Terapie avanzate, tecnologie innovative e COVID-19

In questi mesi, l’Italia e tutto il mondo stanno affrontando l’emergenza sanitaria più importante dell’ultimo secolo: la pandemia - dichiarata tale l’11 marzo 2020 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - di un nuovo coronavirus, denominato SARS-CoV-2. Questo virus causa la malattia da Coronavirus 2019, nota con la sigla COVID-19 (COrona VIrus Disease 2019), che può presentarsi come asintomatica, dare lievi sintomi simili all’influenza fino a dare origine, per una percentuale significativa, ad una sindrome respiratoria acuta molto grave che richiede il ricovero in reparti di terapia intensiva e che spesso porta alla morte.

Ad oggi, non esiste una cura specifica per la patologia, tantomeno un vaccino ma la ricerca è in continua evoluzione. Gli scienziati stanno facendo una vera corsa contro il tempo per cercare di mettere a punto terapie e vaccini per SARS-CoV-2. Da una parte si testano farmaci già esistenti per altre patologie, tra cui gli anti-virali, anti-infiammatori e anticorpi monoclonali, che potrebbero dare importanti benefici clinici in tempi brevi; dall’altra, con ricerche più a lungo termine, si studia a fondo questo nuovo virus per riuscire a sviluppare una nuova terapia specifica per COVID-19 e un vaccino che possa colmare la lacuna dell’immunità. Si tratta di una sfida enorme, non solo dal punto di vista sanitario e della ricerca scientifica ma anche in ambito politico, economico e sociale.

In alcuni casi, i ricercatori stanno puntando su alcune strategie che vengono applicate nel campo delle terapie avanzate, come ad esempio l’utilizzo di terapie cellulari a base di linfociti T ingegnerizzati per combattere infezioni virali o l’utilizzo di vettori virali per veicolare geni che istruiscano il sistema immunitario a reagire. Inoltre, mentre i test diagnostici basati su PCR sono attualmente i più affidabili, sono in fase di studio altre varianti - basate anche su tecniche all’avanguardia, ad esempio CRISPR - per ridurre tempi e costi e testare il maggior numero possibile di persone.

Anche le innovazioni tecnologiche mettono a disposizione diversi strumenti: dai robot in grado di offrire assistenza ai pazienti, limitando così il rischio per gli operatori sanitari, alle app in grado di tracciare gli spostamenti dei pazienti positivi a COVID-19, per identificare i contatti avuti e ridurre il numero di contagi. Intelligenza artificiale, digital health, big data, app e robotica possono – e potranno - essere un aiuto concreto nella gestione di questa emergenza sanitaria e della medicina del futuro in generale.

  • L’Italia scommette su quello sviluppato da Advent-IRBM con l’Università di Oxford, ora prodotto da AstraZeneca. Ne parliamo con Stefania Di Marco, direttore scientifico di Advent-IRBM

    Sembra non esaurirsi l’elenco di potenziali terapie contro il virus SARS-CoV-2: dopo i farmaci antivirali e gli anticorpi monoclonali è salita in scena l’idrossiclorochina, un antimalarico protagonista di innumerevoli discussioni sulle pagine dei giornali. Adesso sembra essere il turno del desametasone quale possibile terapia efficace contro il COVID-19, tuttavia, non c’è dubbio che il fulcro della lotta a questa pandemia sia la messa a punto di un vaccino. Un tema di bruciante attualità che l’Osservatorio Terapie Avanzate aveva trattato a fine aprile, illustrando il vaccino genetico che nasceva da una collaborazione italo-inglese, e su cui oggi ritorna con un aggiornamento visto che si tratta del vaccino sul quale stanno scommettendo diversi Paesi europei tra cui l’Italia.

