Simone è il primo paziente italiano a cui è stata somministrata la terapia genica per il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (deficit di AADC), malattia che causa ipotonia, atassia, crisi oculogire, scarsa capacità attentiva e frequenti momenti di irritabilità e pianto. Se fino a poco tempo fa la prognosi per questi bambini era incerta, oggi la terapia genica rappresenta una speranza. Eladocagene exuparvovec (nome commerciale Upstaza) è stata approvata in Europa l’estate scorsa, ma in Italia i pazienti attendono ancora il via libera da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Dopo mesi di attesa e appelli alle istituzioni, fortunatamente ascoltati, i genitori di Simone hanno raggiunto il loro obiettivo: l’accesso alla terapia per il loro bambino.
Qualche settimana fa la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha concesso la designazione “Fast Track” a ST-920 (isaralgagene civaparvovec), una terapia genica sperimentale per la malattia di Fabry. Questo passaggio facilita lo sviluppo, e accelera la revisione da parte degli enti regolatori, di nuove terapie destinate al trattamento di patologie gravi o fatali. ST-920 - che ha ottenuto anche la designazione di farmaco orfano in Europa - è attualmente in valutazione nello studio di Fase I/II STAAR, nel quale è stato incluso anche un centro italiano, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi (Firenze). La biotech che produce la terapia, Sangamo Therapeutics, si sta preparando per uno studio di Fase III e prevede di avviarlo verso la fine del 2023.
Giugno rappresenta il mese della consapevolezza sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattia che colpisce i motoneuroni e che causa la progressiva perdita delle funzioni motorie, fino al decesso. Obiettivo della giornata mondiale sulla SLA, che si celebra ogni 21 giugno ed è promossa dalla Federazione Internazionale delle associazioni di pazienti, è quello di sensibilizzare e aumentare le conoscenze sulla malattia. Il prof. Roberto Massa, responsabile dell’Unità Malattie Neuromuscolari presso il Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma, fa una panoramica sullo stato dell’arte delle terapie avanzate in studio per questa malattia.
Nel 2016, i ricercatori hanno memorizzato un breve filmato che ritraeva un cavallo al galoppo nel DNA di un batterio, trasformando l’antico custode dell’informazione genetica in un moderno “hard disk” per il salvataggio dei dati. Come nastri magnetici o dispositivi elettronici, ma con il vantaggio che può rimanere intatto per migliaia di anni e immagazzinare miliardi di miliardi di byte in pochissimo spazio che, con un volume di dati generati ogni giorno nel mondo pari più o meno al download di mezzo miliardo di film in HD, è un ottimo punto a favore. I ricercatori della University of Technology di Eindhoven hanno pubblicato su Nature Nanotechnology un sistema che rende più facile la ricerca e lettura dei dati memorizzati nel DNA, ancora troppo lenta e costosa rispetto agli archivi tradizionali.
È la struttura principale dell’occhio perché ospita gli elementi - coni e bastoncelli - che ricevono l’impulso luminoso e, attraverso una serie di strutture, lo trasmettono al nervo ottico il quale a sua volta lo invia al cervello dove viene elaborata un’immagine. Stiamo parlando della retina, la cui speciale organizzazione in strati consente la visione. Le malattie che la interessano provocano inevitabilmente una riduzione dell’acutezza visiva e, fino a qualche anno fa, alcune di esse non avevano possibilità di cura. L’approvazione di voretigene neparvovec per il trattamento della distrofia retinica ereditaria ha segnato un punto di svolta e ora i ricercatori sperano di sviluppare nuove terapie avanzate anche per altri disturbi, fra cui la malattia di Stargardt.
L’International Society for Stem Cell Research (ISSCR) ha recentemente diffuso un documento sugli standard da rispettare nella ricerca che prevede l’utilizzo di cellule staminali. Il fine di questa iniziativa, frutto di una collaborazione internazionale, è quello di migliorare il rigore nella ricerca preclinica, la riproducibilità degli esperimenti e, di conseguenza, aumentare il numero di terapie che proseguono nel percorso che le porta dal laboratorio al paziente. Il documento è solo l’ultimo condiviso dall’ISSCR: società internazionale di elevata reputazione nel settore, ne aveva già prodotti altri in precedenza, tra cui le Linee Guida per la ricerca sulle staminali, aggiornate nel 2021.
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