Il prof. Gilberto Corbellini (Roma) e il prof. Michele De Luca (Modena) fanno chiarezza sulle modalità con cui operano le agenzie regolatorie, contestualizzando i fatti delle ultime settimane
Il 2020 è stato con ogni probabilità l’anno più brutto che l’umanità ricordi da parecchio tempo. Tanto che la rivista Time la quale, per tradizione, dedica la copertina del numero di dicembre a un personaggio rappresentativo dell’anno appena trascorso, stavolta ha scelto proprio l’intero 2020, schiaffandoci sopra una grossa X rossa e bollandolo come il peggior anno di sempre. Ovviamente la pandemia COVID-19 è la principale causa di questa sensazione che unisce tutti i popoli del mondo, colpiti da questa disgrazia virale. Già durante la prima ondata della scorsa primavera, l’attesa più forte era per un vaccino che potesse contribuire ad arrestare la corsa del virus SARS-CoV-2. Ma oggi, nella percezione di tanti quel tanto desiderato farmaco è divenuto un’arma a doppio taglio da cui guardarsi.
C’è da chiedersi quale sia la ragione di un siffatto cambio di prospettiva da parte dell’opinione pubblica, ora che la corsa ai vaccini sta arrivando alla prima meta. Le motivazioni si possono reperire nei comunicati stampa, circa l’efficacia dei loro prodotti candidati, non accompagnati dalle pubblicazioni scientifiche diramati dalle diverse aziende, o nelle dichiarazioni di alcuni uomini di scienza che dubitano di una trasparente trasmissione dei dati da parte delle aziende produttrici alle agenzie regolatorie. Ma basta davvero questo a scardinare un processo dalle procedure stringenti e ben collaudate che da decenni consente l’introduzione sul mercato dei nuovi farmaci, tra cui anche le terapie avanzate su cui poggia la medicina del futuro? O non si tratta forse di una lacunosa conoscenza delle sue stesse dinamiche da parte di troppe persone intervenute pubblicamente sul tema?
In un articolo pubblicato sul portale SperimentazioniClinche.it, il prof. Gilberto Corbellini - Direttore del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR - e il prof. Michele De Luca - Direttore del Centro per la Medicina Rigenerativa ‘Stefano Ferrari’ dell’Università di Modena e Reggio Emilia - spiegano ai lettori le ragioni che giustificano un così tempestivo arrivo sul mercato del vaccino contro il virus SARS-CoV-2. Ricordando le modalità con cui operano agenzie regolatorie come l’EMA in Europa, l’MHRA nel Regno Unito o l’FDA negli Stati Uniti, incaricate di valutare in maniera indipendente e critica la documentazione relativa ai nuovi farmaci.
Occorre chiarire che tali organi di valutazione non trovano alcuna associazione con le aziende produttrici ma dispongono di personale tecnico competente e aggiornato che ha il compito di esprimere una valutazione - positiva o negativa - su tutti i dati raccolti durante gli studi clinici inerenti un candidato vaccino. E per confermare la rigidità con cui sono note tale agenzie regolatorie sarà sufficiente ricordare un episodio storico che riguarda il protocollo di terapia genica con cui William French Anderson e Michael Blase intendevano trattare il deficit dell’enzima adenosina deaminasi (ADA-SCID). Tale protocollo fu respinto in prima battuta dal Comitato Consultivo per il DNA ricombinante del NIH. Era il 1987 e la scarsa disponibilità di dati non convinse i rappresentanti del Comitato che bocciò la proposta costringendo i ricercatori a rivedere il loro protocollo, risolvendo criticità e aggiungendo informazioni. Oggi, una terapia genica autorizzata per l’ADA-SCID esiste (vedi la tabella delle Terapie Avanzate approvate) , a conferma che l’intuizione dei ricercatori americani era corretta ma quando c’è di mezzo la sicurezza dei pazienti, e dei cittadini, ciò che conta maggiormente sono i dati concreti e analizzabili. Gli enti regolatori sono preposti a vigilare sul lavoro di tanti ricercatori perché i prodotti che giungono sul mercato siano efficaci e, soprattutto, sicuri.