene i progressi fatti negli ultimi decenni siano stati incredibili e abbiamo permesso di portare sul mercato terapie per malattie precedentemente senza opzioni di trattamento, è indubbio che le terapie geniche siano molto costose e che l’utilizzo dei vettori virali abbia dei limiti. Le aziende biotecnologiche si trovano ora di fronte a una nuova sfida: sostituire i vettori virali con altri approcci, con il fine ultimo di abbassare le spese per lo sviluppo di nuove terapie e superare le problematiche che attualmente sussistono con l’utilizzo dei virus modificati.
Come dimostra la storia di CRISPR e dell’editing del genoma ogni nuova scoperta innesca profonde discussioni, solleva dubbi e pone interrogativi. Il momento dell’eureka! rappresenta un punto di svolta verso una direzione mai percorsa prima, della quale occorre esplorare sia i vantaggi che gli svantaggi. Tutto ciò vale anche per le terapie a base di cellule CAR-T la cui efficacia nel trattamento di forme tumorali resistenti alle cure standard e per cui non esistevano alternative è controbilanciata da alcuni limiti: primo su tutti quello dei possibili eventi avversi. Una ricerca che ha coinvolto la professoressa Silvia Morbelli e il professor Emanuele Angelucci, dell’IRCCS Policlinico San Martino di Genova, ha offerto l’occasione per meglio inquadrare i meccanismi che conducono all’insorgenza degli effetti collaterali legati a tali innovative terapie.
C’era una volta un filone di ricerca quiescente da oltre un secolo, ebbene ora si è risvegliato. Le sperimentazioni cliniche approvate sono decine, le riviste scientifiche documentano lo stato dell’arte pubblicando corpose rassegne, escono i primi libri che raccontano alcuni inaspettati successi su singoli pazienti e spuntano anche le prime inchieste di grandi testate come l’Economist. Parliamo dell’idea di mettere i microrganismi l’uno contro l’altro per sconfiggere le infezioni che minacciano la nostra salute. Si chiamano terapie fagiche, perché il compito di risolvere le patologie di origine batterica è affidato a minuscoli virus detti fagi o batteriofagi, che significa proprio “mangiatori di batteri”.
Generare testi e immagini con l’intelligenza artificiale (AI) non è mai stato così semplice da quando software come ChatGPT o Bard sono entrati nelle nostre vite quotidiane. Ma l’AI è entrata anche nei laboratori biomedici, per generare nuove strutture di farmaci e vaccini o per modificare quelle esistenti. I vaccini a RNA messaggero (mRNA), ad esempio, sono stati l’arma più potente contro la pandemia COVID-19, ma rimangono stabili solo a temperature inferiori ai -15°C. Questo limita il loro utilizzo, soprattutto nei Paesi più poveri. Un nuovo software di AI del Baidu Research della California è riuscito a ridisegnare la struttura di un vaccino a mRNA contro il virus SARS-CoV2 rendendolo più stabile alla temperatura del corpo umano e quindi capace di persistere più a lungo nell’organismo.
Nel film “Blu profondo” una dottoressa svolge ricerche sui cervelli di squalo mako per scovare una terapia in grado di riaccendere le sinapsi nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer. Mettendo da parte le fantascientifiche evoluzioni della pellicola rimane fermo il concetto che una patologia neurodegenerativa come quella debba esser affrontata ricorrendo a ogni spunto che la ricerca scientifica sia in grado di offrire. L’editing del genoma - e in particolare la tecnologia CRISPR - rappresenta l’ultima straordinaria occasione per accelerare l’acquisizione di conoscenze, lavorando su modelli cellulari avanzati, e arrivare quanto prima a una terapia mirata. E quale migliore momento potrebbe esserci per rivedere i traguardi delle ricerche con CRISPR se non la Giornata mondiale dell’Alzheimer?
Nel vasto insieme dei disturbi dello sviluppo neurologico la sindrome di Rett rappresenta per la medicina una delle sfide più ostiche da superare, dal momento che il gene MECP2, coinvolto nella genesi della patologia, è al crocevia di una rete di percorsi neuronali essenziali per il corretto sviluppo delle funzionalità sinaptiche. Non sono stati ancora approvati farmaci in grado di trattare le cause all’origine della malattia ma da ricerche recenti sono scaturiti due filoni di studio che, nel prossimo futuro, potrebbero cambiare le cose: da una parte la terapia genica per gene replacement e dall’altra la strategia di editing genomico stanno permettendo di compiere solidi passi avanti nella ricerca di una terapia efficace. Lo spiegano nel dettaglio le professoresse Alessandra Renieri e Ilaria Meloni, dell’Università degli Studi di Siena.
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