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Una riflessione su cosa può fare la comunità scientifica per modellare il modo con cui le tecnologie influenzano l’ambiente informativo in cui la medicina rigenerativa entra in contatto col pubblico

“Cercalo su internet”: a chi non è mai capitato di sentirsi rispondere con questa frase di fronte a una domanda della quale non si conosceva la risposta? Ormai la ricerca sul web è parte della nostra quotidianità: ci può dire qual è il ristorante più vicino, qual è la migliore università per studiare chimica o che tempo farà nel fine settimana. Tra i molti click sul tasto “cerca”, una parte sono dedicati al tema della salute e le cellule staminali sono da anni un argomento di grande interesse, visto le promesse di trattare le più disparate condizioni cliniche grazie alle loro capacità rigenerative. Purtroppo, le informazioni vengono filtrate e presentate in un certo modo dai motori di ricerca, il che rende faticoso ottenere informazioni accurate e scientificamente valide sulle terapie a base di staminali. Una recente pubblicazione su Stem Cell Reports riporta una riflessione sui recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale (AI) e su come la comunità scientifica dovrebbe rispondere a queste necessità informative.

È innegabile che, rispetto a 20 anni fa, le aspettative nei confronti della medicina rigenerativa si stiano facendo sempre più concrete, anche grazie ai successi ottenuti nel campo della terapia genica e cellulare. Resta il fatto che, dopo decenni di ricerca e pubblicazioni sul tema, le terapie approvate a base di cellule staminali si contano sulle dita di una mano. Eppure, facendo una semplice ricerca online, ci si ritrova immersi in un coacervo di pubblicità di aziende che millantano di curare qualsiasi malattia e condizione più o meno grave con le staminali, frutto della crescita inarrestabile del marketing diretto al consumatore di trattamenti non autorizzati. Questo fenomeno è diffuso in tutto il mondo, con tutti i rischi connessi per i pazienti. È un argomento che Osservatorio Terapie Avanzate ha già affrontato in più occasioni (di recente qui) e che ha portato alla stesura di un Vademecum in dieci punti - scaricabile gratuitamente - per aiutare i cittadini a evitare di cadere nelle truffe. 

In questo caso il focus è sulla tecnologia e la comunicazione riguardo le cellule staminali e i quesiti sono molti: come può una persona determinare quando sia accurata l’informazione che il motore di ricerca o l’AI propone? Quanto è impattante nella presentazione dei risultati la scelta del motore di ricerca o dell’AI, l’utilizzo di parole chiave e la presenza di pubblicità? Cosa può fare la comunità scientifica per supportare i pazienti affinché le informazioni che trovano siano il più accurate possibili? Quali i rischi?

Come spiegato dagli autori, le tecnologie che facilitano la presentazione e la ricerca di informazioni online stanno subendo importanti trasformazioni. Il motore di ricerca più utilizzato, Google, cambia continuamente i suoi algoritmi e i suoi modelli di business in modi che sono per lo più sconosciuti al singolo utente, che potrebbe non comprendere i meccanismi che determinano quali annunci pubblicitari vengono visualizzati o quali risultati di ricerca appaiono per primi. Con l’arrivo delle piattaforme più recenti - come ChatGPT - le sfide si moltiplicano. In questo caso, agli utenti vengono offerte informazioni sintetizzate attraverso la cosiddetta intelligenza artificiale (AI) generativa, basata sulla probabilità statistica che le frasi fornite rispondano alle domande poste dall’utente. Queste risposte, però, saranno soggette a errori e potrebbero essere anche totalmente sbagliate. Il peso e le conseguenze di questi errori cambiano se si chiede una recensione di un libro che non siamo sicuri di comprare o se riguarda decisioni sanitarie.

L’articolo pubblicato su Stem Cell Reports è il frutto del lavoro svolto durante un workshop che ha visto coinvolti ricercatori specializzati nelle tecnologie di ricerca online ed esperti nel campo delle cellule staminali, riuniti per affrontare il tema della mediazione dell’informazione online in virtù della difesa dei pazienti e della comunicazione scientificamente accurata. Se “Dottor Google” è noto a chiunque, si può immagine quale sia stata la sua influenza sul panorama dell’informazione in ambito sanitario a livello mondiale. Lo stesso si può dire dei social media (dai contenuti degli influencer a quelli più esplicitamente pubblicitari): le persone non vedono solo quello che cercano, ma anche quello che altri pagano per mostrarglielo. Inoltre, non va sottovalutato il potere delle app di messaggistica come Telegram, che hanno creato uno spazio per le informazioni controverse (medico-scientifiche ma non solo).

L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha ulteriormente complicato questo panorama: gli algoritmi sono addestrati su grandi quantità di dati per essere in grado di generare testi che somiglino al linguaggio umano e che forniscano una risposta che corrisponda alla domanda posta dall’utente. Se in alcuni casi, grazie all’open source, un esperto può risalire a come viene creata una risposta, per l’utente comune questo è comunque improbabile e il testo viene letto come qualsiasi altra informazione disponibile online. Oltre alle informazioni obsolete, il rischio è anche di far allenare il sistema su contenuti che contengono pregiudizi o disinformazione. Questo rappresenta un notevole rischio per i pazienti, soprattutto per chi non ha le possibilità di interfacciarsi con medici o altri esperti e che utilizza questi mezzi per cercare contenuti. Il problema risiede anche nella capacità degli utenti di distinguere le informazioni generate dall’intelligenza artificiale o dall’essere umano.

Nell’articolo i ricercatori propongono di avere un ruolo proattivo nel modellare il modo con cui queste tecnologie influenzano l’ambiente informativo in cui la medicina rigenerativa entra in contatto col pubblico. Come scritto nel testo, “essere proattivi significherà abbracciare i metodi digitali per verificare i dibattiti pubblici e indagare su come il pubblico utilizza queste tecnologie. Significa anche che la comunità delle cellule staminali deve trovare collaboratori e alleati nei campi interdisciplinari delle scienze informatiche e sociali. Gli strumenti attraverso i quali i futuri partecipanti alla ricerca e i pazienti acquisiranno conoscenze sulle terapie a base di cellule staminali diventeranno sempre più importanti man mano che un numero maggiore di sperimentazioni in fase avanzata verrà avviato in diverse aree terapeutiche. Gli scienziati, i clinici e gli sponsor degli studi devono garantire una comunicazione accurata della scienza al pubblico interessato”. Oltre a questo, è necessario agire dal punto di vista della regolamentazione, ad esempio per quel che riguarda la condivisione dei dati e la natura restrittiva delle licenze dei termini di utilizzo delle piattaforme.

Nell'ambito della ricerca, è possibile utilizzare le nuove tecnologie e i dati disponibili su queste piattaforme per indagare meglio su cosa gli utenti stiano già discutendo, su chi utilizzano come mediatori di informazioni e quali parole chiave sono di tendenza. Questo può a sua volta influenzare la preparazione di materiali informativi adatti a rispondere a queste necessità, in modo da arrivare al grande pubblico. Ritorna, come sempre quando si parla di comunicazione della scienza, anche il coinvolgimento dei fruitori finali dell’informazione, con un linguaggio adatto alle singole esperienze e una condivisione che porta all’aumento della fiducia negli esperti: la tecnologia potrebbe aiutare in questo, superando così alcuni limiti intrinseci della comunicazione esperto-pubblico, ma le valutazioni da fare e le sfide da affrontare sono ancora molte. E alcune, vista la rapidissima evoluzione dell’intelligenza artificiale, spaventano anche un po’.

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