CAR-T

Dopo anni di ricerca, lo speciale “addestramento” dei linfociti T per individuare ed attaccare le cellule tumorali si è trasformato in una terapia rivoluzionaria dal futuro molto promettente

Protagonista della terza puntata di “Reshape - Un viaggio nella medicina del futuro - il primo podcast in Italia interamente dedicato alle terapie avanzate e altre innovazioni tecnologiche, disponibile sulle più note piattaforme podcast -  è la terapia a base di cellule CAR-T, considerata l’ultima frontiera della lotta al cancro. L’idea alla base di questa innovativa strategia terapeutica è tanto intuitiva quanto difficile da mettere in pratica: “armare” il sistema immunitario in maniera tale che possa riconoscere e annientare le cellule tumorali. Sebbene sia una terapia a base di cellule, le CAR-T rientrano nella categoria della terapia genica, di cui abbiamo parlato nella puntata precedente di “Reshape”. Il racconto vede la partecipazione Andrea Biondi, esperto in questo ambito di ricerca,  ed è accompagnato da una storia illustrata scaricabile qui.

L’idea che il sistema immunitario fosse in grado di difendere l’organismo dallo sviluppo dei tumori si è sviluppata nel secolo scorso. Ci sono voluti anni di studio per mettere a fuoco il ruolo delle principali componenti del sistema immunitario e, nel 1960, Sir Frank Macfarlane Burnet, immunologo australiano e Premio Nobel per la medicina, ipotizzò che le cellule tumorali stesse fossero in grado di innescare una risposta immunitaria. Si iniziò così a parlare di immunosorveglianza, ovvero del meccanismo con cui i linfociti T riescono a tenere sotto controllo la crescita del tumore. Purtroppo, non sempre questo meccanismo funziona e, in certi casi, le cellule tumorali riescono ad escogitare vie di fuga ed eludere la sorveglianza delle cellule immunitarie. 

Negli anni, i ricercatori hanno imparato a modificare geneticamente le cellule T per rinforzare le loro potenzialità e riuscire a sopraffare i tumori. Ma per arrivare a questo è stato necessario scoprire i meccanismi con cui viene finemente regolato il sistema immunitario. I checkpoint immunitari sono proteine che agiscono come acceleratori, segnalando la necessità di un avviare un attacco rapido e tempestivo contro i nemici, o come freni per arrestare l’azione del sistema di difesa del nostro organismo. Non basta, infatti, scatenare una risposta conto i patogeni esterni o le cellule dannose, occorre anche saperla arrestare una volta che il risultato desiderato è stato ottenuto. Altrimenti c’è il rischio che si arrivi alla distruzione autoimmune di cellule e tessuti sani. I protagonisti della ricerca sui checkpoint immunitari sono stati James Allison e Tasuku Honjo, premiati con il Nobel per la Medicina nel 2018 proprio in seguito alle loro scoperte scientifiche che hanno aperto le porte alla moderna immunoterapia oncologica.

Quando parliamo di cellule CAR-T ci riferiamo a linfociti T che vengono prelevati dal corpo dei pazienti e manipolati geneticamente - tramite tecniche di terapia genica o editing del genoma - in modo tale da poter esprimere sulla loro superficie uno speciale recettore, detto CAR (Recettore Chimerico per l’Antigene), con cui poter riconosce in maniera efficace gli antigeni espressi sulla superficie delle cellule tumorali. Si ottengono così dei linfociti T “potenziati” che sono in grado di identificare, attaccare e distruggere le cellule del tumore. Pertanto, le terapie CAR-T sono un innovativo farmaco personalizzato, non più frutto di un processo di sintesi chimica bensì un prodotto “vivo”, sviluppato direttamente a partire dalle cellule del paziente. Una volta ingegnerizzate le cellule vengono, infatti, reinfuse nel corpo del malato dove vanno a svolgere la loro azione. 

Si deve soprattutto all’immunologo Carl June la messa a punto del primo prototipo di cellule CAR-T: fu il suo team che, nel 2012, somministrò le CAR-T a Emily Whitehead, una bambina di 7 anni affetta da una forma di leucemia linfoblastica acuta resistente alle terapie standard. La sua storia, raccontata nel podcast, è divenuta una delle più emozionanti pagine dell’immunologia moderna e, a quasi dieci anni di distanza dal trattamento, Emily è un’adolescente che sta bene e che ha completamente superato la patologia. 

Attualmente, sono quattro le terapie a base di cellule CAR-T autorizzate alla commercializzazione in Europa e, di queste, 2 sono approvate anche in Italia. I bersagli principali di queste terapie sono alcune forme di leucemie e linfomi recidivanti o resistenti alle terapie standard, mentre l’ultima CAR-T ad aver avuto il semaforo verde europeo è rivolta contro alcune forme di mieloma multiplo. Traguardi importanti che possono essere visti come una concreta speranza per il futuro (prossimo).

Tuttavia, ai ricercatori rimangono ardue sfide da vincere prima di giungere all’ottimizzazione di questa forma di terapia. Innanzitutto, la possibilità di trattare anche i tumori solidi che, dalla scelta del antigene a cui puntare sino alle difficoltà di accedere al microambiente tumorale, pone ancora notevoli ostacoli da superare. E poi la necessità di sviluppare terapie CAR-T allogeniche, non più personalizzate ma destinate a un ampio numero di pazienti: una sfida che abbatterebbe la complessità e i costi di produzione, oltre ad offrire terapie per un maggior numero di persone. 

Scarica la storia illustrata “Addestrare il sistema immunitario per combattere i tumori: le terapie CART”, con i testi a cura di Francesca Ceradini, Rachele Mazzaracca ed Enrico Orzes e i disegni di Matilda Mazzaracca:

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