  • Dopo tanta attesa, la app è scaricabile dal 1° giugno e la sperimentazione, che inizia l'8 giugno, include 4 Regioni. Non mancano però i dubbi (e i dati scientifici)

    Un primo passo verso il concreto arrivo dell’app Immuni è stato fatto. Lo scorso 20 maggio, infatti, Apple e Google hanno annunciato di aver terminato il lavoro congiunto per la messa a punto di una tecnologia di tracciamento del contagio da Coronavirus. Una sorta di piattaforma universale che permetterà la comunicazione anche tra gli smartphone con sistema operativo iOS o Android e che sarà messa nelle mani delle autorità sanitarie di tutto il mondo che ne hanno fatto richiesta - tra cui l’Italia - per poter utilizzare la propria app di contact tracing. Tutto bene, se non fosse che a Fase 2 inoltrata dell’emergenza sanitaria i dubbi sulla reale efficacia di questo sistema restano aperti. Perché a oggi non esistono studi scientifici che dimostrino la validità di un’app per il tracciamento dei contatti.

  • La Food and Drug Administration (FDA) ha concesso la prima autorizzazione d’emergenza e la ricerca scommette su innovazioni ancora più ambiziose per la diagnosi delle malattie emergenti.

    La pandemia ha dimostrato che i classici tamponi basati sulla reazione a catena della polimerasi (PCR) non bastano più. Rappresentano il golden standard della diagnostica ma richiedono reagenti difficili da reperire durante un’emergenza globale come questa, macchinari costosi, competenze specialistiche e troppo tempo per l’esecuzione. Il futuro del settore diagnostico è nei test rapidi, possibilmente da fare anche a casa e auspicabilmente in multiplex. A che punto è la transizione? La velocità è un requisito ormai a portata di mano, al traguardo dell’home-testing si sta lavorando e la fattibilità di chip capaci di eseguire simultaneamente centinaia di test diversi è già stata dimostrata in laboratorio.

  • Gli interrogativi emersi in questi ultimi mesi in ambito bioetico sono molteplici e toccano argomenti molto diversi: tra questi, la vendita di trattamenti non autorizzati e l’epidemiologia digitale

    I trattamenti non autorizzati a base di cellule staminali fanno capolino anche nell’emergenza sanitaria: a circa due mesi dalla dichiarazione di pandemia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono molteplici le aziende americane che stanno approfittando della situazione disperata per venderle a caro prezzo. Molte cliniche hanno una storia di vendite di questa tipologia di prodotto e, da quando è arrivata la COVID-19, si sono adeguate alle nuove esigenze di mercato, pur mancando le prove scientifiche a sostegno del loro utilizzo. Restando in tema bioetico, sta diventando virale il dibattito legato all’epidemiologia digitale - cioè l’utilizzo di dati generati al di fuori del sistema sanitario pubblico per la sorveglianza delle malattie – soprattutto per quanto riguarda l’omogeneità dell’applicazione delle tecnologie digitali e per la privacy.

  • Il libero accesso alle proprietà intellettuali potrebbe garantire ai cittadini del mondo di accedere a prezzi ragionevoli alle terapie e alle tecniche di diagnostica per SARS-CoV-2

    Una delle questioni in fase di discussione in questo complicato periodo di emergenza sanitaria riguarda i regimi di proprietà intellettuale. Diversi Paesi, organizzazioni e singoli chiedono che le proprietà intellettuali siano un sostegno, e non un ostacolo, per lo sviluppo di farmaci, tecniche diagnostiche e vaccini per il virus SARS-CoV-2. La richiesta è che venga consentito il libero accesso ai brevetti o la concessione di licenze a condizioni ragionevoli e convenienti per qualsiasi farmaco, terapia avanzata, vaccino o tecnica diagnostica per combattere la pandemia. Tutto questo per garantire ai cittadini del mondo l’equità di trattamento. Un progetto con il coinvolgimento di enti, aziende e istituzioni a livello globale potrebbe essere la soluzione?

