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Gli scienziati hanno usato la tecnologia di editing genomico per bloccare con successo la trasmissione del Coronavirus nelle cellule umane in vitro

Secondo una ricerca australiana pubblicata a luglio su Nature Communcations, CRISPR potrebbe essere utile anche contro la trasmissione del coronavirus SARS-CoV-2. Stando ai test di laboratorio, CRISPR si lega a delle specifiche sequenze di RNA virale, degradando i segmenti necessari alla replicazione del virus all’interno delle cellule umane. Considerata la recente e, purtroppo, veloce comparsa di nuove varianti del coronavirus, è necessario trovare approcci innovativi in grado di superare i problemi che possono rallentare la ricerca: l’editing genomico potrebbe essere un’interessante opzione, anche se è ancora presto per parlare di applicazione clinica.

Pur essendoci diversi vaccini già sul mercato, le opzioni di trattamento dell’infezione COVID-19 sono ancora relativamente scarse e solo parzialmente efficaci. Per questo, dopo circa un anno e mezzo dall’inizio della pandemia - e anche dopo la vaccinazione - resta sempre valido il principio di prevenzione, soprattutto considerando l’emergere delle varianti. 

Il problema delle varianti è un tema ormai noto: la capacità dei virus, e in particolar modo dei coronavirus, di evolversi in risposta alle pressioni esterne (ambiente, ospite, farmaci) è stata ampiamente descritta in questi ultimi mesi, su tutti i media nazionali e internazionali, a seguito della comparsa delle molteplici varianti di SARS-CoV-2, tra cui l’ormai famosa delta. Le varianti sono fonte di preoccupazione per diversi motivi, tra cui il possibile aumento della trasmissibilità e della patogenicità, ma anche l’eventuale riduzione dell’efficacia dei vaccini in commercio con cui si sta procedendo a immunizzare la popolazione nelle varie parti del mondo. A questo si aggiunge il fatto che alcune varianti potrebbero infettare in modo preferenziale gli animali da allevamento che, come si sa, funzionano da perfetti serbatoi per l’incubazione e la creazione di ulteriori mutazioni, che a loro volta potrebbero compromettere lo sforzo globale fatto finora per contenere il virus. In sostanza, c’è bisogno di approcci innovativi – sia per la prevenzione che per il trattamento dell’infezione COVID-19 - per evitare un ulteriore avanzamento della pandemia.

In questo panorama, non troppo incoraggiante, l’editing genomico potrebbe essere uno strumento utile: dopo gli studi sull’aerosol antivirale a base di CRISPR, i test diagnostici basati sulla tecnica di editing genomico, quelli che prevedono anche l’utilizzo dello smartphone e il test rapido STOPCovid, la tecnica da Premio Nobel è riuscita anche a bloccare la replicazione del SARS-CoV-2 nelle cellule umane.

Il gruppo di ricerca - coordinato da Sharon Lewin e Joseph Trapani, entrambi dell’Università di Melbourne in Australia - ha progettato il sistema CRISPR, in questo caso coniugato all’enzima Cas13b e non al più noto Cas9, affinché riconosca il SARS-CoV-2, si attivi e lo faccia letteralmente a pezzi. Sono state prese di mira diverse parti del virus, sia quelle stabili che quelle più facilmente soggette a mutazioni, e tutte sono state tagliate con successo dalla forbice molecolare. La tecnica ha interrotto la replicazione virale anche in campioni contenenti varianti del virus: infatti, Cas13b prende di mira le regioni accessibili dei trascritti della proteina spike e di quelli del nucleocapside – identificabili anche nelle varianti - e, grazie a questo approccio, il virus è stato bloccato in oltre il 98% dei casi.

Il prossimo passo sarà quello di trovare una modalità di somministrazione efficace per poter procedere sugli studi preclinici su modello animale. Un esempio sono le nanoparticelle lipidiche, che potrebbero essere utilizzate sia per il trasporto all’interno del corpo per via sistemica, sia per agire direttamente sulle mucose nasali. A livello teorico si tratta di un approccio che, se si rivelerà efficace in vivo, è facilmente adattabile alle varianti e ad altri patogeni.

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