I nuovi trattamenti a base dei linfociti “geneticamente potenziati” stanno dando buoni riscontri negli studi clinici per tumori cerebrali pediatrici, per i quali non esiste ancora una cura specifica
Qualunque medico o ricercatore che abbia trascorso parte della sua carriera scientifica all’interno di un reparto di oncologia pediatrica si è trovato dinnanzi alle peggiori situazioni mediche. L’aspetto più frustrante di questa realtà è che in certi casi, come nei gliomi diffusi della linea mediana, non esistono cure specifiche contro il tumore e la sensazione di impotenza rende ancora più difficoltoso svolgere il proprio lavoro. Tutto ciò giustifica a pieno l’enorme investimento in termini di lavoro - ma anche di aspettative - rivolto alle terapie a base di cellule CAR-T. Uno sforzo che, adesso, sembra essere compensato da risultati preliminari promettenti.
IL PAZIENTE CON IL RECORD DI INFUSIONI DI CAR-T
Una notizia pubblicata a luglio sul website della rivista Nature cita il caso di un bambino di appena cinque anni che da 3 anni a questa parte, ogni due settimane, si reca al Seattle Children’s Hospital di Washington a ricevere una dose di linfociti T opportunamente modificati per combattere il cancro al cervello e alla colonna vertebrale che lo ha colpito prima ancora che imparasse a parlare. Secondo quanto riportato dai medici, e dalla giornalista che ha scritto la sua storia, questo fa di lui la persona che ha ricevuto il maggior numero di infusioni – oltre 70! - di CAR-T al mondo. E anche uno dei casi di maggior successo, dal momento che la risposta alla terapia è stata profonda e di lunga durata.
Il dottor Nicholas Vitanza - clinico che segue questo e altri bambini già trattati - ha presentato all’ultimo congresso dell’International Society of Pediatric Neuro-Oncology i risultati preliminari di uno studio di Fase I riguardante un prototipo di CAR-T (B7-H3 CAR-T) destinato a pazienti giovani e adulti affetti da tumori del sistema nervoso recidivanti o refrattari ai trattamenti. Tra questi ci sono anche i gliomi diffusi intrinseci del ponte e della linea mediana.
LO STUDIO DI FASE I IN CORSO NEGLI STATI UNITI
Trattandosi di uno studio di Fase I (per cui è previsto la partecipazione di circa 90 pazienti), i ricercatori stanno valutando soprattutto la sicurezza della terapia sperimentale e stanno cercando la miglior dose da somministrare ai pazienti che, secondo i criteri di inclusione stabiliti, devono avere un’età compresa tra 1 e 26 anni e una diagnosi confermata di tumore del sistema nervoso centrale recidivante o refrattario alle terapie per cui non sia più disponibile alcuna alternativa terapeutica. I partecipanti al trial devono, inoltre, essere in condizioni di salute tali da tollerare la procedura di aferesi - cioè di prelievo delle cellule da manipolare - e poi attendere l’infusione delle CAR-T direttamente nel liquido cerebrale.
Lo studio è suddiviso in tre bracci di sperimentazione, a seconda della localizzazione del tumore, e prevede la somministrazione di linfociti CD4+ o CD8+ modificati per esprimere l’antigene CAR diretto contro il recettore B7-H3, espresso sulla superficie delle cellule tumorali. B7-H3 è una delle proteine transmembrana considerate un robusto bersaglio per la terapia a base di cellule CAR-T: infatti, risulta altamente espresso in alcuni tipi di tumore (fra cui anche il cancro della prostata, della mammella, il carcinoma a cellule renali e quello del polmone non a piccole cellule) ma non nei tessuti sani. I ricercatori hanno notato che l’espressione di questa proteina si associa a un maggior rischio di formazione di metastasi, di progressione della malattia e di insorgenza di resistenza ai trattamenti, peggiorando notevolmente la prognosi dei malati.
