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Il Comitato Etico per la Ricerca Umana australiano ha concesso l’autorizzazione per l’avvio di uno studio clinico di Fase I con una CAR-T in vivo per il trattamento delle neoplasie a cellule B 

Mentre in Europa e in Italia medici e ricercatori sono occupati nella messa a punto di terapie a base di cellule CAR-T contro le malattie autoimmuni e i tumori solidi, dall’altra parte del mondo - e precisamente in Australia - sta per prendere il via uno studio clinico che potrebbe imprimere una direzione ancora nuova allo sviluppo di queste terapie avanzate. Entro l’inverno è, infatti, previsto l’inizio di una sperimentazione basata sulla prima CAR-T in vivo destinata al trattamento delle neoplasie maligne a cellule B. Gli occhi di tutti sono dunque puntati su Interius BioTherapeutics, azienda biotech che sta promuovendo il trial, perché se i confortanti risultati ottenuti nella fase pre-clinica dovessero essere confermati su una casistica di persone, si aprirebbe un capitolo inedito che molti ambiscono a scrivere.

Procediamo con ordine. Quest’estate, Interius BioTherapeutics - azienda da lungo tempo specializzatasi nello sviluppo di una propria piattaforma CAR-T per il trattamento di malattie come il linfoma diffuso a cellule B (DLBCL) - aveva annunciato di aver ricevuto il benestare alla conduzione di uno studio clinico di Fase I progettato per testare la sua terapia CAR-T sperimentale in vivo (denominata INT2104), la prima della sua categoria destinata proprio ai tumori maligni a cellule B.

PERCHÉ UN TALE INTERESSE PER LE CAR-T IN VIVO?

La risposta è legata tanto a fattori scientifici e clinici quanto a quelli produttivi ed economici. In primo luogo, i pazienti che ricevono le CAR-T devono essere precedentemente sottoposti a un regime di chemioterapia linfodepletiva per abbattere più cellule tumorali possibili e favorire così l’espansione dei nuovi linfociti T. Si tratta di un passaggio duro da affrontare per molti pazienti già versanti in gravi condizioni di salute. In secondo luogo, i costi di gestione delle CAR-T rimangono ancora piuttosto elevati: attualmente le CAR-T sul mercato rientrano tutte nella categoria ex vivo: prevedono un prelievo delle cellule del paziente che devono essere manipolate presso speciali officine di produzione ad elevata sofisticazione; una volta che i linfociti sono stati modificati per esprimere il recettore CAR essi vengono rispediti al centro clinico dove è ricoverato il paziente da cui sono stati prelevati e a cui saranno reinfusi per combattere le cellule cancerose. Tutto ciò comporta grossi costi di mantenimento degli stabilimenti e la messa in opera di una filiera produttiva ad altissima specializzazione, con ricadute evidenti sul percorso di accesso alle terapie da parte dei pazienti. Le sfide di questo processo produttivo e terapeutico sono illustrate nel eBook dal titolo “Le terapie CAR-T: dal laboratorio al paziente”.

Tra le possibili soluzioni a cui i ricercatori stanno guardando ci sono le CAR-T allogeniche, cioè prodotte a partire da donatore, più facili da conservare e utilizzare. Un’altra possibilità su cui alcune start-up hanno deciso di scommettere è data invece dalle CAR-T in vivo, vale a dire quelle che, pur agendo sullo stesso principio delle attuali versioni in commercio, non necessitano della fase di prelievo delle cellule e della loro ingegnerizzazione presso strutture distanti, spesso in altri Paesi, rispetto al luogo di ricovero dei malati. Le CAR-T in vivo, come nel caso di INT2104, vengono modificate geneticamente direttamente all’interno del corpo del paziente con un’unica somministrazione per via endovenosa e senza bisogno di un precedente trattamento chemioterapico. Risultato finale? Al pari dell’efficacia clinica cresce la sicurezza e si riducono le spese per la fase di produzione e i tempi di attesa della terapia.

Alla fine dello scorso anno, nel corso del convegno annuale dell’American Society of Hematology di San Diego si era discusso dell’elettrizzante possibilità di infettare le cellule del paziente con un virus modificato per trasportare i geni necessari a codificare le informazioni di guida per i linfociti T contro le cellule tumorali. E tra le sperimentazioni proposte c’era proprio quella di Interius.

