polpastrello

Realizzato un prototipo di e-skin che risponde simultaneamente a calore, umidità e pressione: riesce a localizzare con precisione ogni stimolo ed è mille volte più sensibile di quella umana

Una brezza leggera, il solletico, il calore di una tazza bollente in un pomeriggio d’inverno: percepiamo queste sensazioni grazie alla pelle, l’organo più esteso del nostro corpo. Con i suoi milioni di terminazioni nervose, costituisce un sistema sensoriale complesso e difficile da riprodurre in laboratorio. Ma una pelle artificiale elettronica potrebbe essere usata nelle protesi, per curare le ustioni, persino nei robot del futuro. I ricercatori della Graz University in Austria hanno realizzato un nuovo prototipo con migliaia di sensori per millimetro quadrato in grado di rispondere simultaneamente a più stimoli (pressione, umidità e temperatura) e di localizzare ognuno di questi in maniera precisa. I risultati sono pubblicati lo scorso maggio su Advanced Materials Technologies.

I ricercatori studiano come riprodurre modelli tridimensionali degli organi per chiarire meccanismi biologici ancora sconosciuti e testare nuovi farmaci. Nel mirino di questi studi c’è anche la pelle, che però è un organo decisamente sui generis: è il più esteso e sottile del corpo umano, è resistente ed elastico al tempo stesso, e soprattutto è l’organo per eccellenza deputato al tatto, il più potente forse tra i nostri sensi. Ha la funzione di percepire gli stimoli che interessano la superficie esterna del corpo e di riconoscere la forma e la durezza degli oggetti, grazie a una intricata rete di terminazioni nervose che trasmettono al cervello. Questi recettori sono milioni, distribuiti su tutta la superficie della pelle, e sono sensibili al tatto, al dolore, al caldo e al freddo e agli stimoli di pressione.

Diversi gruppi di ricerca studiano, ad esempio, come ricreare la pelle a partire dalle cellule staminali, con la sua caratteristica struttura a strati – dall’esterno verso l’interno epidermide, derma e strato sottocutaneo – e con i suoi follicoli piliferi, le ghiandole e i circuiti nervosi. Un’alternativa è la pelle elettronica, chiamata anche e-skin, che integra una rete di sensori con una superficie di plastica flessibile. Potrebbe avere numerose applicazioni, che spaziano dalla medicina rigenerativa alla robotica del futuro: ripristinare il senso del tatto in chi ha subito un’ustione, monitorare lo stato di salute attraverso dispositivi indossabili sulla superficie del corpo, costruire robot con una sensibilità paragonabile a quella umana.

La pelle elettronica ideale dovrebbe soddisfare i requisiti meccanici, la robustezza, l’estensibilità e la flessibilità della pelle umana. Dovrebbe inoltre raccogliere un grande numero di informazioni tattili e trasmetterle al cervello, in maniera analoga alla sua controparte biologica. Ad oggi sono già stati messi a punto diversi prototipi che contengono sensori in grado di rilevare pressione, calore e umidità, persino il dolore. I sensori realizzati fino ad ora, però, percepiscono un solo tipo di stimolo fisico, la pressione o il calore o l’umidità, ma non tutti e tre insieme. Solo pochi prototipi recenti rispondono simultaneamente a due o più stimoli, ma hanno architetture complesse e non del tutto biocompatibili, e spesso non riescono a localizzare precisamente lo stimolo. La pelle è un organo esteso, ma se ci danno un pizzico sul braccio, anche senza guardare, sappiamo esattamente da quale punto arriva la sensazione dolorosa. Questo tipo di localizzazione è difficile da riprodurre in una e-skin, ma è fondamentale se si vuole imitare la pelle umana.

I ricercatori della Graz University in Austria hanno realizzato un prototipo che risponde a stimoli multipli (forza, pressione, umidità e temperatura) in maniera posizione-specifica. È composto da una serie di unità verticali di forma rettangolare chiamate “nanobarre” (in inglese nanorods), integrate con un substrato in plastica flessibile (polietilene tereftalato, o PET) collegato a due elettrodi. Ogni nanorod è formato da un “cuore” di un idrogel sensibile a temperatura e umidità e da un rivestimento in ossido di zinco, un materiale piezoelettrico sensibile a forza e pressione. L’idrogel si espande o si contrae a seconda dei cambiamenti di umidità e pressione. In questo modo, genera una forza meccanica contro il rivestimento di ossido di zinco, come l’aria che preme sulle pareti di un palloncino. L’ossido di zinco ha la capacità di trasformare lo stress meccanico in un segnale elettrico: può percepire direttamente forza e pressione e indirettamente temperatura e umidità, poiché queste causano cambiamenti nella forma e nel volume dell’idrogel. Una stessa unità funzionale, quindi, risponde simultaneamente a tre tipi di stimoli.

E, soprattutto, la nuova e-skin riesce a “capire” da quale posizione arriva lo stimolo. Questo risultato, scrivono i ricercatori, dipende dalla sua particolare architettura, che si sviluppa in verticale, e non in orizzontale. Poiché ciascun nanorod ha una larghezza di soli 500 nanometri, il dispositivo può alloggiare circa 2000 sensori per ogni millimetro quadrato. Una risoluzione altissima, che supera addirittura quella della pelle vera: un polpastrello umano può percepire oggetti fino a una dimensione di circa 1 millimetro quadrato, la nuova pelle elettronica anche mille volte più piccoli.

La pelle artificiale è anche più sottile della nostra. L'epidermide umana ha uno spessore di circa 0,03-2 millimetri. “I primi campioni di pelle artificiale hanno uno spessore di sei micrometri, cioè 0,006 millimetri”, hanno dichiarato i ricercatori. “Ma potrebbero essere ancora più sottili.”

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