Franco Locatelli, pioniere della terapia con Car-t cells

Il prof. Franco Locatelli fa chiarezza sul progetto

Non ci sarà nessuna CAR-T di Stato. Almeno per il momento e secondo quanto previsto dal progetto ministeriale CAR-T cell Italia, che come precisa Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e Direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha l’obiettivo di “sostenere la ricerca preclinica per ottimizzare efficacia e sicurezza di impiego delle terapie CAR-T e per renderle più facilmente accessibile a tutti”.

Il finanziamento stanziato dal Governo di 10 milioni di euro in due anni non sarà quindi utilizzato dal network di Alleanza contro il cancro, impegnato nel progetto, per erogare le CAR-T, “se poi si creerà un network di facility per la produzione di CAR-T accademiche, questo è un altro tipo di progettualità in fieri” ha aggiunto ancora Locatelli, in occasione del primo Workshop italiano sulle CAR-T tenutosi a Milano lo scorso 24 giugno, dove insieme a Paolo Corradini, Presidente Società Italiana di Ematologia e direttore della divisione di ematologia della Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori di Milano, ha provato a fare un po’ di chiarezza sulla rivoluzionaria terapia CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell).

Esattamente un anno fa l'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) approvava due terapie con cellule CAR-T (Kymriah, prodotto da Novartis e Yescarta da Gilead) per i pazienti con precise indicazioni che avevano fallito i trattamenti convenzionali. Nel mentre diversi studi clinici sono stati condotti anche in Italia, dove terapie CAR-T sperimentali sono state somministrate nell’ambito di trial scientifici, da centri autorizzati alla produzione e coinvolti nella sperimentazione. Infine qualche mese fa la notizia di un progetto CAR-T cell Italia, con lo stanziamento da parte del Governo di un fondo per sostenere la ricerca di questa terapia cellulare innovativa.  Nel frattempo intanto, si attende che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) concluda la trattativa sul prezzo di rimborso per le terapie CAR-T approvate in Europa e già disponibili in diversi Stati (come, per citarne alcuni, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Austria, Grecia).

La terapia CAR-T

Salta subito all’occhio come la terapia CAR-T non sia un trattamento “classico”, come quelli che a cui siamo stati abituati sinora. Non è un farmaco di sintesi, che si trova preconfezionato in farmacia o in ospedale e pronto all’uso, né può essere prodotto da un’azienda qualsiasi. Si tratta in realtà di una strategia immunoterapica di ultimissima generazione. Una terapia cellulare basata proprio sulle cellule vive del paziente (i globuli bianchi del sistema immunitario, o linfociti T), che vengono prelevate, modificate geneticamente e reinfuse nel soggetto, in modo da potenziarne il sistema immunitario contro il tumore.

“I linfociti T, prelevati dal sangue del paziente mediante una procedura chiamata linfocito-aferesi, vengono modificati in laboratorio, in modo da inserire nel loro DNA una sequenza genica che codifica per la sintesi del CAR, una sorta di antenna che indirizza i linfociti contro le cellule tumorali. Le cellule CAR-T vengono, quindi, fatte moltiplicare, sempre in laboratorio e, infine, infuse nel paziente. La terapia è una tantum: una volta nel circolo sanguigno, i linfociti T sono in grado di riconoscere le cellule malate, eliminandole” spiegano i due clinici. “Le cellule CAR-T possono essere prodotte solo in apposite Officine Farmaceutiche, autorizzate allo scopo. In ambito accademico italiano, per la produzione di un medicinale sul territorio nazionale, è necessaria l’autorizzazione dell’AIFA, rilasciata previa verifica ispettiva diretta ad accertare che il richiedente disponga di personale qualificato e di mezzi tecnico-industriali conformi a quanto richiesto”.

Le indicazioni terapeutiche

Al momento sono molto solidi i risultati che hanno portato all’approvazione delle CAR-T cell in Europa e negli Stati Uniti, come sottolinea Locatelli, per i pazienti fino ai 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta a differenziazione B cellulare (LLA-BCP) in seconda ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o in prima ricaduta post trapianto emopoietico e nei pazienti adulti affetti da linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) e da linfomi primitivi del mediastino (PMBCL) a grandi cellule B refrattari o resistenti a due o più linee di terapia sistemica. Inoltre sono in corso studi – con dati interessanti ma che non hanno ancora portato all’approvazione della terapia per queste patologie – su mieloma multiplo, leucemia linfatiche croniche e tumori solidi, come il carcinoma della prostata.

Gli studi in corso

Al momento nel nostro Paese, sono attivi tre trial accademici, due dei quali condotti all'Ospedale bambino Gesù di Roma basati sull'impiego delle cellule CAR-T nella leucemia linfoblastica acuta a differenziazione B cellulare (LLA-BCP) e nei linfomi a cellule B, così come in un tipo di tumore solido del bambino chiamato neuroblastoma. Un terzo studio fondato su un tipo particolare di cellule CAR, chiamate cellule CAR.CIK, viene condotto all'Ospedale San Gerardo di Monza e all'Ospedale Papà Giovanni XXIII di Bergamo in pazienti ricaduti dopo un trapianto allogenico di cellule emopoietiche. Per quanto riguarda i bambini trattati al Bambino Gesù di Roma, “la terapia ha mostrato una risposta decisamente favorevole nei 15 piccoli pazienti, con percentuali di ottenimento della remissione di malattia superiori all'80% – precisa Locatelli – valore del tutto in linea con i risultati riportati nello studio promosso a livello internazionale da Novartis. Anche i primi dati di risposta iniziale nei bambini con neuroblastoma sono promettenti e inducono largamente a proseguire sulla strada intrapresa”.

