Tra le diverse terapie avanzate e di precisione, la terapia genica è una delle prime ad essere state ideate e ha l’obiettivo di trattare una patologia mirando direttamente alle sue basi genetiche. Il concetto base di questa strategia terapeutica è di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia.
Esistono due principali modalità di somministrazione per la terapia genica:
Per veicolare il “gene terapeutico” all’interno delle cellule o dell’organismo si utilizzano generalmente dei vettori virali: ad oggi i più utilizzati sono i vettori virali adeno-associati (AAV).
Il potenziale della terapia genica è di enorme portata poiché potrebbe rappresentare una cura per tutta una serie di gravissime malattie per cui oggi non esistono valide opzioni terapeutiche o che richiedono terapie croniche. Ad oggi la ricerca nell’ambito della terapia genica spazia dalle malattie genetiche, in particolar modo quelle rare, al cancro, passando per le malattie autoimmuni e le malattie infettive.
Il concetto di terapia genica nasce alla fine degli anni ‘80 con le nuove tecniche del DNA ricombinante che permettono di costruire pezzi di DNA contenenti sequenze geniche desiderate. Ma è solo negli ultimi anni, con il sequenziamento del genoma e l’avanzare delle biotecnologie, che si sono cominciati a vedere i primi importanti risultati nelle sperimentazioni sull’uomo e le prime terapie geniche autorizzate dall’European Medicines Agency (EMA) in Europa e della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. In questo ambito l’Italia ha una posizione di eccellenza a livello internazionale: sono diverse le terapie avanzate frutto di ricerche all'avanguardia "made in Italy".
Indagare la biologia di un tumore aggressivo e sfuggente come il glioblastoma multiforme significa descriverne il profilo genetico, guardando ai meccanismi che ne favoriscono la crescita e la diffusione nello stesso modo in cui un ingegnere studia i circuiti di un complicato impianto elettrico. Così, una volta individuati gli snodi principali si possono fare degli aggiustamenti o riparare un danno. È quanto si sono proposti i ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano (CNR-In), guidati dal dott. Vania Broccoli e dal dott. Alessandro Sessa, che hanno sviluppato un approccio in grado di silenziare particolari fattori pro-tumorali sfruttando le potenzialità della terapia genica.
Ieri, 18 settembre, si è celebrata la giornata nazionale della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), promossa da AISLA Onlus. Parlare di nuove opzioni di cura per la SLA è, purtroppo, ancora prematuro perché sono ancora diverse le lacune mediche e scientifiche relative a questa grave patologia neurodegenerativa, e riguardano sia l’aspetto diagnostico che terapeutico. Non sono ancora ben chiari i meccanismi biologici che portano allo sviluppo della SLA e nemmeno si conosce l’elenco completo dei geni che la innescano. In queste condizioni immaginare un trattamento efficace equivale a una sfida che, tuttavia, un gruppo di ricercatori della San Diego School of Medicine presso l’Università della California ha accolto, contando sulle potenzialità offerte dalla terapia genica.
Durante la puntata di Superquark andata in onda in prima serata sabato 13 agosto si è parlato anche di terapia genica. La divulgatrice scientifica Barbara Bernardini, infatti, ha portato sul piccolo schermo la storia di Gaia Groppi, ragazza affetta dalla sindrome di Crigler-Najjar (CN) che si è sottoposta a una terapia genica sperimentale per questa patologia. Il servizio racconta l’esperienza di successo italiana all’interno dello studio clinico internazionale CareCN (di cui avevamo parlato qui), focalizzato su un approccio di terapia genica per portare una copia sana del gene UGT1A1, difettoso nei pazienti CN, alle cellule del fegato. In chiusura, Osservatorio Terapie Avanzate è stato citato come punto di riferimento per le informazioni relative alle terapie avanzate per le malattie rare.
Negli ultimi anni la terapia genica ha fatto passi da gigante, sia dal punto di vista della ricerca che per il via libera da parte degli enti regolatori. Basti pensare che dal 2012 al 2016 sono state approvate 3 terapie geniche, mentre dal 2018 ad oggi le approvazioni sono state ben 12, con un focus particolare per alcune forme di tumori e per delle rare patologie genetiche. Attualmente sono 12 le terapie geniche autorizzate in Europa e in commercio, di cui 7 disponibili anche in Italia. I risultati clinici si susseguono, la ricerca freme e le sperimentazioni cliniche aumentano, ma le risposte immunitarie alle terapie, con i loro effetti collaterali, anche gravi, potrebbero fungere da freno a questo processo. Questa preoccupazione è stata un argomento al centro del meeting annuale dell’American Society of Gene and Cell Therapy (ASGCT), come raccontato in un recente articolo pubblicato su Nature.
Usando una frase cara all’editoria cartacea si potrebbe dire che sono ancora “freschi di inchiostro” i risultati che dimostrano l’efficacia di una piattaforma di terapia genica che permette di veicolare in maniera mirata, selettiva e regolabile il rilascio di molecole immunostimolanti nel glioblastoma multiforme (GBM), il tumore cerebrale più comune e aggressivo negli adulti. Pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Science Translational Medicine da un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano - grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro - i dati sollevano un grande interesse aprendo a future prospettive terapeutiche.
“Ho incontrato per la prima volta alcuni pazienti affetti da retinite pigmentosa nel corso del quinto anno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma e oggi sono felice di ritrovare quelle stesse persone tra i candidati alla sperimentazione clinica di una terapia genica per la loro patologia”. Sono le parole della dott.ssa Lucia Ziccardi, dell’Ambulatorio di Neuroftalmologia e Malattie Genetiche e Rare presso l’IRCCS Fondazione G.B. Bietti di Roma, dove è in procinto di partire uno studio clinico incentrato su una nuova terapia genica per il trattamento sperimentale della retinite pigmentosa legata al cromosoma X. Se tutto procederà nel verso giusto questa potrebbe diventare una nuova potenziale terapia avanzata per una distrofia della retina ereditaria monogenica.
Website by Digitest.net