Immuni

Dopo tanta attesa, la app è scaricabile dal 1° giugno e la sperimentazione, che inizia l'8 giugno, include 4 Regioni. Non mancano però i dubbi (e i dati scientifici)

Un primo passo verso il concreto arrivo dell’app Immuni è stato fatto. Lo scorso 20 maggio, infatti, Apple e Google hanno annunciato di aver terminato il lavoro congiunto per la messa a punto di una tecnologia di tracciamento del contagio da Coronavirus. Una sorta di piattaforma universale che permetterà la comunicazione anche tra gli smartphone con sistema operativo iOS o Android e che sarà messa nelle mani delle autorità sanitarie di tutto il mondo che ne hanno fatto richiesta - tra cui l’Italia - per poter utilizzare la propria app di contact tracing. Tutto bene, se non fosse che a Fase 2 inoltrata dell’emergenza sanitaria i dubbi sulla reale efficacia di questo sistema restano aperti. Perché a oggi non esistono studi scientifici che dimostrino la validità di un’app per il tracciamento dei contatti.

I requisiti di Immuni

In Italia, l’app prescelta dalla Task Force nominata dal Ministero per l'Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, per il tracciamento dei contagi è Immuni, sviluppata da Bending Spoons. Tra i criteri richiesti dal Ministero c’erano la base volontaria del download, la gestione del sistema di contact tracing da uno o più soggetti pubblici, l’apertura del codice in modo che qualunque soggetto possa studiarlo e, soprattutto, l’anonimato dei dati trattati e la loro cancellazione definitiva al termine dell’impiego. Infine, per consentire una maggiore privacy, era stata dichiarata una preferenza verso le applicazioni che avrebbero usato il bluetooth per consentire la comunicazione tra telefoni, rispetto a quelle che usano la geolocalizzazione. A questi, dopo la scelta, se ne sono aggiunti altri per ridurre ulteriormente i problemi legati alla privacy, come per esempio la decentralizzazione dei dati raccolti durante il tracciamento (che rimangono sullo smartphone di ciascun utente) in alternativa a un modello centralizzato basato su un server.

Come funziona l’app

Per rispondere al principio della trasparenza, la documentazione dell’app Immuni (insieme al suo codice sorgente) è stata resa pubblica lo scorso 25 maggio. In breve: se un cittadino dovesse risultare positivo al tampone per Covid-19, grazie all’app scatta una procedura guidata – attivata insieme al personale sanitario – che permette di “allertare” le persone incrociate nei giorni antecedenti, di un possibile rischio di contagio. Classificato in categorie, a seconda della distanza e del tempo in cui i due telefoni sono rimasti nelle immediate vicinanze. Nel dettaglio, quando gli smartphone delle persone che sono entrate in contatto con il cittadino risultato affetto da COVID-19 accederanno al database centrale pubblico, gestito da Sogei, verranno abbinati all’utente positivo e invieranno una notifica di allerta. Il tutto sempre nel rispetto della privacy, senza specificare l’identità del contatto positivo né il luogo di incontro. Immuni è disponibile sugli store dal 1° giugno e può essere scaricata gratuitamente da tutti gli italiani sui propri smartphone; la sperimentazione, invece, parte ufficialmente l'8 giugno, in quattro regioni: Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria. Al termine della quale sarà disponibile per il download, anche in seguito all’aggiornamento del sistema operativo del proprio smartphone.

I limiti

Ci sono però dei limiti. Il primo è che sebbene il tracciamento dei contatti sia uno degli strumenti importanti per il contenimento della diffusione del virus, soprattutto in una fase post-emergenza, da solo non basta. È necessario, infatti, che parallelamente sia implementata anche l’esecuzione di tamponi per la diagnosi di nuovi casi. Così come una migliore gestione dei servizi sanitari sul territorio (che comprende le terapie intensive), l’esecuzione di test sierologici, un’attivazione di lockdown circoscritti (se e quando saranno necessari) e la disponibilità di luoghi dove i soggetti positivi non gravi possano essere isolati nel caso le abitazioni non dovessero consentire la convivenza con i familiari. In poche parole, manca la struttura organizzativa per le raccomandazioni internazionali basate sulle 3T (Test, Trace, Treat – Testare, Tracciare, Trattare) indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un altro limite da considerare è l’utilizzo dell’app su base volontaria. Secondo un recente studio di simulazione condotto nel Regno Unito da ricercatori dell’Università di Oxford, un sistema simile di contact tracing potrebbe funzionare solo se a utilizzarlo fosse almeno il 60% delle popolazione. E sebbene diversi sondaggi sull’utilizzo dell’app sembrano essere incoraggianti, il rischio di fallimento c’è, anche in considerazione del fatto che non tutti gli italiani posseggono uno smartphone e non tutti sono compatibili perché si tratta di modelli vecchi o che usano sistemi operativi non adeguati.
A tutto ciò occorre aggiungere l’impiego di migliaia di tracciatori, utili per sostenere l’intero processo, soprattutto quando, anche per le ragioni sopra esposte, l’uso dell’app non sarà possibile.

Mancano i dati

Al di là di questi punti e delle polemiche legate alla privacy, resta un'altra questione ben più rilevante e ancora irrisolta: la validità scientifica degli strumenti di contact tracing. Al momento infatti non esistono studi scientifici che dimostrino che un app simile a Immuni sia in grado di ridurre il tasso di mortalità, di contagi e di ricoveri per COVID-19 (in particolare nelle terapie intensive). Inoltre mancano anche studi di Health Technology Assessment (HTA), o valutazione delle tecnologie sanitarie, che hanno invece il compito di valutare il costo-efficacia di questo sistema, misurando il rapporto tra gli effetti di un intervento ed i costi sostenuti per eseguirlo. Proprio per rispondere a questa domande, la comunità scientifica ha iniziato a chiedere con insistenza che il sistema di tracciamento dei contatti digitale sia sottoposto a una sperimentazione. Trattandosi di un vero e proprio intervento sanitario deve essere conforme ai più elevati standard di sicurezza ed efficacia. Test che tra l’altro potrebbero essere eseguiti velocemente su un campione selezionato e rappresentativo della popolazione italiana, fornendo informazioni essenziali. Come per esempio sui falsi positivi, cioè persone identificate come contatto di un malato anche se queste erano a una distanza di sicurezza. Informazioni che forse, prima di una adozione allargata dell’app Immuni, potrebbero essere di grande rilevanza, considerando che il sistema può influenzare potenzialmente centinaia di milioni di vite.

 

Aggiornamento (08/06/2020): la sperimentazione in Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria inizia l'8 giugno e non il 3 giugno, come precedentemente scritto.

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