Aggressività, omosessualità, intelligenza, schizofrenia: è possibile attribuire uno di questi caratteri a un gene? I geni qualcosa c’entrano, ma non ne esiste uno specifico che ci rende aggressivi ad esempio. Ci sono ventimila geni nell’essere umano e sono segmenti di DNA deputati ad una certa funzione, che rispondono anche alle informazioni che arrivano dall’esterno e dall’interazione con altri geni. Non basta modificare un gene per “diventare intelligente”: il contesto è quindi fondamentale per la comprensione del codice genetico e di come influenza determinate caratteristiche. La ricerca sta approfondendo lo studio del DNA e, per fortuna, esistono libri come il “Sillabario di genetica per principianti” in grado di coinvolgere il lettore nella scoperta delle cosiddette bufale.
Ci viene piuttosto facile pensare che l’evoluzione sia il meccanismo che, in modo naturale, “aggiusta” la realtà, corregge il tiro e cancella gli errori in modo tale che nei milioni di anni la vita abbia potuto evolversi dallo stadio unicellulare a quello pluricellulare che ci contraddistingue. Dalle amebe a noi esseri umani. E il confronto tra questi due organismi sembrerebbe deporre a favore di una siffatta tesi ma, di fatto, si tratta di un punto di vista fallace, che non considera l’evoluzione per quello che realmente è e, soprattutto, sovrastima ciò che noi siamo. Nel suo ultimo libro “Imperfezione - una storia naturale” (Raffaello Cortina Editore), Telmo Pievani, filosofo della scienza e professore ordinario presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, spiega quale sia davvero il driver dell’evoluzione componendo una vera e propria “lode” all'imperfezione.
“Poco dopo la morte di Henrietta si iniziò a pensare alla produzione in serie di HeLa. Ne nacque una vera e propria industria, che arrivò a sfornare migliaia di miliardi di cellule alla settimana. Il tutto con un unico obiettivo: combattere la poliomielite.” Era il 1951 e la polio era al massimo della sua espressione. Ricercatori e medici di tutto il mondo stavano cercando una soluzione per questa malattia terribile e le cellule HeLa sembravano ottime per testare come le cellule rispondevano al virus, data la loro capacità di riprodursi molto più velocemente e con meno limiti rispetto alle cellule normali. Di queste cellule e della loro storia ha scritto Rebecca Skloot nel libro “La vita immortale di Henrietta Lacks”.
Jennifer Doudna si racconta e racconta CRISPR in un libro che fa immergere il lettore nella storia presentata in prima persona e gli permette di affrontare le questioni tecniche, etiche, sociali, economiche legate a quella che è stata più volte definita come una delle più importanti scoperte scientifiche della storia moderna. Pur essendo scritto a quattro mani assieme a Samuel Sternberg, suo fellow researcher, la voce narrante è solo quella della biochimica americana di fama mondiale. Saggio scientifico e memorie personali si intrecciano per dare al lettore la percezione di attraversare tutte le fasi della scoperta, dalle prime intuizioni alle considerazioni legate al futuro di questa tecnologia rivoluzionaria.
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