I pazienti eleggibili  

In Italia potrebbero essere circa 800 i pazienti adulti e 40 i bambini con un tumore del sangue che i potrebbero beneficiare della terapia CAR-T. E fra tutti i pazienti eleggibili alla terapia, la percentuale di guarigione è pari al 40, se non addirittura 50%. “Nel nostro Paese – spiega Corradini – i pazienti potenziali con linfoma potrebbero essere 300–400 all’anno. Al momento però è solo disponibile l’uso compassionevole di una delle due CAR-T che consente di trattare un paziente al mese presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori”.

Per quanto riguarda i bambini si stima che i pazienti pediatrici eleggibili al trattamento con CAR-T cell siano circa 30-40 per anno per quanto riguarda la LLA-BCP e ulteriori 5-10 con un linfoma. “Non tutti i pazienti, però, possono beneficiare della terapia – afferma Locatelli –  in ragione di uno scarso numero di linfociti T funzionanti, sia per le terapie ricevute sia per la patologia tumorale stessa. Altri ancora arrivano al momento dell’infusione, ma il trattamento non è più realizzabile perché la malattia leucemica o linfomatosa nel frattempo è troppo progredita. Deve essere anche chiarito che alcuni pazienti non rispondono alle CAR-T, oppure, dopo aver risposto, sviluppano cellule resistenti all'effetto delle cellule CAR-T stesse”.

Non priva di rischi

Nonostante i risultati straordinari mostrati finora, va ricordato però che la terapia non è del tutto priva di rischi. Gli effetti collaterali gravi sono principalmente due: la sindrome da rilascio di citochine e la neurotossicità. “La prima è legata all’attività delle CAR-T e può presentarsi in circa il 25% dei pazienti con febbre molto alta, abbassamento della pressione, difficoltà respiratorie e insufficienza renale” ha evidenziato Corradini. “La mortalità di questo trattamento è circa del 5%. Per questo è fondamentale muoversi tempestivamente ai primi segni di sviluppo di questa complicanza, con terapie appropriate (farmaci corticosteroidei o anticorpi che bloccano le citochine coinvolte nella fisiopatologia di questa condizione)”. La neurotossicità, invece, in rarissimi casi occorsi in soggetti adulti, è risultata essere anche fatale. Locatelli a questo proposito spiega come per aumentare la sicurezza delle CAR-T il suo team di ricerca abbia sviluppato una modifica: “L’aggiunta di un gene, chiamato suicida, che si attiva in caso di mancata risposta a terapie farmacologiche della sindrome da rilascio citochinico, piuttosto che della neurotossicità, determinando la pronta eliminazione delle cellule CAR-T”.  

Centri clinici specializzati

Se molto si sta facendo anche in questa direzione, per cercare di ridurre il più possibile la tossicità, è anche vero che i clinici concordano sulla necessità di disporre di centri e personale altamente specializzato, in grado di saper non solo erogare la terapia ma anche gestire eventuali criticità. Per questo Corradini spiega come ci sia bisogno di un “CAR-T cells team”, multidisciplinare, adeguatamente formato, che comprende medici, infermieri anestesisti e così via. E aggiunge come anche in Italia, sull’esempio degli altri Paesi europei, dovrebbero essere pochi all’inizio i centri specializzati scelti per la somministrazione della terapia CAR-T, per poi estendere l’adesione anche ad altri centri, una volta raggiunta un minimo di esperienza dai primi.

La ricerca continua

Infine Locatelli, con riferimento al progetto CAR-T Italia, ha spiegato come il network stia lavorando per creare una progettualità condivisa per sviluppare la ricerca preclinica sulla terapia CAR-T. Il clinico ha parlato di modelli per comprendere in maniera più approfondita il funzionamento e la tossicità della terapia, ma anche di studi su cellule del sistema immunitario diverse dai linfociti T (come le cellule natural killer, NK, già in studio) come possibile alternativa più vantaggiosa, che potrebbe permettere una standardizzazione della terapia. Intanto che la ricerca va avanti, in Italia si aspetta la rimborsabilità delle terapie CAR-T già approvate in Europa, attesa si spera, per fine anno o entro il 2020: “Speriamo che l’autorizzazione dell’AIFA arrivi quanto prima per poter iniziare a trattare alcuni pazienti entro la fine dell’anno”, ha dichiarato Corradini. “Non abbiamo a che fare con un farmaco, ma con una complessa procedura di terapia cellulare che, in caso di fallimento di precedenti terapie, può costituire l’unica opzione salvavita”.

 

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni