Sono diverse le strategie terapeutiche messe in atto per contrastare la degenerazione muscolare caratteristica di questa grave malattia rara. Tra queste anche terapia genica ed “exon skipping”
Diversi gruppi di ricerca nel mondo stanno lavorando per trovare una soluzione terapeutica in grado di arrestare la progressiva e inesorabile degenerazione muscolare che colpisce le persone affette da distrofia muscolare di Duchenne (DMD), una patologia neuromuscolare ereditaria e rara. È la forma più grave e comune di distrofia muscolare, colpisce circa 1 su 5mila maschi nati vivi, ed è causata da mutazioni a carico del gene che codifica la distrofina, una proteina fondamentale per il corretto funzionamento dei muscoli del nostro corpo, compresi quelli cardiaci e respiratori. I centri clinici attivi su questo fronte sono molteplici e anche l’Italia ha le sue eccellenze: tra queste c’è il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma con il Centro Clinico NeMO, attivo già dal 2015.
Attualmente solo un farmaco ha ricevuto l’autorizzazione al commercio in Europa e la rimborsabilità da parte del Servizio Nazionale in Italia nel 2021: si tratta di ataluren, una terapia mirata per i pazienti Duchenne che hanno una mutazione nonsenso, che sono ancora deambulanti e di età uguale o superiore ai 2 anni. Le mutazioni nonsenso a carico del gene della distrofina portano alla generazione di una proteina non funzionale. Ataluren consente all'apparato cellulare di produzione delle proteine di superare il difetto, permettendo così alle cellule muscolari di produrre una distrofina funzionale.
Ci sono però diversi approcci terapeutici in studio: quelli nelle fasi più avanzate delle sperimentazioni cliniche sono le strategie per ridurre la fibrosi, quelle per diminuire l’infiammazione e quelle per rinforzare il muscolo. In quest’ultimo caso, l’obiettivo è aumentare la massa, ridurre la fragilità muscolare e migliorare il metabolismo delle cellule. Vi sono poi quelle strategie che hanno l’obiettivo di far produrre all’organismo una forma funzionale della distrofina, tra queste la terapia genica e l’”exon skipping” (che si tradurrebbe in italiano come “il salto dell’esone”).
La terapia genica rappresenta l’approccio più innovativo e su cui la comunità scientifica punta molto. L’obiettivo è veicolare, mediante un vettore virale, una forma ridotta del gene della distrofina (micro o minidistrofina) per permettere di ripristinare la produzione della proteina corrispondente funzionale. Si tratta di una terapia genica in vivo e “one shot”, ovvero con una singola somministrazione. Il primo trial clinico di terapia genica per la Duchenne è stato avviato nel nostro Paese a fine 2021, ma è una strategia terapeutica in studio clinico già da diversi anni negli Stati Uniti.
Lo skipping dell’esone, invece, è una terapia che agisce sull'RNA basata sull’utilizzo degli oligonucleotidi antisenso (ASO). Anche in questo caso l’obiettivo è far sì che le cellule muscolari producano una distrofina di dimensioni ridotte rispetto alla forma “originale” ma funzionale. Sono molteplici i trial clinici che riguardano questa strategia, i primi avviati ormai oltre 10 anni fa, perché ciascun ASO è disegnato per mutazioni specifiche che causano la malattia e agisce su segmenti diversi del RNA.
Leggi l’articolo completo sugli studi clinici per la DMD - con l’intervista alla prof.ssa Marika Pane, Direttore dell’U.O.S. Dipartimento Centro Clinico Nemo Pediatrico - sul sito di Sperimentazioni Cliniche.