  • Un modello sperimentale messo a punto da un gruppo di ricercatori olandese dimostra in che modo il virus SARS-CoV-2 sia in grado di infettare anche le cellule dell’intestino.

    La carta d’identità di SARS-CoV-2, che da quello che sappiamo oggi ha cominciato a circolare nell’uomo a fine 2019, si va via via completando man mano che crescono gli studi (siamo giunti a oltre quattromila pubblicazioni in materia) su questo nuovo Coronavirus. Tra le informazioni su cui quasi nessuno ormai ha più dubbi c’è quella relativa alla porta d’ingresso del virus nel nostro organismo: si tratta del recettore ACE2, abbondantemente espresso nelle cellule alveolari (pneumociti) di tipo 2 e nelle cellule ciliate presenti a livello dell’epitelio polmonare, questo spiega la forte dominanza della componente respiratoria nei sintomi della COVID-19. Ma le cellule che SARS-CoV-2 è in grado di infettare e gli organi che può colpire sono ben di più e tra questi l’intestino.

  • Dal microscopio elettronico alle caverne, dalla scoperta del primo Coronavirus alla ricerca di possibili nuove zoonosi: le storie di June Almeida e Shi Zhengli

    Prima dell’epidemia di SARS del 2003 si sapeva poco dei Coronavirus (CoV), i quali venivano normalmente associati ai comuni raffreddori. Con la prima grande epidemia del XXI secolo, la prospettiva è cambiata. Per la prima volta abbiamo assistito alla diffusione di un CoV dal potenziale pandemico, allora fortunatamente superato. Purtroppo, non è andata allo stesso modo con il SARS-CoV-2, responsabile della pandemia di COVID-19 in corso. I Coronavirus sono infatti conosciuti solo dal 1964, anno in cui June Almeda ha identificato un Coronavirus per la prima volta grazie a una tecnica pionieristica di microscopia. Coincidenza vuole che il 1964 sia l’anno di nascita della virologa cinese Shi Zheng-Li, soprannominata “Bat woman”, che esplora grotte e caverne, studiando virus potenzialmente mortali per l’uomo.

  • La settimana dell’Immunizzazione, in corso dal 24 al 30 aprile e promossa dall’OMS, è l’occasione per capire come il nostro sistema immunitario risponde a SARS-CoV-2 e, più in generale, ai patogeni

    La migliore chiave di interpretazione della prima fase della pandemia del virus SARS-CoV-2 è quella della “rapidità” riscontrata nell’impennata improvvisa e inarrestabile dei contagiati e nell’urgenza di una risposta medica adeguata a qualcosa che ancora non si conosce, nell’obbligatorietà di un intervento istituzionale deciso e nel brusco cambio di stile di vita che in pochi giorni ha recluso la popolazione all’interno delle proprie abitazioni. Ora le curve epidemiche sembrano appiattirsi e si pensa a come ritornare nei ranghi di un’esistenza il più possibile normale, perciò il filo rosso della cosiddetta “fase due” - e di quelle che la seguiranno - non può che essere il concetto di “immunizzazione".

  • “Siamo stati noi a generare l'epidemia di Coronavirus. Potrebbe essere iniziata da un pipistrello in una grotta, ma è stata l'attività umana a scatenarla” 
    (D. Quammen, The New York Times)

    Nel gioco del domino, basta un movimento leggero e, una tessera dopo l’altra, cadono tutte. Tuttavia, è possibile ripercorrere il percorso e individuare la tessera che per prima ha perso l’equilibrio. Il viaggio che David Quammen fa fare al lettore in “Spillover” è quello di chi indaga, a ritroso “tessera per tessera”, le correlazioni esistenti tra le malattie infettive e la crisi ecologico-sanitaria che affligge il mondo. “In una popolazione in rapida crescita, con molti individui che vivono addensati e sono esposti a nuovi patogeni, l’arrivo di una nuova pandemia è solo questione di tempo.” Come dimostrato da questa affermazione, il libro - pur essendo stato pubblicato nel 2012 - è terribilmente attuale e, proprio per questo, nelle ultime settimane ha scalato le classifica di vendita. COVID-19 è stata dichiarata emergenza mondiale il 12 marzo 2020 e, anche a detta dell’autore, questa pandemia è quella che 8 anni fa ha definito the next big one e che, purtroppo, non sarà l’ultima. Era davvero solo questione di tempo. E lo sarà di nuovo.

