Guidati da Sonia Vallabh del Broad Institute e da Jonathan Weissman del Whitehead Institute del MIT (Stati Uniti), un team di scienziati ha messo a punto una tecnologia chiamata CHARM (Coupled Histone tail for Autoinhibition Release of Methyltransferase), che tramite diversi meccanismi è in grado di spegnere l'espressione del DNA. I risultati, pubblicati a fine giugno su Science, puntano di nuovo l’attenzione sull’editing dell’epigenoma (ne abbiamo parlato recentemente qui) e stavolta l’obiettivo sono le malattie da prioni, in cui il ripiegamento errato di alcune proteine porta alla degenerazione dei neuroni e alla loro morte che lascia dei veri e propri buchi nel cervello, una caratteristica della malattia.
L’articolo pubblicato a fine giugno sulle pagine della rivista Nature Medicine non racconta solo di una terapia genica sviluppata in maniera personalizzata, in tempi brevi e dal costo di quasi quattro milioni di dollari, per uno dei circa cento bambini al mondo affetti da una gravissima malattia neurodegenerativa - la paraplegia spastica ereditaria di tipo 50 - ma accende una lampadina sulle opportunità e sulle criticità legate allo sviluppo di trattamenti innovativi destinati alla cura di malattie ultra-rare (di cui avevamo già parlato anche qui). Nell’arco di tre anni, infatti, i ricercatori sono arrivati a disporre di un farmaco sperimentale tagliato su misura sulle caratteristiche cliniche del giovane. Ciononostante, affinché il modello sia replicabile, bisognerà trovare soluzioni a degli interrogativi ancora aperti.
Le terapie definite “pre-mRNA trans-splicing” potrebbero essere una nuova opzione rispetto alle tecniche ormai più conosciuti di terapia genica. Una strategia emergente di modifica dell’RNA, infatti, ha l’obiettivo di riscrivere lunghi tratti di RNA messaggero (mRNA) difettosi - originati dal DNA con la mutazione genetica - andando ad agire sul meccanismo di passaggio dell’informazione da una molecola all’altra. Questo permetterà di non toccare la doppia elica, evitando tutte le complicanze che questo può comportare, e di ottenere l’effetto voluto. Sebbene l’elenco di strumenti dedicati alla terapia genica e all’editing genomico si stia allungando, fare modifiche consistenti è difficile da realizzare: il trans-splicing del pre-mRNA potrebbe essere una soluzione.
La vita non è stata sempre facile per Arthur Hatt: a 9 anni ha scoperto di avere la malattia di Crohn, una patologia infiammatoria cronica dell’intestino. I sintomi sono comparsi quando era ancora un bebè: mal di pancia, diarrea persistente, stanchezza e perdita di peso hanno rubato ad Arthur gli anni più belli dell’infanzia, costringendolo a lunghi periodi a letto e ad assenze da scuola. Oggi Arthur ha 11 anni e grazie ai farmaci sta riprendendo in mano la propria vita. È uno dei 160 bambini adolescenti che hanno preso parte allo studio Translational Research in Intestinal Physiology and Pathology (TRIPP) presso l'Università di Cambridge e che hanno donato parte delle loro cellule per far crescere dei “mini-intestini” in laboratorio e comprendere meglio la malattia di Crohn. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Gut.
a cura di Anna Meldolesi
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