Tra le diverse terapie avanzate e di precisione, la terapia genica è una delle prime ad essere state ideate e ha l’obiettivo di trattare una patologia mirando direttamente alle sue basi genetiche. Il concetto base di questa strategia terapeutica è di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia.
Esistono due principali modalità di somministrazione per la terapia genica:
Per veicolare il “gene terapeutico” all’interno delle cellule o dell’organismo si utilizzano generalmente dei vettori virali: ad oggi i più utilizzati sono i vettori virali adeno-associati (AAV).
Il potenziale della terapia genica è di enorme portata poiché potrebbe rappresentare una cura per tutta una serie di gravissime malattie per cui oggi non esistono valide opzioni terapeutiche o che richiedono terapie croniche. Ad oggi la ricerca nell’ambito della terapia genica spazia dalle malattie genetiche, in particolar modo quelle rare, al cancro, passando per le malattie autoimmuni e le malattie infettive.
Il concetto di terapia genica nasce alla fine degli anni ‘80 con le nuove tecniche del DNA ricombinante che permettono di costruire pezzi di DNA contenenti sequenze geniche desiderate. Ma è solo negli ultimi anni, con il sequenziamento del genoma e l’avanzare delle biotecnologie, che si sono cominciati a vedere i primi importanti risultati nelle sperimentazioni sull’uomo e le prime terapie geniche autorizzate dall’European Medicines Agency (EMA) in Europa e della Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. In questo ambito l’Italia ha una posizione di eccellenza a livello internazionale: sono diverse le terapie avanzate frutto di ricerche all'avanguardia "made in Italy".
Non esistono prove a supporto che betibeglogene autotemcel (beti-cel) - più noto con il nome di Zynteglo - possa causare l’insorgenza di leucemia mieloide acuta. Con questa notizia, la terapia genica sviluppata da bluebird bio per il trattamento dei pazienti affetti da beta-talassemia trasfusione dipendente (TDT) viene definitivamente scagionata dalle accuse e può tornare ad essere disponibile per i pazienti. Cinque mesi fa, infatti, l’azienda aveva volontariamente sospeso la commercializzazione del farmaco - approvato dalla Commissione Europea nel 2019 - per sottoporlo ad approfondimenti in seguito a una reazione avversa grave emersa in due studi clinici sull’anemia falciforme nei quali era impiegato lo stesso tipo di vettore virale usato per betibeglogene autotemcel.
L’idea che a quarant’anni si possa tornare a vedere dopo una vita di buio ha un certo che di miracoloso, come suggerisce anche il racconto “Vedere e non vedere” pubblicato da Oliver Sacks in uno dei suoi più celebri volumi, un Antropologo su Marte. Oggi, però grazie alla terapia genica questa possibilità esce dal campo dei miracoli e si fa scienza dal momento che all’IRCCS Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma è stata trattata una paziente di poco più di 40 anni affetta da amaurosi congenita di Leber, una forma rara di malattia ereditaria della retina che colpisce i bastoncelli ed è causa di cecità in molti bambini.
Durante la terza puntata del Social Talk “The Rare Side” realizzato da Osservatorio Malattie Rare, Gaia ha raccontato che da piccola i compagni di scuola la prendevano in giro chiamandola con i nomignoli di Spongebob o Minions a causa della colorazione itterica della sua pelle dovuta all’eccesso di bilirubina tipico della sindrome di Crigler-Najjar. Oggi, a molti anni di distanza, le foto delle sclere bianche dei suoi occhi indicano che la terapia genica sperimentale, che le è stata somministrata nell’ambito di uno studio clinico in corso, ha funzionato nel ridurre i livelli di bilirubina responsabili del colore giallognolo che ha accompagnato Gaia per tutta la vita.
Ad inizio giugno, nell’ambito di uno studio clinico di fase I negli Stati Uniti, è stata somministrata la prima dose di neuroni dopaminergici derivati da cellule staminali pluripotenti a un paziente con malattia di Parkinson in stadio avanzato. Si tratta di una terapia cellulare sperimentale sviluppata da BlueRock Therapeutics, azienda biofarmaceutica di Bayer.
Il Programma di Supporto al Paziente (PSP) OneGene nasce per accompagnare il percorso di cura e le successive fasi di follow-up dopo il trattamento con la terapia genica onasemnogene abeparvovec (nota con il nome commerciale Zolgensma). Si tratta di un servizio a disposizione dei pazienti con atrofia muscolare spinale (SMA) per poter seguire costantemente gli sviluppi del loro stato di salute e monitorare il percorso di crescita. E a pochi giorni dal lancio di questo programma, sono stati annunciati i nuovi dati degli studi clinici di Fase III SPR1NT e STR1VE-EU con onasemnogene abeparvovec condotti rispettivamente su bambini pre-sintomatici e sintomatici con SMA. I dati dimostrano un beneficio terapeutico significativo, anche tra i pazienti con malattia più grave, e un profilo di sicurezza coerente.
Il 18 giugno di 40 anni fa, negli Stati Uniti, nasceva Jesse Gelsinger. A due anni gli venne diagnosticato il deficit di ornitina transcarbamilasi, un difetto genetico che colpisce principalmente il fegato e causa l'incapacità di metabolizzare l'ammoniaca - un sottoprodotto della degradazione delle proteine. La malattia è solitamente fatale alla nascita, ma Gelsinger aveva una forma più lieve della malattia: infatti, è riuscito a sopravvivere grazie a una dieta ristretta e alla terapia farmacologica. Purtroppo, il suo nome è noto per essere il primo caso di decesso in una sperimentazione clinica con la terapia genica. Decenni dopo quel tragico fallimento, un nuovo trial clinico sulla terapia genica per quella rara malattia del fegato sta dando dei buoni risultati, seppur preliminari.
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