Una ridotta percentuale di persone affette da diabete di tipo 1 hanno difficoltà a controllare i livelli di zucchero nel sangue entro i limiti della norma: i ripetuti episodi di ipoglicemia sono pericolosi per la salute e richiedono assistenza medica e, a volte, si arriva all’ospedalizzazione. Proprio per questo motivo, la ricerca di una terapia efficace è al centro dell’interesse della scienza medica, anche in considerazione del fatto che il diabete affligge ben 529 milioni di persone nel mondo (Dati 2021, fonte: The Lancet). La terapia cellulare sperimentale donislecel (nome commerciale Lantidra) ha recentemente dato esiti positivi nei primi pazienti trattati e la Food and Drug Administration (FDA) ha deciso di concedere l’approvazione per il suo utilizzo negli Stati Uniti.
L’universo delle terapie a base di cellule CAR-T è in perenne espansione. E non in una bensì in tutte le direzioni dello spazio: sul piano delle ascisse, con l’aggiunta di sempre nuovi prodotti destinati a varie patologie che ampliano la gamma a disposizione degli oncologi, e su quello delle ordinate con lo spostamento delle CAR-T dalle linee di trattamento più avanzate sino a quelle più vicine al momento della diagnosi. Quest’ultimo caso è quello di lisocabtagene maraleucel (liso-cel, nome commerciale Breyanzi), che la Commissione Europea ha recentemente approvato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma diffuso e linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B, linfoma a cellule B di alto grado e linfoma follicolare di grado 3B. Tutti in recidiva entro 12 mesi dal completamento della chemio-immunoterapia di prima linea o ad essa refrattari.
Non sono rari i casi di terapie geniche precipitate nel baratro del ritiro in seguito alla discussione dei prezzi di rimborso, o in procinto di cadervi per problemi di sostenibilità economica. In ordine di tempo, l’ultimo caso ad aver suscitato accese discussioni - anche se non per problematiche di sostenibilità - è quello di lenadogene nolparvovec, la terapia genica sviluppata da GenSight Biologics per pazienti affetti da neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) portatori della mutazione 11778/ND4. Osservatorio Terapie Avanzate ha analizzato gli aspetti peculiari di questa situazione con l’aiuto del prof. Valerio Carelli e della dott.ssa Chiara La Morgia, presso l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche (ISNB), Ospedale Bellaria - Università degli Studi di Bologna.
L’avvento delle terapie a base di cellule CAR-T ha segnato un cambio di paradigma nel percorso di cura di alcuni linfomi recidivanti o refrattari alle terapie, per i quali - prima delle CAR-T - non c’erano altre soluzioni terapeutiche al di là della chemioterapia di salvataggio. Con tassi di risposta eccezionali per il mondo dell’oncologia, le CAR-T hanno allungato l’elenco dei trattamenti disponibili per queste malattie riservando ai pazienti una nuova opportunità di cura. Tuttavia, un interrogativo ancora aleggia intorno a tali innovative terapie ed è legato alla durata del loro effetto: definitivo o a scadenza? Fornire una risposta non è semplice ma in una review pubblicata sulla rivista Nature Reviews Clinical Oncology sono stati analizzati diversi elementi utili alla discussione.
Sapresti dire, nel momento in cui leggi queste parole, cosa stanno facendo le cellule deputate alla difesa del tuo organismo? Anche se non ce ne accorgiamo, sotto la nostra pelle, il lavoro per mantenerci sani e difenderci da agenti esterni è inarrestabile: questo meccanismo, seppur affascinante, è però sconosciuto ai più. Philipp Dettmer, creator digitale del canale YouTube dedicato alla divulgazione scientifica “Kurzgesagt – In a Nutshell”, si è avvicinato all’immunologia durante l’università grazie a un progetto del suo corso di comunicazione. Affascinato dalla materia fin da allora, come racconta nelle prime pagine del volume, ne è rimasto folgorato quando gli venne diagnosticato un cancro a 32 anni. La curiosità si è trasformata in “Immune – Viaggio nel misterioso sistema che ci tiene in vita”, circa 300 pagine diventate un caso editoriale internazionale.
Per testare in vitro i farmaci contro il cancro, i ricercatori stanno iniziando a usare avatar tridimensionali dei tumori che crescono all’interno dell’organismo. Ma questi “tumoroidi” non riproducono esattamente la diversità tra le popolazioni cellulari che compongono il tumore, spesso all’origine dei fenomeni di resistenza ai farmaci o di comparsa delle metastasi. Grazie a una tecnica non invasiva basata sull’interferometria, un gruppo dello UCLA Jonsson Comprehensive Cancer Center (California, Stati Uniti) è riuscito ad analizzare contemporaneamente la risposta ai farmaci di varie sub-popolazioni cellulari in migliaia di tumoroidi stampati in 3D senza distruggerli, con una serie di misurazioni ripetute nel tempo. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications.
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