Una ricerca di base, effettuata in Gran Bretagna, ha identificato una popolazione di cellule T che potrebbe offrire una nuova arma contro diversi tipi di tumori, anche solidi
Non si è ancora placato l’entusiasmo per i risultati che le CAR-T stanno riscuotendo per alcune gravi forme di tumori del sangue, che già esperti e non, incominciano a scalpitare anche per la loro possibile applicazione contro i tumori solidi. Due in particolare sono state le notizie al centro dell’attenzione pubblica in questi giorni: la ricerca di base (effettuata su modelli animali) dell’Università di Cardiff, che ha identificato una popolazione di cellule T che potrebbe offrire una nuova arma contro diversi tipi di tumori, anche solidi; la partenza in Italia di un progetto triennale in 13 dei 26 IRCCS di Alleanza Contro il Cancro (ACC), mirato proprio a sviluppare nuove CAR-T contro tumori oggi non coperti dall’industria farmaceutica.
Il progetto ministeriale
Tumori di pancreas, colon retto, mammella e melanoma, oggi non efficacemente curabili in altro modo, saranno il target del progetto ministeriale in partenza entro fine gennaio e definito da Concetta Quintarelli, coordinatrice del Working Group Immunoterapia di ACC e responsabile dell’ Unità di Ricerca Terapia Genica dei Tumori all’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, “assai ambizioso”. Non solo perché i ricercatori sono “confidenti di poter concludere lo sviluppo in due anni e di far entrare in sperimentazione clinica, entro tre anni, almeno un paio di farmaci innovativi”, come ha ricordato la ricercatrice, ma anche perché nel mirino del gruppo di lavoro c’è una revisione dei processi produttivi delle CAR-T, per contenerne i costi e una contrazione dei tempi per l’accesso alle terapie. Il tutto realizzabile con la messa a punto di piattaforme allogeniche, che permetterebbero di produrre più dosi di terapia a partire da un singolo paziente (a differenza delle attuali CAR-T che sono paziente-specifico e richiedono tempi e costi elevati).
Una “chiave universale”
Gli stessi tumori considerati dal piano ministeriale, più quelli di polmone, colon, ossa, prostata, ovaio reni, collo dell’utero e sangue, sono stati oggetto della ricerca a firma di Andrew Sewell e colleghi, che hanno utilizzato per contrastarli, cellule T “equipaggiate” con un nuovo recettore (T cells receptor - TCR). Lo studio, pubblicato lo scorso 20 gennaio su Nature Immunology, descrive un TCR unico in grado di riconoscere una molecola chiamata MR1, presente sulla superficie di una vasta gamma di cellule, tumorali e non. La scoperta straordinaria è la capacità del recettore di attaccare solo le cellule tumorali lasciando intatte quelle sane e di non variare nella popolazione umana. Il che significa che se funzionasse davvero anche negli esseri umani, potrebbe rappresentare una “chiave universale” per trattare diversi tumori senza trattamenti personalizzati.
Nuove cellule T
In particolare il team di Cardiff ha identificato un clone (battezzato MC.7.G5) della sottopopolazione di cellule T chiamate MR1T (MHC class I–related molecule–restricted T cells), in grado di riconoscere antigeni di tipo MR1 di origine tumorale. Le cellule MC.7.G5 sono prive del recettore che permette di riconoscere composti microbici, ma ne posseggono uno selettivo per le cellule tumorali. L’identificazione del clone è avvenuta grazie a uno screening genomico effettuato con la tecnologia CRISPR-cas9. “Siamo i primi a descrivere cellula T capaci di scovare MR1 nelle cellule tumorali” ha riferito alla BBC Garry Dolton della School of Medicine dell'Università di Cardiff, uno dei firmatari del lavoro.
Ci vuole prudenza
“Colpire i tumori con cellule T mirate a MR1 è una nuova frontiera entusiasmante”, ha commento Andrew Sewell, autore principale dello studio ed esperto di cellule T della School of Medicine dell'Università di Cardiff. “Aumenta la prospettiva di un trattamento oncologico ‘unico’ che potrebbe essere in grado di distruggere molti tipi diversi di tumori in tutta la popolazione”.
Ma ci vuole prudenza. Lucia Mori e Gennaro De Libero, dell'Università di Basilea in Svizzera, in un articolo a commento della ricerca, pubblicato sullo stesso numero di Nature Immunology ricordano che sebbene la ricerca abbia un grande potenziale sia ancora in una fase troppo precoce per dire che potrebbe funzionare in tutti i tumori.
Un meccanismo da scoprire
Per testare il potenziale terapeutico di queste cellule in vivo, i ricercatori hanno iniettato cellule T in grado di riconoscere MR1 in topi con diversi tumori umani e con un sistema immunitario umano. In questi modelli le cellule T potenziate hanno colpito i tumori riducendone la massa, ignorando le cellule sane. Al momento sono in corso esperimenti per determinare il preciso meccanismo molecolare con cui il TCR distingue tra cellule tumorali e sane. I ricercatori ritengono sia dovuto ai cambiamenti nel metabolismo cellulare che causano l’espressione di intermedi metabolici sulla superficie delle cellule tumorali da parte di MR1. Intanto il gruppo di Cardiff riferisce di sperare di provare questo nuovo approccio nei pazienti verso la fine di quest'anno dopo ulteriori test di sicurezza.
Nuove CAR-T
L’idea sarebbe poi utilizzare questo recettore per produrre nuove CAR-T, universali e in grado di attaccare anche altri tipi di tumore oltre quelli del sangue. Secondo Oliver Ottmann, professore e capo del dipartimento di ematologia dell'Università di Cardiff, il cui centro eroga la terapia CAR-T, “questo nuovo tipo di terapia con cellule T ha un enorme potenziale per superare le attuali limitazioni della CAR-T”. Ma come ha ricordato Sewell: prima ne andrà testata la sicurezza per garantire che le cellule T modificate con il nuovo TCR riconoscano effettivamente solo le cellule tumorali. “Ci sono molti ostacoli da superare – conclude – tuttavia, se i test avranno esito positivo, mi auguro che questa potenziale nuova terapia possa arrivare ai pazienti tra qualche anno”.
Gutta cavat lapidem
Ancora secondo Mori e De Libero il clone di cellule T MC.7.G5, descritto da Crowther e colleghi “è una goccia d'acqua nell'oceano di cellule T mirate a MR1. Tuttavia, gutta cavat lapidem (la goccia perfora la pietra) e molti altri esempi seguiranno in studi futuri. Siamo molto entusiasti delle funzioni immunologiche di questa nuova popolazione di cellule T del potenziale utilizzo dei loro TCR nella terapia delle cellule tumorali. Ci vorrà del tempo per la sua applicazione, e la sua traslazione sugli esseri umani sarà impegnativa. Tuttavia, potrebbe essere solo una questione di abilità, perseveranza e un po’ di fortuna!”