Nonostante i significativi progressi nella gestione dell'HIV attraverso la terapia antiretrovirale (ART), l'eradicazione completa del virus rimane una sfida. Il principale ostacolo è rappresentato dai cosiddetti "reservoir" di cellule T CD4+ infette in cui il virus persiste in uno stato latente, sfuggendo sia alla terapia che al sistema immunitario. Recentemente, nuove strategie terapeutiche, come le molecole bispecifiche basate sul recettore delle cellule T (TCR), stanno emergendo come potenziali soluzioni per eliminare queste riserve virali e avvicinarsi a una cura funzionale dell'HIV. Un articolo pubblicato a gennaio su Nature Biotechnology racconta questa recente innovazione.
Le cellule CAR-T segnano un nuovo traguardo nella terapia oncologica pediatrica. Ancora una volta l’eccellenza è italiana, con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, centro di riferimento per queste terapie avanzate, come protagonista. Un innovativo trattamento con cellule CAR-T allogeniche - derivate da donatori, a differenza delle versioni autologhe ottenute prelevando i linfociti T dal paziente stesso - ha acceso una speranza per i piccoli pazienti colpiti da neuroblastoma, il tumore solido extracranico più comune nei bambini. Una recente pubblicazione su Nature Medicine mostra risultati sono promettenti: di cinque bambini trattati, affetti da neuroblastoma refrattario o recidivante e che non avevano ottenuto benefici dalle terapie precedenti, tre hanno raggiunto la remissione completa e uno ha mostrato miglioramenti significativi.
Tra gli inconfondibili segni dell’invecchiamento, oltre al calo del tono muscolare e alla riduzione dell’udito, figura il deficit della vista: prima la presbiopia rende difficoltosa la visione da vicino, poi la cataratta offusca la vista, rendendo sfocati i colori e cambiando la sensibilità alla luce, e infine la degenerazione maculare dovuta all’età, una malattia che si manifesta principalmente nelle fasce al di sopra dei 60 anni e colpisce la visione centrale. Tante sono le condizioni patologiche dell’occhio ma quest’ultima - lo dice anche il nome stesso - è quella più direttamente correlata all’avanzamento dell’età. Per fortuna sono in atto - anche in Italia - degli studi clinici che hanno l’obiettivo di valutare innovative terapie, come quelle geniche, che potrebbe rivoluzionare l’iter di trattamento della malattia.
Da alcuni anni ormai il trapianto di insule pancreatiche si è affermato come un metodo per ripristinare la produzione di insulina nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 in cui una risposta immunitaria fuori scala si rivolge contro le cellule beta del pancreas, sede di produzione dell’insulina. Il lato oscuro di questa procedura è correlato alla necessità di sottoporre il paziente a una terapia immunosoppressiva e ciò impone di considerare con attenzione il sottile equilibrio tra i vantaggi e gli svantaggi. Un importante studio italiano, pubblicato la settimana scorsa su The Lancet Diabetes & Endocrinology, illustra la ventennale esperienza dell’Unità di Medicina Rigenerativa e dei Trapianti presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, un’analisi dei risultati a lungo termine dei numerosi interventi ha permesso di avere importanti indicazioni per migliorare l’efficacia e la sicurezza della procedura.
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