  • Come per la terapia genica, anche per i vaccini l’utilizzo di vettori virali per veicolare il DNA può rivelarsi la chiave di volta. Lo spiega Stefania Di Marco, direttore scientifico di Advent-IRBM.

    Chi avrebbe mai potuto pensare che la risposta preventiva più concreta contro un virus sarebbe potuta giungere proprio da un altro virus? Eppure è proprio così perché nel percorso di sviluppo di un vaccino contro il Coronavirus che sta mettendo in ginocchio il mondo intero, l’asso nella manica dei ricercatori potrebbe essere proprio un virus. La strategia si basa sull’utilizzo di un adenovirus per veicolare all’interno dell’organismo un gene in grado di innescare il processo di immunizzazione contro SARS-CoV-2. Una strategia che richiama alla mente quella utilizzata nella terapia genica. Ed è con una punta di orgoglio che annotiamo una partecipazione italiana alla realizzazione di questo vaccino genetico che, come comunicato dallo stesso amministratore delegato di IRBM Science Park, Piero di Lorenzo, inizierà la sperimentazione sull’uomo proprio a fine aprile.

  • Camuffare il fattore Rh espresso sulla superficie dei globuli rossi con l’obiettivo di renderli compatibili con tutti i gruppi sanguigni. Una preziosa metodica in tempi di emergenza sanitaria come quella di COVID-19

    Un gruppo di scienziati cinesi ha creato un globulo rosso “invisibile”, in grado cioè di nascondere le caratteristiche che lo rendono riconoscibile dal sistema immunitario di un organismo con gruppo sanguigno diverso in caso di trasfusione. Lo studio  pubblicato a marzo su Science Advances, potrebbe essere un passo avanti verso la creazione del sangue universalmente compatibile, aumentando le possibilità in medicina d’emergenza e riducendo i rischi legati alle carenze di donazioni, problema presentatosi anche durante la pandemia di COVID-19. Inoltre, molte sono le malattie che dipendono dalle donazioni di sangue e, sebbene in alcuni casi le terapie avanzate stiano soppiantando la pratica delle trasfusioni (ad esempio nel caso dell’emofilia e della beta-talassemia), in molti casi restano fondamentali per la sopravvivenza.

  • I pazienti continuano a ricevere le cure salvavita programmate. Alcuni rallentamenti riguardano invece gli studi clinici per altre terapie avanzate. Ne abbiamo parlato con Franco Locatelli.

    Le terapie avanzate sembrano resistere all’impatto che lo tsunami COVID-19 sta provocando in tutto il mondo. Almeno per il momento. Il blocco dei voli tra i diversi Paesi, infatti, ha messo a serio rischio il trasporto di materiale cellulare necessario sia per i trapianti di cellule staminali, che spesso provengono da donatori residenti in Paesi esteri, sia per le terapie cellulari CAR-T, che nella stragrande maggioranza dei casi vengono ingegnerizzate negli Stati Uniti. Per ora però le soluzioni intraprese sembrano garantire le cure salvavita, come conferma anche Franco Locatelli - Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e Presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Mentre a risentirne un po’ di più sono i trial clinici.

