Cervello

I mini-cervelli si sono dimostrati degli ottimi modelli per studiare la patogenesi di malattie come la SLA o per testare nuovi farmaci in via di sviluppo

Non hanno una coscienza e non pensano, ma i mini-cervelli generati in laboratorio dalle cellule staminali dei pazienti possono aiutare gli scienziati a studiare le malattie neurologiche nella fase precoce, prima della comparsa dei sintomi. A Cambridge, i ricercatori hanno riprodotto in 3D un cervello umano in miniatura, ottenuto a partire dalle cellule staminali di un paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e demenza fronto-temporale. Sono riusciti a mantenere in vita questi mini-cervelli in laboratorio per oltre un anno, un risultato mai raggiunto prima che ha permesso di rilevare cambiamenti strutturali e funzionali nella corteccia cerebrale, che potrebbero avere luogo già a partire dalla nascita. I risultati sono stati pubblicati su Nature Neurosciences.

ORGANOIDI E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Nelle malattie neurodegenerative le alterazioni della corteccia cerebrale potrebbero iniziare a verificarsi molto tempo prima della comparsa dei sintomi. La natura di questi cambiamenti, e le tempistiche con cui avvengono, non sono però, ancora chiare. Per studiare la patogenesi di una malattia neurodegenerativa, infatti, sarebbe importante poter analizzare campioni di tessuto cerebrale di persone che non hanno ancora sviluppato i sintomi.

Esistono per fortuna dei modelli alternativi che riproducono con buona approssimazione quello che avviene in un cervello umano all’inizio della patologia. Si tratta degli organoidi cerebrali, strutture cellulari tridimensionali artificiali, generate a partire da cellule staminali umane. Questi cervelli in miniatura ricapitolano la struttura e la composizione della corteccia cerebrale umana e somigliano al cervello di un feto tra le 12 e le 13 settimane di età. Vengono però "coltivati" fuori dal corpo umano, in una piastra da laboratorio, con un terreno liquido che contiene nutrienti, fattori di crescita e molecole segnale.

LA LONGEVITÀ DEGLI ORGANOIDI

I mini-cervelli artificiali non hanno una complessità tale da elaborare pensieri propri o sviluppare una coscienza ma non sono neanche dei semplici ammassi di cellule inerti, è infatti un filone di ricerca che solleva questioni bioetiche. L’organoide, ad esempio, reagisce  alla presenza di tessuto muscolare, come riportato in uno studio pubblicato su Nature Neurosciences. Dai suoi neuroni si estendono dei prolungamenti che prendono contatto con il muscolo e ne stimolano la contrazione.

Mantenere gli organoidi in coltura, però, non è facile. A volte questi modelli non durano il tempo necessario per completare lo sviluppo o per osservare cambiamenti significativi. Gli organoidi più longevi per lo studio della malattia di Parkinson e Alzheimer sono sopravvissuti solo, rispettivamente, 30 e 84 giorni. Uno dei problemi quando si coltiva un organoide, infatti, è che le cellule al centro hanno meno accesso all’ossigeno e ai nutrienti dispersi nel mezzo di coltura. Questo riduce la vitalità e rallenta la differenziazione e maturazione cellulare.

I ricercatori hanno risolto questo problema dividendo gli organoidi in sezioni e adagiandoli sulla superficie di una membrana porosa. In questo modo, il mini-cervello può contemporaneamente assorbire l’ossigeno dal lato esterno della membrana e i nutrienti da quello interno, sopravvivendo in coltura per oltre un anno.

UN MINI-CERVELLO PER STUDIARE LA SLA

I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno generato un organoide con queste caratteristiche per studiare la patogenesi della sclerosi laterale amiotrofica, che spesso si manifesta insieme alla demenza fronto-temporale (SLA-DFT). La SLA è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una degenerazione dei motoneuroni e che porta a paralisi completa. La DFT è causa di declino cognitivo e sintomi psichiatrici associati alla demenza. Ad oggi non esistono trattamenti per arrestare la progressione di queste due patologie, ma si stanno ideando e sperimentando diverse strategie basate sulle terapie avanzate, come la terapia genica o l’uso di molecole artificiali di RNA.

Le due malattie hanno in comune l’espansione di una regione di DNA situata nel gene C9ORF72, che nei pazienti è ripetuta fino a centinaia di volte di più che nelle persone sane. I ricercatori hanno riprogrammato le cellule della pelle di pazienti con questa mutazione per ottenere cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Hanno poi indotto le iPSC a differenziarsi in cellule nervose, aggiungendo al mezzo di coltura un cocktail di molecole specifiche. L’organoide cerebrale, grazie alla strategia della divisione in sezioni, è stato mantenuto in coltura per un totale di 340 giorni.

I RISULTATI

I risultati pubblicati ad ottobre su Nature Neurosciences riguardano i primi 240 giorni. L’analisi genetica e funzionale degli organoidi ha rivelato cambiamenti strutturali e funzionali in due tipi cellulari che compongono la corteccia cerebrale: gli astrociti, con funzione di sostegno e trasporto dei nutrienti, e i neuroni. I primi hanno mostrato segni di stress cellulare e un aumento dell’autofagia (la degradazione e riciclo dei componenti cellulari). Nei secondi, gli scienziati hanno osservato un aumento della morte cellulare e dei danni al DNA. Il cervello di un bambino appena nato, ipotizzano i ricercatori, potrebbe già esibire alcuni segnali di vulnerabilità alla malattia, anche se la SLA-DFT si manifesta solo in età adulta.

ORGANOIDI E MEDICINA PERSONALIZZATA

I modelli di organoide cerebrale potrebbero essere ancora migliorati, ad esempio introducendo le cellule immunitarie, che potrebbero avere un ruolo nella patogenesi di varie malattie del cervello. Ma il loro contributo alla ricerca non riguarda solo lo studio delle cause e dei meccanismi. I ricercatori sono anche stati in grado, somministrando un farmaco sviluppato per la SLA, di sopprimere parzialmente la degenerazione dei neuroni. Potrebbe quindi essere possibile, in futuro, prelevare le cellule della pelle di un paziente e riprogrammarle per creare un "mini-cervello" personalizzato: un avatar cerebrale su cui testare quale combinazione di farmaci si adatta meglio alla sua malattia.

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