CAR-T, tumori, cancro

La FDA sta approfondendo alcuni casi sospetti, ma al momento non ci sono conferme e secondo tutti gli esperti i benefici dei trattamenti superano di gran lunga i rischi legati agli eventi avversi

Un trattamento in grado di armare il sistema immunitario e metterlo nelle condizioni di prevalere su tumori del sangue, come la leucemia e il linfoma, sfuggiti al controllo terapeutico. Ecco cosa sono le terapie a base di cellule CAR-T: una potente rivoluzione per la medicina. Ma, come ogni rivoluzione che si rispetti, anche le CAR-T sono accompagnate da qualche rischio. Così, mentre la comunità dei pazienti chiede a gran voce accesso a queste terapie salvavita e quella dei ricercatori lavora per elaborare versioni sempre più efficaci di linfociti T ingegnerizzati, gli organismi regolatori ne indagano la sicurezza e i rischi. Esattamente come sta facendo la Food and Drug Administration (FDA) statunitense per capire se le CAR-T siano o meno correlate a un certa probabilità di sviluppare secondi tumori.

Letta in questi termini la notizia potrebbe far tremare i polsi non solo delle case farmaceutiche produttrici ma anche dei medici e, soprattutto, dei pazienti. Questi ultimi attribuiscono un valore vitale ai trattamenti a base di cellule CAR-T che attualmente sono riservati a quanti sono affetti da leucemie, forme di linfoma e di mieloma in recidiva o resistenti a più linee terapeutiche. Infatti, come emerso dalle testimonianze - raccolte nel terzo volume del progetto Cell Therapy Open Source - di alcuni malati che hanno ricevuto l’infusione di linfociti T ingegnerizzati, le CAR-T hanno concesso una possibilità di sopravvivenza a chi ormai non aveva altro che la rassegnazione, riuscendo proprio dove la chemioterapia aveva fallito. Tuttavia, che le CAR-T potessero comportare alcuni effetti collaterali - soprattutto la sindrome da rilascio delle citochine ed episodi di neurotossicità - era cosa nota e accettata. Si può affermare che rispetto a sei anni fa, quando le prime CAR-T sono state approvate e introdotte sul mercato, sia decisamente migliorata la gestione degli effetti collaterali da parte dei team multidisciplinari incaricati della somministrazione di questi trattamenti nei centri specializzati. D’altronde, è risaputo che man mano che cresce il numero di coloro che ricevono una data terapia, aumenta il livello di conoscenza di quella medesima terapia. Un aspetto valido anche per le CAR-T ma che ha portato una commissione dell’FDA a interrogarsi sull’eventualità che ad esse si associ una maggior probabilità di sviluppo di nuovi tumori.

In una nota apparsa a fine novembre sul sito dell’ente regolatorio statunitense, si legge infatti che la Food and Drug Administration sta indagando a fondo il contenuto di alcune segnalazioni di neoplasie delle cellule T in pazienti precedentemente sottoposti a un trattamento a base di cellule CAR-T dirette verso gli antigeni BCMA o CD19. La nota è, purtroppo, priva di dettagli e non è ben chiaro di che tipo di malattia si stia parlando ma le segnalazioni prese in considerazione - provenienti da studi clinici successivi alla commercializzazione e incentrati sugli eventi avversi delle CAR-T - riguardano pazienti trattati con diversi prodotti farmaceutici appartenenti alla categoria. Infatti, le approvazioni iniziali delle CAR-T erano subordinate al recepimento dei requisiti post-marketing (PMR) ai sensi della Sezione 505(o) del Federal Food, Drug, and Cosmetic Act (FDCA) che prevede di dover condurre studi osservazionali di sicurezza per calcolare il rischio di eventi avversi legati al trattamento: si tratta dunque di trial incentrati sulla sicurezza da condurre su una casistica allargata di persone e che includono anche una valutazione del rischio di insorgenza di tumori maligni secondari, in seguito al trattamento con le CAR-T. Infatti, è ormai ben noto che i pazienti che ricevono le CAR-T dovranno continuare a essere monitorati all’interno di programmi di follow-up della durata di almeno 15 anni. Questo perché l’insorgenza di nuovi, e potenzialmente gravi, eventi avversi può realizzarsi anche sul lungo periodo. Infatti, mentre la sindrome da rilascio delle citochine e gli eventi di neurotossicità tendono a prodursi a breve distanza dall’infusione dei superlinfociti T, la possibile insorgenza di nuove neoplasie richiede mesi o addirittura anni.

Ma davvero le CAR-T possono produrre questo genere di conseguenze? Il rischio potenziale di sviluppare neoplasie secondarie è indicato come avvertenza nelle informazioni di somministrazione di tutti i prodotti di terapia genica basati su vettori integranti (lentivirali o retrovirali), di conseguenza anche di tutte le terapie a base di cellule T autologhe geneticamente modificate per prendere di mira gli antigeni BCMA e CD19. Ciononostante, è opportuno tener presente che la correlazione con il trattamento deve esser dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio e non si tratta di un passaggio rapido o scontato: occorre accertarsi che non concorrano altri fattori e che la malattia non sia correlata, invece, ai pesanti regimi di chemioterapia o allo stato di fragilità dei malati oncologici trattati. Per tale ragione serve estrema cautela, sia nell’analisi delle segnalazioni che nella comunicazione dei risultati delle stesse, onde evitare di generare timori privi di fondamento con i quali alimentare la diffidenza nei confronti di terapie ad oggi considerate salvavita.

Perciò, nella sua decisione la Food and Drug Administration ha deciso di sottoporre ad approfondimento tutti i prodotti in commercio negli Stati Uniti appartenenti alla categoria delle CAR-T (che sono, tra l’altro, anche autorizzati in Europa): si tratta di idecabtagene vicleucel (Abecma), lisocabtagene maraleucel (Breyanzi), ciltacabtagene autoleucel (Carvykti), tisagenlecleucel (Kymriah), brexucabtagene autoleucel (Tecartus) e axicabtagene ciloleucel (Yescarta).

Attualmente, rimane certo - e riconosciuto da tutti gli esperti del settore - che i benefici complessivi delle CAR-T continuano a superare i potenziali rischi connessi alla loro somministrazione ma è essenziale che siano condotte valutazioni approfondite per meglio definire il profilo di sicurezza di questi farmaci. In Europa esiste il Registro dell’EBMT (European Group for Blood and Marrow Transplantation) dove vengono inseriti tutti i malati che ricevono un dato trattamento. Tale procedura non costituisce un’eccezione specifica per le CAR-T ma è valido per tutti i trattamenti - specie per quelli che ricevono un’approvazione condizionata e per le terapie avanzate che richiedono tempistiche di monitoraggio sempre più prolungate - e conferma l’importanza di poter seguire i pazienti per lunghissimi periodi anche dopo che sono stati trattati.

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