Si potrebbero riempire pagine intere e scrivere libri su libri sul cancro e sulle modalità con cui aggredisce l’organismo senza riuscire a chiudere, in via definitiva, il capitolo sulle opportunità di cura. Quello che tutti i lettori corrono subito a leggere quando prendono in mano un libro dedicato a questo drammatico argomento. Ma non c’è modo migliore per approcciarsi all’universo della ricerca e comprendere le difficoltà di chi sta studiando una terapia oncologica efficace se non con la lettura di uno dei libri scritti dal prof. Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Milano e ricercatore italiano più citato nella letteratura scientifica internazionale. E “Bersaglio Mobile - Il ruolo del sistema immunitario nella lotta al cancro” (Mondadori, 2018) ne è un perfetto esempio.
Nel gioco del domino, basta un movimento leggero e, una tessera dopo l’altra, cadono tutte. Tuttavia, è possibile ripercorrere il percorso e individuare la tessera che per prima ha perso l’equilibrio. Il viaggio che David Quammen fa fare al lettore in “Spillover” è quello di chi indaga, a ritroso “tessera per tessera”, le correlazioni esistenti tra le malattie infettive e la crisi ecologico-sanitaria che affligge il mondo. “In una popolazione in rapida crescita, con molti individui che vivono addensati e sono esposti a nuovi patogeni, l’arrivo di una nuova pandemia è solo questione di tempo.” Come dimostrato da questa affermazione, il libro - pur essendo stato pubblicato nel 2012 - è terribilmente attuale e, proprio per questo, nelle ultime settimane ha scalato le classifica di vendita. COVID-19 è stata dichiarata emergenza mondiale il 12 marzo 2020 e, anche a detta dell’autore, questa pandemia è quella che 8 anni fa ha definito the next big one e che, purtroppo, non sarà l’ultima. Era davvero solo questione di tempo. E lo sarà di nuovo.
Aggressività, omosessualità, intelligenza, schizofrenia: è possibile attribuire uno di questi caratteri a un gene? I geni qualcosa c’entrano, ma non ne esiste uno specifico che ci rende aggressivi ad esempio. Ci sono ventimila geni nell’essere umano e sono segmenti di DNA deputati ad una certa funzione, che rispondono anche alle informazioni che arrivano dall’esterno e dall’interazione con altri geni. Non basta modificare un gene per “diventare intelligente”: il contesto è quindi fondamentale per la comprensione del codice genetico e di come influenza determinate caratteristiche. La ricerca sta approfondendo lo studio del DNA e, per fortuna, esistono libri come il “Sillabario di genetica per principianti” in grado di coinvolgere il lettore nella scoperta delle cosiddette bufale.
Ci viene piuttosto facile pensare che l’evoluzione sia il meccanismo che, in modo naturale, “aggiusta” la realtà, corregge il tiro e cancella gli errori in modo tale che nei milioni di anni la vita abbia potuto evolversi dallo stadio unicellulare a quello pluricellulare che ci contraddistingue. Dalle amebe a noi esseri umani. E il confronto tra questi due organismi sembrerebbe deporre a favore di una siffatta tesi ma, di fatto, si tratta di un punto di vista fallace, che non considera l’evoluzione per quello che realmente è e, soprattutto, sovrastima ciò che noi siamo. Nel suo ultimo libro “Imperfezione - una storia naturale” (Raffaello Cortina Editore), Telmo Pievani, filosofo della scienza e professore ordinario presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, spiega quale sia davvero il driver dell’evoluzione componendo una vera e propria “lode” all'imperfezione.
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