Coltura cellulare

Le modalità di produzione sono un elemento chiave per implementarne l'utilizzo e superare i problemi di costo e disponibilità. Accademie ed aziende stanno esplorando nuove soluzioni 

Per quale motivo le terapie a base di cellule CAR-T - incluse tra le terapie avanzate (ATMP) a più alto potenziale di crescita - sono percepite come un pianeta così difficile da raggiungere, seppure ben visibile dalla nostra prospettiva? Solo nell’ultimo decennio le CAR-T hanno tirato la volata alle ATMP, giungendo sul mercato con prodotti destinati a trattare linfomi e leucemie che non davano speranza ai malati. Cosa impedisce di considerarle un bene sostenibile e facilmente disponibile? La risposta è nei meandri dei processi produttivi e nella cascata di conseguenze che essi riversano sul risultato finale. Ecco perché molte aziende, e non solo, stanno esplorando soluzioni che spaziano dall’automazione allo sviluppo di prodotti “off-the-shelf”.

LE PROBLEMATICHE CHE RENDONO DIFFICILE LA PRODUZIONE

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Nature sono state espresse alcune considerazioni in merito alla “gara” alle CAR-T, scattata con i primi prodotti approvati - nel 2017 dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’anno successivo dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) - contro malattie onco-ematologiche più volte resistenti alla chemioterapia. Il successo è stato esplosivo ma non privo di lati oscuri, collegati soprattutto alla sicurezza e all’estrema personalizzazione della terapia.

Infatti, la necessità di prelevare le cellule del malato, spedirle presso le officine produttive dove esse possono essere ingegnerizzate e, alla fine, rispedirle indietro per l’infusione richiede settimane di tempo e una capillare strategia organizzativa. Mediamente tutti questi passaggi occupano una quindicina di giorni e presentano alcuni punti deboli: la distanza tra gli ospedali dove sono ricoverati i pazienti e i siti di ingegnerizzazione, le criticità del processo produttivo e le condizioni dei pazienti che, in alcuni casi, non riescono a tollerare l’impatto di queste terapie. Infine, trattandosi di una terapia per il singolo paziente, subentra il fattore “costo” che rende le CAR-T, e più in generale le terapie avanzate, difficilmente inquadrabili nelle logiche dei sistemi sanitari nazionali.

TUMORI SOLIDI: UN CANTIERE APERTO

La sfida che attende i produttori è quella della manifattura, andando a caccia delle soluzioni per rendere le CAR-T meno “personalizzate” e più idonee a una produzione su larga scala. E qui subentra la prima difficoltà oggettiva perché, sebbene questi trattamenti abbiano rivoluzionato la gestione di linfomi e leucemie in fase avanzata, altrettanto non si può dire per i tumori solidi - fra cui quelli del polmone o del pancreas - che rimangono uno scoglio difficile da superare.

Risultati promettenti stanno giungendo dallo studio dei gliomi, tumori del cervello e del midollo spinale per cui sono allo studio CAR-T capaci di interagire con altri farmaci che ne sostengano l’effetto. E non mancano i gruppi di ricerca che puntano ad utilizzare gli strumenti dell’editing genomico - come CRISPR - per riconoscere le proteine mutate presenti nel tumore (non solo sulla superficie delle cellule) di ciascun paziente.

FUNZIONERÀ O IL TUMORE SI RIPRESENTERÀ?

Mentre alcuni gruppi guardano ai percorsi che possono rendere più precise ed efficaci le CAR-T, altri lavorano alla definizione di strumenti per monitorarne l’attività e capire così se stiano funzionando come si deve. Può, infatti, accadere che le cellule T modificate vadano incontro a “esaurimento”: è come in una battaglia tra due eserciti contrapposti, se una delle due compagine inizia a stancarsi l’altra acquisisce un vantaggio (nel caso specifico le cellule tumorali diventano resistenti al trattamento). 

Tra coloro che si stanno adoperando per studiare la resistenza alle terapie CAR-T c’è Carl June - uno dei pionieri di questa tecnica - che in un articolo sulla rivista Science Advances ha riportato come le CAR-T meno capaci di attivare un dato tipo di linfocita T helper siano associate a una maggior probabilità che si verifichi il fenomeno della resistenza al trattamento. Il controllo dell’espressione delle CAR-T ricade persino nell’ambito della biologia sintetica, dal momento che si stanno cercando delle proteine o dei geni che possano “regolare” l’espressione delle CAR-T dirigendole in maniera specifica e sicura contro i tumori. Ma si tratta di soluzioni che ancora necessitano di forti investimenti in termini di tempo di studio e denaro prima di poter essere testate su larga scala. 

