Non solo terapie digitali, ma anche diagnostica, raccolta dati per la ricerca, miglioramento dello stile di vita e della comunicazione con i medici, telemedicina, social media, intelligenza artificiale, wearable (la tecnologia wearable, che significa indossabile, consiste in cose che possono essere indossate, come vestiti, sensori o occhiali, che contengono una tecnologia informatica) e gamification (l'applicazione di elementi del gioco in contesti non legati ad esso, tra cui le applicazioni in sanità). Le terapie digitali sono un ambito in crescita e che potrà rispondere ad alcuni bisogni dei pazienti a cui ancora oggi non si riesce a dare una risposta concreta, ma la tecnologia non si ferma qui. Gli algoritmi, le app, i device potranno aiutare medici e pazienti ad affrontare la malattia sfruttando la tecnologia, a supporto delle medicine classiche o utilizzata in modo indipendente.
Lo scorso aprile la Food and Drud Administration (FDA – l’agenzia regolatoria dei farmaci statunitense) ha approvato uno strumento per la diagnosi di problemi dell’occhio legati al diabete, dimostrando proprio che oltre alle terapie, c’è tutto l’ambito della diagnostica che può beneficiare delle tecnologie avanzate. Anche in questo caso, l’approvazione degli enti è fondamentale per l’applicazione di questi nuovi strumenti alla pratica medica condivisa. L’istituzione della Digital Health Innovation Action Plan delinea gli sforzi della FDA verso questa rivoluzione della medicina digitale. In Europa è stato creato il consorzio Digital Health Europe per supportare la trasformazione verso il digitale della medicina. Inoltre, l’attenzione delle grandi industrie che si occupano di data science e informatica è molto elevata in questo settore: basti pensare all’Apple Watch, che è stato registrato negli Stati Uniti dalla FDA come dispositivo medico e che è in grado di rilevare episodi di fibrillazione atriale grazie alla esecuzione di un elettrocardiogramma a una derivazione. Google ha recentemente acquistato Fitbit per 2,1 miliardi di dollari, Adidas nel 2015 ha acquistato Runtastic (una delle applicazioni maggiormente conosciute da chi pratica il fitness), mentre diverse aziende farmaceutiche stanno investendo nel settore digitale già da qualche anno.
Ad oggi il potenziale di questi strumenti, specialmente per quanto riguarda le terapie digitali, è limitato dalla presenza di una grande quantità di prodotti – basti pensare alle oltre 325.000 app presenti negli app store che appartengono alla sfera del benessere e del fitness, ma che non rientrano nella definizione di terapie - e anche alla mancata organizzazione a livello di incentivi, anche se gli investimenti nel settore hanno avuto un incremento notevole negli ultimi anni. Valutare, comprendere e risolvere questi ostacoli farà in modo di procedere verso una nuova fase della medicina moderna.
La sezione “Digital Health” è realizzata in collaborazione con Eugenio Santoro, Capo del Laboratorio di Informatica Medica del Dipartimento di Salute Pubblica presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS (Milano).
L’intelligenza artificiale applicata alla ricerca e alla pratica clinica è oggi uno dei temi centrali in ambito medico. Il mondo è già pieno di strumenti in questo settore ma il passo ulteriore è stato lanciato da Google il 19 febbraio scorso: con AI Co-Scientist, oggi “esiste” un collaboratore virtuale, un co-scienziato appunto, capace di scandagliare montagne di dati, di individuare correlazioni impercettibili all'occhio umano, di formulare ipotesi innovative e di suggerire esperimenti rivoluzionari. In sostanza Co-Scientist non è solo una macchina velocissima che fa ciò che gli si dice di fare, e che impara autonomamente dalla propria esperienza di elaborazione dati sulla base dei nostri feedback. È un sistema che ha lo scopo primario di supportare gli scienziati nell’avanzare ipotesi di ricerca.