ALCUNI OSTACOLI DA SUPERARE
Nonostante i successi ottenuti contro i tumori onco-ematologici, l’uso delle CAR-T contro i tumori solidi non ha sempre ottenuto gli esiti desiderati: l’ampia varietà di mutazioni espresse da questi tumori e la difficoltà delle CAR-T di raggiungere il sito di ingaggio, superando la barriera fisica del microambiente tumorale, si sono rivelati ostacoli di grande spessore. Nei tumori cerebrali queste “barriere” sono ancora più importanti, tuttavia gli studi preclinici hanno confermato il potenziale delle CAR-T contro i gliomi diffusi della linea mediana per i quali sono più che mai necessarie nuove opzioni terapeutiche con cui allungare la sopravvivenza dei malati (che spesso non va oltre un anno dalla diagnosi).
Un aspetto innovativo di questo studio è legato al fatto che nei primi due bracci di studio, per tre settimane i pazienti riceveranno una dose settimanale di CAR-T; poi, dopo un periodo di osservazione, continueranno con un altro ciclo di somministrazione. Quelli nel terzo braccio - che raccoglie i pazienti con glioma diffuso della linea mediana - riceveranno l’infusione ogni due settimane per il medesimo periodo di tempo. Al termine della procedura, gli individui trattati in ogni braccio saranno sottoposti agli esami di valutazione dell’effetto del trattamento e, nel caso non insorgano eventi avversi gravi, potrebbero avere l’opportunità di continuare a ricevere ulteriori cicli di CAR-T. La possibilità di ricevere più dosi della terapia a base di cellule CAR-T suscita molti interrogativi in merito ai sistemi produttivi, ai costi e all’efficacia nel tempo di questa terapia che, prima di tutto, deve mostrarsi sicura.
I PRIMI RISULTATI POSITIVI
A Philadelphia, dove si è svolto il congresso dell’International Society of Pediatric Neuro-Oncology, Vitanza ha presentato i risultati sui primi 21 bambini con glioma diffuso della linea mediana trattati con le CAR-T dirette contro B7-H3, spiegando come sia stata osservata una reazione grave solamente in un caso mentre la sopravvivenza generale è aumentata sensibilmente. L’ipotesi di partenza dei ricercatori è che le cellule CAR-T siano in grado di raggiungere ed entrare in contatto con il tumore, interagendo in maniera sicura ed efficace.
Mosso da questo successo, il team di Vitanza sta lavorando alla messa a punto di nuove CAR-T dirette contro altre molecole espresse dai tumori cerebrali e spinali, con l’obiettivo di allungare ancora di più l’elenco di potenziali bersagli. Tra questi, infatti, figurano le CAR-T dirette contro la molecola GD2 al centro di una ricerca di cui fa parte anche l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e di un altro studio che coinvolge l’Università di Stanford in California (Stati Uniti) dove nove persone affette da glioma diffuso della linea mediana hanno ricevuto il trattamento: in quattro di loro i tumori si sono ridotti di oltre la metà.
LE PROSPETTIVE FUTURE… CON PRUDENZA
Mentre la fase clinica di valutazione restituisce dati che infondono speranza, la ricerca in laboratorio ambisce a migliorare ulteriormente le CAR-T, perfezionandole come se fossero auto da corsa alla ricerca di aggiornamenti sostanziali con cui mantenere la competitività. In tal senso un gruppo di scienziati sta testando su pazienti con glioblastoma delle CAR-T che si attivano esprimendo il recettore solo in presenza delle cellule malate nel sistema nervoso centrale, con lo scopo di svolgere la loro azione in maniera mirata e ridurre l’eventualità di reazioni avverse potenzialmente pericolose.
Mai come oggi l’aspettativa per questi trattamenti ha raggiunto livelli tanto elevati ma occorre sempre agire con prudenza: negli ultimi mesi sono emerse alcune preoccupazioni in merito alla sicurezza delle CAR-T che hanno fatto discutere la comunità scientifica, invitando a un monitoraggio attento e scrupoloso degli effetti collaterali. Siamo solo all’inizio di un cammino tutto in salita e non bisogna cedere alla tentazione di pensare di essere già arrivati.