LA SPERIMENTAZIONE CLINICA AUSTRALIANA 

Il semaforo verde all’avvio del trial di fase I su INT2104 è giunto dal Comitato Etico per la Ricerca Umana (HREC) australiano. Secondo alcune fonti, la Food & Drug Administration (FDA) aveva posto una soglia di sicurezza troppo stringente per la conduzione del trial negli Stati Uniti, richiedendo l’interruzione del trial anche nel caso della comparsa di eventi avversi di grado 3 che, in casi come questo, possono non essere infrequenti.

Nel dettaglio, lo studio di fase I INVISE (INjectable Vectors for In Situ Engineering) è progettato per valutare la sicurezza di una singola infusione di INT2104 in pazienti adulti con tumori maligni a cellule B recidivanti o refrattari al trattamento. È la prima sperimentazione clinica di un prodotto di questo genere sull’uomo e avrà una durata prevista di 5 anni. È prevista la partecipazione di 30 pazienti che riceveranno l’infusione endovenosa di INT2104, la terapia che prende a bersaglio le cellule T e NK CD7-positive generando i composti CAR-T e CAR-NK in vivo i quali, a loro volta, si rivolgono contro le cellule B CD20-positive espresse dalle neoplasie a cellule B.

INVISE è uno studio non randomizzato, condotto in aperto presso due centri clinici australiani e diviso in due parti: la prima, detta di “dose escalation”, servirà a stabilire il dosaggio di trattamento da iniettare che poi sarà confermato nella seconda parte (Parte B). In questa fase i ricercatori si soffermeranno sulla sicurezza e la tollerabilità della terapia cercando di esaminare ogni aspetto della sua interazione con l’organismo umano in modo da procedere poi al successivo studio di fase II. Tutti i pazienti trattati con INT2104 saranno accuratamente monitorati e seguiti nel tempo attraverso visite mediche regolari, così da appurare l’eventuale insorgenza di eventi avversi e valutare la permanenza e l’efficacia delle CAR-T nell’organismo.

CHE COSA DICONO FINORA I DATI PRECLINICI?

Secondo quanto condiviso dagli scienziati americani nel corso del Meeting di Cellicon Valley 2023, svoltosi a fine giugno a Philadelphia, i test preclinici condotti in vitro hanno posto in evidenza il potenziale di INT2104 che, in incubazione con cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC), è stato in grado di trasdurre i linfociti T CD4 e CD8 e le cellule NK e favorire così l’annientamento delle cellule tumorali. Sulla base di questi primi edificanti risultati si è passati alla valutazione della terapia in modelli murini di tumore in cui si è potuta osservare la completa eliminazione delle cellule B dovuta alla somministrazione del farmaco. E anche per gli studi condotti sui primati, gli scienziati hanno registrato una decisa riduzione delle cellule B circolanti associata a una buona persistenza del transgene CAR nelle cellule del sangue periferico e del midollo osseo. Non sono stati osservati effetti collaterali significativi - né sindrome da rilascio delle citochine, né neurotossicità - a conferma della sicurezza del prodotto.

“Ricevere l’approvazione HREC e l’autorizzazione alla conduzione del nostro primo studio clinico è un traguardo importante per Interius”, afferma nella nota stampa Phil Johnson, Presidente e Amministratore delegato dell’azienda di biotecnologie con sede a Philadelphia. “L’approvazione da parte delle autorità regolatorie ci consente di cominciare ad arruolare i pazienti nello studio clinico e riconosce il potenziale di INT2104, il nostro nuovo candidato alla terapia genica mirata in vivo, di rispondere a un’esigenza medica insoddisfatta per i pazienti affetti da neoplasie delle cellule B”. Johnson esprime, inoltre, l’augurio di continuare a lavorare a stretto contatto con la Therapeutic Goods Administration (TGA) australiana che ha approvato lo studio INVISE il cui avvio è previsto per la conclusione dell’anno in corso (ulteriori tappe del percorso stabilito saranno rese note dall’azienda nei primi mesi del 2025). In futuro, Interius auspica di estendere la collaborazione  anche con le autorità regolatorie di altri Paesi per accelerare il percorso di sviluppo clinico della prima di un già lungo elenco di terapie probabilmente destinate a rivoluzionare il settore delle CAR-T.

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