Osservatorio Terapie Avanzate - Video

Francesco Butti, intervenuto al Focus Live 2019, ci porta in un viaggio nella medicina del futuro dove le terapie avanzate per malattie genetiche e tumori sono già una realtà.

A 66 anni dalla scoperta della struttura del DNA da parte di Watson e Crick, le terapie avanzate sono ormai sul campo di battaglia per combattere tutta una serie di malattie genetiche e alcuni tumori. A presentarne le potenzialità, nel corso di uno dei tre speaker’s corner organizzati dall’Osservatorio Terapie Avanzate nell’ambito di Focus Live 2019 a Milano, è il dott. Francesco Butti, Local Clinical Operation Head di Novartis, l’azienda farmaceutica che ha già messo sul mercato due terapie avanzate in Europa e una negli Stati Uniti.

“Negli ultimi anni la medicina ha compiuto passi avanti giganteschi, sia tecnologici che biotecnologici e adesso il concetto di terapia avanzata è divenuto una realtà grazie a tecnologie sempre più sofisticate per curare malattie fino a poco tempo fa incurabili, come alcune patologie dell’occhio, quali le distrofie retiniche, e alcune malattie neuromuscolari come l’atrofia spinale muscolare (SMA)”, spiega Butti. “Attraverso l’introduzione di informazioni sotto forma di geni che codificano per le proteine, la cui mancanza nei pazienti genera la malattia, si ottengono effetti clinici assolutamente straordinari.” È così che sono nate terapie geniche come Luxturna™ (voretigene neparvovec) per il trattamento di patologie retiniche ereditarie o come Zolgensma, per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (SMA). Fino a pochi anni fa non avremmo sperato di mettere in ginocchio una malattia genetica come la SMA e, per di più, oggi le terapie avanzate si stanno spingendo anche oltre la frontiera dei tumori. Ne è un esempio la terapia CAR-T Kymriah® (tisagenlecleucel) che è in grado di combattere alcune forme di leucemie e linfomi.

“Oggi esistono, infatti, anche nuove opportunità per pazienti con tumori ematologici particolarmente aggressivi come la leucemia Linfoblastica acuta (LLA)”, prosegue Butti. “Esse permettono di ingegnerizzare i linfociti T del paziente e dar loro gli strumenti per aggredire le cellule tumorali in quella che è una vera e propria battaglia di fanteria per sconfiggere le cellule tumorali nel corpo del paziente”. Un’arma vincente per annientare un nemico che sta mietendo troppe vittime ma che in un futuro prossimo potrebbe essere finalmente sbaragliato.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni