I ricercatori possono programmare la siringa per il trasporto del suo carico nell’organo bersaglio. Hanno già trasferito nelle cellule umane varie proteine anti-tumorali e l’enzima Cas9
Crispr-Cas, la “forbice molecolare” che permette di modificare i geni, si è evoluta nei batteri per aiutarli a proteggersi da virus patogeni. Nei prossimi anni, un altro sistema preso in prestito dai batteri potrebbe aiutarci a trasportare gli elementi del macchinario CRISPR dentro le cellule umane: una “siringa molecolare” che, attraverso un meccanismo contrattile e una proteina simile a un ago, può bucare la membrana cellulare e iniettare i composti al suo interno. I batteri simbiotici la usano per modificare la biologia dell’ospite o per rilasciare tossine. Gli scienziati, invece, potrebbero usarla per trasferire proteine terapeutiche nelle cellule umane, poiché le siringhe possono essere programmate per rilasciare il loro carico solo nell’organo bersaglio. Un articolo pubblicato a marzo su Nature fa il punto su questa nuova tecnologia.
STRATEGIE DI CONVIVENZA
Gli organismi che vivono all’interno di altri esseri viventi hanno perfezionato nel tempo una serie di intricate strategie per garantirsi le maggiori probabilità di sopravvivenza. Le più cruente hanno addirittura ispirato videogiochi dalle tinte apocalittiche come “The Last of Us” - in cui i protagonisti infettati da parassiti perdono il controllo del proprio corpo e si trasformano in zombie alla totale mercé dei loro ospiti - o serie fantascientifiche come “Stranger Things”. Anche nella realtà diversi parassiti sono in grado di controllare il comportamento delle loro vittime, costringendole a fare cose assurde come esporsi volontariamente ai predatori o ingerire spore infette.
Ma esistono anche interazioni fondate sulla reciproca collaborazione, le simbiosi. È il caso di Photorhabdus asymbiotica, un batterio che vive all’interno di un nematode e lo ripaga del soggiorno aiutandolo a procurarsi il cibo. Il batterio adopera una “siringa molecolare” per iniettare una tossina letale attraverso la membrana cellulare degli insetti infettati dal nematode, che si ciba quindi dei resti senza vita delle sfortunate prede.
I batteri del genere Photorhabdus non sono gli unici a possedere queste siringhe, ampiamente diffuse tra batteri e archea endosimbiotici per modificare la biologia del loro ospite. I ricercatori le hanno descritte come delle “pistole cariche”: i proiettili possono essere tossine, ma anche altre proteine con le funzioni più disparate, come la capacità di tagliare o modificare il DNA, o l’induzione della metamorfosi. Il carico viene rilasciato nel lume di un tubo racchiuso in una guaina contrattile, che termina con una proteina a forma di arpione in grado di aprire un buco nella membrana della cellula ospite.
TRASPORTO DI FARMACI E TERAPIA GENICA
I microbiologi studiano ormai da tempo questi sistemi, ma a sorpresa anche alcuni laboratori specializzati in terapia genica e farmaci a bersaglio molecolare hanno iniziato a occuparsi delle siringhe molecolari batteriche. Prendiamo ad esempio Crispr-Cas9, questo sistema è la base di terapie sperimentali che sono ormai in sviluppo clinico per correggere i difetti genetici alla base di diverse gravi patologie: come la beta-talassemia e l’anemia falciforme, l’amaurosi congenita di Leber (una malattia dell’occhio) o l’amiloidosi da transtiretina (un disturbo ereditario del fegato).
Per organi diversi da fegato, occhi e sangue, invece, non esiste ancora una tecnica efficace per la somministrazione o “delivery” delle componenti di CRISPR: un enzima, Cas9, che taglia il DNA, e un filamento di RNA che lo guida nel punto preciso del genoma. Due studi pubblicati a marzo e ad aprile, rispettivamente su Nature e Science Advances, esplorano la possibilità di usare proprio le siringhe batteriche come strategia per il delivery di Cas9 e altre proteine nelle cellule umane.
I RISULTATI RAGGIUNTI
La siringa di Photorhabdus asymbiotica è un modello quasi perfetto per lo scopo. Ma questi sistemi non pungono a caso, si legano in maniera specifica al bersaglio, grazie a un anello di fibre situato alla base della proteina-arpione che riconosce solo le cellule dell’ospite che, in questo caso, sono cellule di insetto. Per fare in modo che la siringa riconosca le cellule di topo o umane, i ricercatori hanno quindi modificato le fibre con un programma di intelligenza artificiale in grado di predire le strutture proteiche.
Una pistola carica, quindi, ma anche specifica, con cui gli scienziati hanno trasferito con successo alcune molecole - comprese delle proteine antitumorali e Cas9 - in cellule di topo o umane in vitro. Il passo successivo è stato testare il sistema su un animale, in vivo, iniettando le proteine nel cranio di un topo. Non solo i ricercatori hanno confermato l’espressione di queste proteine nell’ippocampo del roditore, ma hanno anche dimostrato l’assenza di effetti collaterali, come infiammazione o perdita di peso.
Le siringhe molecolari dei batteri potrebbero quindi rappresentare una nuovo metodo per il trasporto delle proteine in vivo, ma gli studi sono solo all’inizio. Per le terapie basate su CRISPR c’è ancora da sciogliere un nodo fondamentale, ovvero il trasporto dell’RNA guida – per ora i ricercatori sono riusciti a iniettare solo Cas9. Ma dopo aver assistito in meno di un decennio all’esplosione di Crispr-Cas9, gli scienziati sono fiduciosi che anche quest’altro sistema preso in prestito dai batteri potrebbe essere nel prossimo futuro protagonista di un’altra piccola (o grande) rivoluzione.