Per la prima volta il Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha emesso una “Qualification Opinion” per una metodologia innovativa basata sull’intelligenza artificiale (AI). Lo strumento si chiama AIM-NASH e aiuta i patologi ad analizzare le scansioni di biopsie epatiche per determinare la gravità della MASH, steatoepatite associata a disfunzione metabolica. La promessa è di migliorare l'affidabilità e l'efficienza degli studi clinici sui nuovi trattamenti, riducendo la variabilità nella misurazione dell’attività della malattia (infiammazione e fibrosi). Le evidenze presentate al CHMP dimostrano che le letture delle biopsie effettuate con AIM-NASH, verificate da un unico patologo esperto, sono in grado di determinare in modo affidabile l'attività della MASH con minore variabilità rispetto allo standard attuale, che prevede un consenso tra tre patologi indipendenti.
Come sarebbe se si potessero diagnosticare molte malattie diverse da un unico campione di sangue, semplicemente con un click? Dentro di noi esiste un “registro biologico” che custodisce la memoria di ogni infezione, vaccinazione o condizione immunitaria con cui siamo entrati in contatto. Ora, grazie all’intelligenza artificiale, potremmo finalmente avere accesso a questi dati. Uno studio della Stanford University pubblicato su Science dimostra che i recettori dei linfociti B e T contengono una firma immunologica unica, che può essere analizzata per diagnosticare con estrema precisione patologie come COVID-19, diabete di tipo 1, lupus e infezione da HIV. Lo studio ha esaminato milioni di sequenze immunitarie con un modello di apprendimento automatico in grado di rivoluzionare la diagnostica rendendola più rapida e personalizzata.
Un modello di intelligenza artificiale capace di progettare e analizzare il codice genetico per tutti i domini della vita segna una svolta nella biologia computazionale. Si tratta di Evo 2, il modello più grande mai sviluppato in questo campo, addestrato su oltre 9,3 trilioni di nucleotidi estratti da 128.000 genomi, coprendo l’intero albero della vita. È stato sviluppato dall’Arc Institute, l’Università di Stanford e il colosso dei semiconduttori NVIDIA: una collaborazione che unisce le più evolute tecnologie informatiche e biotecnologiche e che potrebbe avere un notevole impatto sul futuro della biologia sintetica e della medicina personalizzata.
L’intelligenza artificiale (AI) sta diventando uno strumento sempre più importante nel campo della ricerca scientifica e della pratica clinica in ambito medico. Ne è una prova tangibile il fatto che è stata protagonista di due dei Nobel assegnati nel 2024. Uno studio svedese, da poco pubblicato sulla rivista The Lancet Digital Health, evidenzia che l’uso dell’AI nello screening mammografico porta a un aumento significativo, del 29%, nella rilevazione dei tumori al seno. Si tratta del più grande trial clinico randomizzato sull’AI in ambito medico finora condotto, con oltre 100.000 donne tra i 40 e i 74 anni sottoposte a screening mammografico. Questi risultati suggeriscono che una procedura assistita dall’AI possa essere un fattore chiave per la diagnosi precoce dei tumori mammari.
I gliomi sono tumori cerebrali particolarmente aggressivi. Anche dopo interventi mirati, la maggior parte dei pazienti affronta recidive entro pochi mesi o anni, poiché le cellule tumorali si diffondono oltre i margini visibili, intrecciandosi al tessuto cerebrale sano e rendendo complessa la rimozione completa per via chirurgica. Laddove la vista umana non può arrivare, però, l'intelligenza artificiale (AI) offre una soluzione innovativa. I ricercatori dell’Università del Michigan hanno sviluppato FastGlioma, un modello di AI capace di analizzare campioni di tessuto in meno di dieci secondi, fornendo in sala operatoria indicazioni in tempo reale sulla presenza di cellule tumorali residue. Le sue prestazioni, rivoluzionarie per la neurochirurgia, sono state pubblicate su Nature, ne parliamo in occasione del World Cancer Day che viene celebrato il 4 febbraio.
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