L’innovativa terapia genica per il trattamento di una forma di distrofia retinica ereditaria ha ottenuto il via libera dall’agenzia regolatoria italiana ed è ora rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale
L’ondata di novità nel campo delle terapie avanzate iniziata a fine 2020 sembra non arrestarsi e una nuova terapia genica altamente innovativa sbarca nel nostro Paese. Si tratta di voretigene neparvovec (nome commerciale Luxturna®), sviluppata da Novartis per il trattamento di una forma particolare di malattia ereditaria della retina, fino ad oggi priva di trattamenti, che rende i bambini ipovedenti dalla nascita e comporta una grave e progressiva riduzione della capacità visiva verso la cecità. Con l’approvazione di questa terapia genica da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), salgono a sei le terapie avanzate disponibili in regime di rimborsabilità in Italia su dodici approvate per il mercato europeo). Una boccata di ottimismo in questo difficile inizio, in ambito sanitario, di 2021.
UNA PATOLOGIA CHE COLPISCE LA VISTA
Voretigene neparvovec è stata la prima terapia genica a tagliare il traguardo autorizzativo nel settore oftalmologico. L’approvazione a livello europeo è arrivata a fine 2018 e ora, finalmente, arriva anche in Italia per il trattamento dei pazienti adulti e pediatrici colpiti da una perdita della vista provocata da forme di distrofia retinica ereditaria causate da mutazioni bialleliche (ovvero di entrambe le copie) del gene RPE65. L’omonima proteina codificata da questo gene ha il delicato compito di preparare i fotorecettori alla ricezione dei fotoni, cioè del segnale luminoso che deve essere convertito in segnale elettrico e trasmesso lungo il nervo ottico sino al cervello. La chimica della visione, infatti, prevede la trasformazione di una particella di luce in un impulso elettrico utile alla costruzione delle immagini nel nostro cervello: i fotorecettori sono le cellule deputate alla ricezione dei fotoni e quando non funzionano a dovere insorgono le patologie della retina (il tessuto che li ospita). Una delle più note patologie ereditarie della retina è la retinite pigmentosa ma ve ne sono altre, come le distrofie retiniche che originano dalle mutazioni a danno del gene RPE65. Le mutazioni sulle due copie di questo gene sono estremamente rare, arrivando a interessare circa 1 persona su 200.000 nel mondo, ma i pazienti che ne sono afflitti subiscono una progressiva degenerazione dei fotorecettori che si accompagna a una rapida ed ineluttabile perdita della vista in una spirale che sfocia nella completa cecità. Ciò implica un duro impatto sulla qualità della vita dei pazienti i quali devono fare i conti con una severa invalidità che si riflette sul piano sociale (basti pensare alla formazione scolastica o all’inserimento nel mondo del lavoro).
UNA TERAPIA GENICA “ONE SHOT”
La terapia genica sviluppata da Novartis, frutto di un percorso che ha richiesto 30 anni di ricerca, consiste in un frammento di DNA - una copia funzionante del gene RPE65 - che viene veicolato all’interno delle cellule da un adenovirus (AAV2) opportunamente modificato. La terapia viene iniettata, con una singola somministrazione, dietro la retina (nello spazio sottoretinico) di entrambi gli occhi. Una volta entrato nelle cellule, il “gene terapeutico” entra in azione e ripristina la capacità visiva del paziente. Il risultato finale è un miglioramento statisticamente significativo e duraturo nel tempo, con dati che arrivano fino a 7,5 anni nella pratica clinica, della funzionalità visiva e della capacità di movimento nello spazio. “Questo avviene perché il gene difettoso porta all’alterazione del ciclo visivo e alla degenerazione dei fotorecettori nel corso del tempo”, precisa il prof. Stanislao Rizzo, Ordinario di Oftalmologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma. “Grazie alla terapia genica si realizza il sogno di indirizzare il decorso della malattia migliorando il funzionamento delle cellule che ne sono responsabili, poiché il cuore di questo nuovo campo di ricerca è dato dalla correzione dei geni alterati che scatenano la malattia stessa.”
L’ACCESSO ALLA TERAPIA IN ITALIA
“Un anno fa, autorizzati da AIFA grazie al fondo del 5% AIFA, abbiamo trattato i primi due bambini in Italia ed i risultati sono stati evidenti già dopo pochi giorni dall’intervento con un marcato allargamento del campo visivo ed una riconquistata capacità di visione in condizione di scarsa luce”, aggiunge la prof.ssa Francesca Simonelli, Ordinario Oftalmologia e Direttrice della Clinica Oculistica dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. “A distanza di un anno possiamo confermarne l’efficacia e sostenere che voretigene neparvovec rappresenta una reale opportunità per questi pazienti e per le loro famiglie, un risultato dal profondo valore scientifico e clinico poiché la sua efficacia è duratura nel tempo. Affinché tutto ciò non sia sprecato, dobbiamo essere in grado di individuare quanto più precocemente possibile i pazienti che possono beneficiare dei nuovi trattamenti”. Una corretta e tempestiva diagnosi è sicuramente un punto cardine per le gravi patologie ritenute fino a ieri incurabili e per cui finalmente arriva una terapia efficace. Il riconoscimento dei sintomi, unito alla identificazione della mutazione del gene RPE65 attraverso il test genetico e alla verifica della quantità di cellule retiniche vitali, è funzionale non solo alla diagnosi della malattia ma anche alla valutazione della sua progressione e dell’eleggibilità del paziente al trattamento.
Secondo le indicazioni presenti in Gazzetta Ufficiale, si fa presente che, oltre alle mutazioni in entrambi gli alleli del gene RPE65, voretigene neparvovec è indicato in pazienti che abbiano sufficienti cellule retiniche vitali. Il documento riporta, inoltre, che il costo della terapia è stato fissato dall’AIFA a circa 594 mila euro (si tratta di una terapia “one shot” che prevede un’unica somministrazione) e che rientra in classe di rimborsabilità H, ovvero a carico dal Servizio Sanitario Nazionale solo in ambito ospedaliero.