  • SHERLOCK, DETECTR e PAC-MAN. Due tecniche di diagnostica per i virus e una tecnologia “antivirale” accomunate da una sola caratteristica: si basano tutte su CRISPR

    L’emergenza COVID-19 ha evidenziato la mancanza di una tecnologia rapida, semplice e poco costosa per il rilevamento dei virus. Come se ciò non bastasse, non abbiamo ancora un farmaco disponibile per fronteggiare questa pandemia, di cui non siamo in grado di prevedere la durata. Gli studi clinici in corso sono molti e prendono in considerazione diverse molecole e soluzioni tecnologiche, ma ancora non è stato trovato qualcosa di specifico ed efficace. In questo quadro d’incertezza trova il suo spazio anche CRISPR, il famoso sistema di editing genomico che potrebbe essere utilizzato per contrastare direttamente il virus o come test diagnostico in grado di identificare la presenza dell’agente virale.

  • In poche settimane il virus SARS-CoV-2 ha raggiunto tutto il mondo. Gli scienziati stanno testando farmaci per trattare i malati, ma anche tecniche all’avanguardia per prevenire altre infezioni

    Le strategie terapeutiche in sperimentazioni contro l’infezione COVID-19 sono molte e i farmaci vengono testati in trial clinici in tutto il mondo, aspettando la messa a punto di un vaccino adeguato. Le terapie più promettenti includono gli antivirali e gli anticorpi monoclonali, ma bisogna attendere i primi risultati per capire quali molecole saranno in grado di rispondere efficacemente all’emergenza da SARS-CoV-2. Un approccio innovativo contro i virus prevede di focalizzarsi sulle cellule del sistema immunitario e non su un farmaco. AlloVir, azienda statunitense da anni impegnata nello sviluppo di terapie cellulari, potrebbe ampliare la sua piattaforma per riuscire a prevenire infezioni virali come la COVID-19.

  • Sul portale di Osservatorio Malattie Rare sono a disposizione oltre 25 specialisti medici per rispondere online alle domande dei cittadini, che siano affetti da malattie rare o meno

    È un momento di emergenza mondiale e nazionale e le informazioni disponibili sono ormai troppo spesso fake-news e consigli dispensati da chi non ha le competenze necessarie per farlo. Questo provoca la diffusione di ansia e comportamenti non in linea con le raccomandazioni dell’OMS e del nostro Ministero della salute, rischiando di peggiorare la già delicata situazione. Scienziati di tutto il mondo stanno combattendo contro il tempo per mettere a punto un vaccino ad hoc e trovare terapie efficaci contro la COVID-19 (la patologia virale causata da SARS-CoV-2): sviluppo di nuovi farmaci, studi su efficacia e sicurezza di farmaci già autorizzati per altre malattie, tra cui anche terapie avanzate. Ma le evidenze scientifiche sono ancora poche e i dati sono in continua evoluzione. È fondamentale stare attenti e scegliere fonti di informazione autorevoli: Osservatorio Malattie Rare ha risposto a questa necessità con il servizio gratuito “L’esperto risponde” dedicata al tema “Malattie rare e Coronavirus”, a disposizione di malati rari e non solo.

  • Farmaci antivirali, antimalarici, medicina tradizionale cinese e, infine, anche le cellule staminali mesenchimali. Ma l’OMS chiede rigore e sottolinea la necessità di seguire percorsi trasparenti e secondo le regole.

    Il numero dei contagiati da coronavirus 2019 n-CoV (ora ufficialmente rinominato SARS-CoV-2) nel mondo, e ormai anche in Italia, cresce di giorno in giorno e mentre i medici e il personale sanitario stanno mettendo in atto le misure a disposizione per combattere e arginare l’infezione, i ricercatori di tutto il mondo sono impegnati nel trovare una terapia efficace e mettere a punto un vaccino. Ricerche che richiederanno tempi dilatati, soprattutto per il vaccino (la stima è di almeno 12-18 mesi), poiché dovranno ottemperare agli standard di sicurezza ed efficacia imposti dalle autorità regolatorie. Nel frattempo stanno fiorendo gli studi clinici imperniati su possibili soluzioni terapeutiche.

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