LA SCOMESSA DELL’AUTOMAZIONE

Come ha ben insegnato la pandemia da COVID-19, certe situazioni ostili possono trasformarsi in opportunità: la diffusione di dispositivi ad alta automazione per l’esecuzione di esami di biologia molecolare in tempi brevi e con un minimo impegno da parte del personale di laboratorio ha aumentato la penetrazione analitica del problema dando ai medici un corposo aiuto nella gestione della pandemia. Ugualmente, sono in fase di sviluppo e validazione tecnologie in grado di ottimizzare l’efficienza e la produzione delle terapie basate sulla manipolazione delle cellule. L’obiettivo è dotare anche gli ospedali periferici di dispostivi per compiere in modo automatizzato ed integrato i passaggi necessari ad ottenere queste terapie. Tutto ciò al fine di restringere la parentesi temporale necessaria a produrre le CAR-T (o altri trattamenti cellulari).

Inoltre, alcune aziende hanno preso una direzione che coniuga la produzione e la messa a punto di sistemi di verifica della qualità dei prodotti, altre scommettono sul futuro dei “sistemi chiusi” dotati di tutte le funzionalità necessarie a produrre le CAR-T, azzerando la variabilità tecnica e il rischio di errore umano poiché ai tecnici rimarrebbe in carico la supervisione (e non più l’esecuzione) del processo.

RETI DI OSPEDALI 

Indubbiamente un tale spinta tecnologica - volta ad ottenere risultati robusti e riproducibili - raggiunge la massima efficacia se trova un basamento di appoggio solido: in questo caso una rete di centri ben collegati tra di loro, fondamentale per garantire equo accesso ai pazienti. Nodi centrali della rete sono i centri di riferimento dotati delle infrastrutture e soprattutto delle competenze necessarie a somministrare le CAR-T.

Come descritto nel secondo volume del progetto CTOS dedicato alle CAR-T, sul piano logistico la procedura si colloca a metà strada tra un trapianto di cellule staminali autologhe e un trapianto allogenico: i centri che già hanno esperienza nella fornitura di tali prestazioni sono quelli che più facilmente si potranno adattare alla complessità necessaria per somministrare anche le CAR-T. In aggiunta a ciò gli stretti protocolli a cui i centri candidati devono aderire riflettono la rigidità di un processo di revisione che può richiedere tempistiche di lunga durata ma che è indispensabile per garantire la qualità dell’intero processo.

TERAPIE ALLOGENICHE E “OFF THE SHELF”

Elemento finale nella sfida della produzione è dato dalle terapie cellulari allogeniche, prodotte (in maniera più rapida e meno costosa) da donatore. Non si tratta più di trattamenti derivati da un singolo paziente, e ad esso destinati, ma di terapie conservabili e utilizzate al bisogno. Prodotti di questo tipo potrebbero abbassare i costi e i tempi necessari all’erogazione, il che - per pazienti in gravi condizioni di salute - rappresenta un vantaggio.

Come già affermato, le attuali terapie autologhe hanno bisogno di tempo e sono complicate da produrre, per cui è importante trovare alternative più rapide da far giungere ai pazienti come, ad esempio le CAR-T descritte da Li Zhang in un articolo pubblicato sulla rivista Science Immunology. Lo studio mostra come, in un modello murino contro la leucemia linfoblastica acuta a cellule B e il cancro al polmone non a piccole cellule, le CAR-T in questione si siano rivelate in grado di attaccare le cellule tumorali senza provocare la malattia da rigetto contro l’ospite: risvolto di grande incoraggiamento è dato proprio dall’efficacia contro i tumori solidi che storicamente hanno rappresentato il tallone d’Achille delle CAR-T autologhe.

Ulteriori approfondimenti e dati più consistenti saranno fondamentali per stabilire il destino di queste nuove versioni di CAR-T, ma lavori come questo possono riscuotere l’interesse delle aziende che, investendo sui frutti della ricerca, hanno la possibilità di espandere un settore molto vario il cui principale limite è anche un potenziale trampolino di lancio.

Con il contributo incondizionato di

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