Le relazioni economiche che si instaurano tra aziende operanti in un dato settore - farmaceutico, immobiliare, automobilistico o di altro genere - somigliano su larga scala a quelle che regolano le interazioni fisiologiche tra le varie cellule dell’organismo. Nella loro ciclicità garantiscono la sopravvivenza. Così, la discesa sul campo delle terapie avanzate di AstraZeneca permetterà di spingere avanti lo sviluppo di molecole promettenti e allargare il panorama delle aziende presenti in un settore che sta rivoluzionando la medicina. Si tratta di uno dei passi più importanti mai compiuti dal colosso farmaceutico britannico che ha raggiunto un accordo con Pfizer per l’acquisizione di un pacchetto di programmi di terapia genica in fase iniziale.
Una terapia genica in fase di valutazione per il trattamento del morbo di Parkinson potrebbe ridurre il consumo di alcolici nei casi più gravi: il trattamento, testato su primati non umani, avrebbe l’obiettivo di ripristinare la via di sintesi della dopamina nel cervello. Lo studio, condotto dai ricercatori della Oregon Health & Science University (Stati Uniti) e pubblicato ad agosto su Nature Medicine, ha dimostrato che il trasporto del gene che codifica per il fattore neurotrofico derivato dalla linea cellulare gliale umano (hGDNF) in un'area specifica del cervello degli esemplari di scimmia - con forte dipendenza da alcolici - ha portato a una drastica riduzione del loro consumo di alcol. Si tratta di dati preliminari, che hanno fatto molto parlare ma che restano molto lontani dall’applicazione sull’essere umano.
È prodotta a partire da materiale biologico messo a disposizione da donatori - quindi non personalizzata per un unico paziente ma applicabile a molti e pronte all’uso (“off-the-shelf”) - ed equipaggiata con una tecnologia che, in caso di eventi collaterali inattesi, può neutralizzarne l’effetto, azzerando così il rischio di conseguenze gravi. Si tratta dell’ultima versione delle CAR-T a cui l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha recentemente concesso l’autorizzazione all’avvio di uno studio clinico di Fase I rivolto a pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (AML), una patologia del sangue particolarmente aggressiva che colpisce soprattutto le fasce più anziane della popolazione.
La selezione naturale è un processo affascinante che non scarta nulla ma tutto ricicla, in modi a volte curiosi ma sempre efficienti: per comprenderne le dinamiche e individuare soluzioni funzionali a problemi complessi occorre saper guardare anche dove non ci si aspetta di trovare risposte. Ecco dunque che, parallelamente all’esplosione delle tecniche per il sequenziamento del DNA, non mancano ricercatori proiettati sull’RNA e, in particolare, sulla frazione non codificante il cui ruolo regolatorio si è fatto chiaro in relazione ad alcuni meccanismi legati all’oncogenesi. Svelare il ruolo dell’RNA non codificante aprirà la strada a nuove terapie su RNA, come ci ha illustrato il prof. Pierfrancesco Tassone, coordinatore di un’interessante ricerca pubblicata sulle pagine della rivista internazionale Journal of Hematology & Oncology.
Le previsioni fatte dall’intelligenza artificiale sulle strutture proteiche potrebbero migliorare i risultati ad opera di CRISPR. Quest’ultima, pur essendo una tecnologia incredibilmente versatile e con applicazioni pressoché infinite, a volte è imperfetta: grazie allo sviluppo del base editing (o editing delle basi), i ricercatori si stanno avvicinando alla possibilità di correggere i difetti genetici in maniera molto più mirata. L’obiettivo è quello di sviluppare nuove opzioni di trattamento per le malattie genetiche, ma le applicazioni vanno ben oltre il campo biomedico. In questo contesto si inserisce l’AI che, grazie alla previsione delle strutture tridimensionali delle proteine che compongono lo strumento di editing, ha permesso di produrre una versione di CRISPR più precisa e potente. Un recente studio condotto dall'Università di Aarhus sulle previsioni delle strutture delle deaminasi è stato pubblicato su Cell.
A luglio dell’anno scorso condividevamo l’appello di Fondazione Telethon per scongiurare il ritiro dal mercato di terapie geniche efficaci e già approvate per il trattamento di malattie rare e ultra-rare. L’attenzione, dopo due terapie geniche già ritirate dal mercato europeo, era allora focalizzata su Strimvelis: approvata in Europa nel 2016, è stata tra le prime terapie avanzate arrivate sul mercato e ha salvato la vita a oltre 40 bambini nel mondo. Si tratta di una terapia genica per il trattamento dell’ADA-SCID - una malattia molto rara in grado di distruggere il sistema immunitario, lasciando l’organismo in balia delle infezioni - ed è stata il frutto della collaborazione tra l'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-TIGET) che l’ha sviluppata, l’azienda GSK che l’ha portata a registrazione e, infine, Orchard Therapeutics cui è stata trasferita per la commercializzazione. Di fronte alla possibilità di perdere questa terapia a causa della rinuncia della biotech, Fondazione Telethon ha deciso di intervenire e ora ha ricevuto il via libera dalla Commissione Europea.
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