Ecco il primo mini-cervello umano creato in laboratorio

È stato in grado di collegarsi al midollo spinale di un modello animale e di trasmettere impulsi. Sarà utile per comprendere come si sviluppano patologie quali la schizofrenia e l’epilessia

La scienza in questi anni ha compiuto progressi tali da sconfinare nel campo della fantascienza. Basta pensare agli organoidi: aggregati di cellule spontaneamente organizzati secondo uno schema preciso e predeterminato e che finiscono per assumere una configurazione tridimensionale e assomigliare a degli organi in miniatura.

A cosa servono gli organoidi?

La loro esistenza è direttamente collegata a un progressivo miglioramento delle tecniche di coltivazione delle cellule staminali tanto che sono state prodotte colture di organoidi per diversi organi, dal fegato al pancreas fino alla prostata e all’intestino. Il caso di un organoide del cervello, però, è più complicato perché il cervello è la sede di elaborazione di miliardi di impulsi, nonché quella deputata alla creazione del pensiero. Ma un gruppo di ricercatori inglesi ha da poco pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience  un articolo nel quale descrive il risultato eccezionale con cui un mini-organoide di cervello umano, ottenuto da staminali e coltivato in vitro, è riuscito a stabilire una connessione fisica con il midollo spinale di un modello murino e a trasmettere un impulso al tessuto muscolare limitrofo.

È opportuno partire da un presupposto: senza l’implementazione dei protocolli per la generazione di cellule staminali pluripotenti indotte o di cellule staminali ematopoietiche non potremmo parlare di organoidi. Perché lo sviluppo di strutture tridimensionali formate da queste cellule è intimamente connessa alla necessità di produrre modelli sempre più realistici e funzionali di studio. Così l’ingegneria incontra la biologia e si producono impalcature biodegradabili via via più aderenti alla realtà per favorire una crescita uniforme delle varie popolazioni cellulari. Se poi si considera che le cellule hanno nel loro DNA tutte le informazioni necessarie per il corretto differenziamento e per la distribuzione spaziale necessaria a riproporre l’organo che compongono, è facile intuire quale significato rivestano gli organoidi all’interno dei laboratori di ricerca. Essi sono, infatti, dei modelli di studio fondamentali per una lunga lista di patologie.

Quali sono le difficoltà principali legate alla loro produzione?

Uno dei problemi più consistenti, quando si ha a che fare con gli organoidi, è quello dell’apporto di sostanze nutritive. È facile far crescere uno strato di cellule su una piastra perché il nutrimento giunge in maniera uniforme e capillare a tutte, ma un fegato o un pancreas non sono piatti. A maggior ragione il cervello. La tridimensionalità comporta la difficoltà di far crescere e sviluppare tutte le cellule del mini-organo. Per tale ragione gli organoidi crescono fino ad un punto limite e, quando le sostanze nutritive e l’ossigeno faticano ad arrivare a tutte le cellule, la curva di crescita scende gradualmente finchè l’organo in provetta diventa inservibile.

Questo è il limite che i ricercatori inglesi sono riusciti a superare, adottando un metodo di coltura che prevede la creazione di sezioni dell’organoide da disporre su una membrana porosa: in tal modo gli organoidi sono esposti all’aria e possono assorbire tutte le sostanze di cui hanno bisogno. Questa sorta di interfaccia tra aria e liquido di mantenimento ha permesso ai mini-cervelli di crescere, migliorando la sopravvivenza dei neuroni e favorendo la crescita degli assoni. Gradualmente si è formato un ammasso di materia grigia simile al cervello di un feto umano di 12-13 settimane, composto da circa un paio di milioni di neuroni tra loro organizzati. In questa delicata fase l’organoide non è stato in grado di elaborare pensieri, né di avvertire sensazioni o avere coscienza del mondo esterno. Ma qualcosa è riuscito a fare.

Che risultati hanno ottenuto i ricercatori inglesi?

“Ci piace considerarli come mini-cervelli in movimento” – afferma in un’intervista a The Guardian  la dott.ssa Madeline Lancaster, neuroscienziata del Laboratorio di Biologia Molecolare del Medical Research Council. E dire che sono in movimento non è esagerare perché questi mini-cervelli hanno esibito delle reti neuronali attive con proiezioni sottocorticali capaci di innervare espianti di midollo spinale di topo ed evocare contrazioni del muscolo adiacente. In pratica, questo piccolo ammasso di cellule di cervello, poco più grande di una lenticchia, è stato in grado di “allungare le sue radici” spontaneamente, cercando ciò che aveva intorno e riuscendo a stabilire un contatto con un frammento di midollo spinale e di muscolo murino. Ricorrendo a sofisticate tecniche di microscopia elettronica live il team guidato dalla Lancaster ha confermato il comportamento dell’organoide, notando come esso riuscisse a inviare uno stimolo in grado di elicitare una risposta muscolare registrabile.

“Dopo circa 2-3 settimane di esposizione in coltura insieme ai frammenti di midollo spinale e muscolari di topo, si potevano osservare densi tratti di assone che dall'organoide innervavano il midollo spinale e le sinapsi erano visibili tra gli assoni umani in progettazione e i neuroni del midollo spinale del topo”, riportano gli autori. L’imaging in vivo del tessuto muscolare del topo ha rivelato contrazioni muscolari sporadiche con una periodicità irregolare.

Quali sono le prospettive per il futuro?

Il cammino degli organoidi è ancora all’inizio ma il loro potenziale è elevatissimo: essi possono aiutare gli scienziati nella creazione di modelli di studio d’organo – e quindi di patologia – molto precisi e dettagliati. “Potrebbero aprire le porte allo studio delle condizioni di sviluppo neurologico del corpo calloso, degli squilibri dei circuiti neuronali visti nell'epilessia e di altri difetti quali l'autismo e la schizofrenia”, scrivono gli autori della ricerca che per primi hanno dimostrato la possibilità di coltivare questi mini-cervelli in provetta per un certo periodo di tempo. Nessuna deriva fantascientifica che faccia pensare alla tratta degli organi artificiali o alla creazione di esseri sintetici pensanti, ma solo la necessità – e la possibilità – di sviluppare un approccio di ricerca aderente ad una realtà complicata come quella dello sviluppo del sistema nervoso, per cercare di capire come abbiano origine certe malattie, nella speranza di poterle un giorno curare.

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