Un gruppo internazionale di esperti si è riunito a Ginevra per parlare di editing genomico e porre in primo piano la giustizia sociale, i diritti umani e le prospettive della società civile
“Come sostenitori dell'interesse generale, esperti di policy, bioeticisti e scienziati, chiediamo un dibattito pubblico sull'editing del genoma umano sulle linee germinali.” Così inizia la dichiarazione di Ginevra, pubblicata a fine gennaio su Trends in Biotechnology. Ad oggi, tutte le dichiarazioni sul tema sono state redatte da gruppi dominati da scienziati e bioeticisti e basate su una prospettiva medico-scientifica. Questa dichiarazione vuole invece orientare il dibattito verso altri ambiti, prendendo in considerazione i contesti sociali, storici e commerciali che potrebbero influenzare lo sviluppo e le applicazioni dell’editing genomico.
Fin dal primo International Summit on Human Genome Editing del 2015, la ricerca e il dibattito sull’editing genomico umano sono proseguiti senza sosta. Sebbene i progressi siano notevoli, restano molte questioni in sospeso dal punto vista scientifico, etico, sociale e regolatorio. I dubbi circondano per lo più le modifiche ereditabili dalle generazioni successive, tema protagonista del secondo International Summit on Human Genome Editing del 2018, quando il ricercatore cinese He Jiankui, ora condannato, ha presentato la sua sperimentazione su embrioni umani geneticamente modificati che hanno portato alla nascita di due gemelline. A seguito di questa inaspettata e destabilizzante notizia, scienziati e bioeticisti hanno lanciato al Summit un appello sull’editing genomico, ma con un limitato accenno alle implicazioni sociali. Vista la risonanza della vicenda e la possibilità concreta che qualcun altro potesse tentare di fare un esperimento simile, a marzo 2019 un gruppo internazionale di 18 esperti, tra scienziati e bioeticisti, ha espresso la necessità di una moratoria e pubblicato un appello sulla rivista Nature.
Con la pubblicazione del manoscritto dello studio sugli embrioni umani modificati da parte della MIT Technology Review a dicembre 2019, sono stati confermati i timori della comunità scientifica internazionale: l’esperimento di Jiankui può essere considerato fallimentare, oltre che rischioso, e sono evidenti le violazioni delle norme etiche. CRISPR ha reso l’editing del genoma più semplice e flessibile, ma decidere di applicare queste conoscenze agli embrioni umani porta con sé una serie di valutazioni per il futuro dell’umanità. Il compito di decidere spetta a tutti: “Contestiamo l’uso dell’editing genomico a scopo riproduttivo e sottolineiamo la necessità di un ampio consenso sociale prima che qualsiasi decisione al riguardo sia presa”. Per questo motivo, i firmatari della dichiarazione di Ginevra evidenziano tre punti principali: chiarire l’idea distorta che il pubblico ha delle modificazioni del genoma relative alla linea germinale; ampliare la conversazione sul tema mettendo in primo piano le conseguenze sociali; e condividere il processo decisionale, grazie a un forte impegno pubblico.
Per quanto riguarda il primo punto, la parte fondamentale è quella che riguarda il concetto di cura e prevenzioni di malattie genetiche: in generale, è stato più volte affermato che l’editing su embrioni potrebbe modificarne la condizione, eliminando la patologia incriminata. L’obiezione fatta è che non si curerebbe nessuna persona esistente, ma verrebbero modificati geni delle future generazioni, con i possibili rischi associati. Questo lo mette su un piano molto diverso rispetto all’editing delle cellule somatiche, cioè tutte quelle cellule che compongono il nostro organismo e che non trasmettono le informazioni genetiche alla generazione successiva. Oltre a creare bambini con caratteristiche genetiche specifiche (con tutte le implicazioni del caso), normalizzerebbe l’utilizzo della fecondazione in vitro, altro aspetto discutibile. Inoltre, i futuri genitori a rischio hanno la possibilità – mediante la diagnosi genetica preimpianto - di evitare la trasmissione di una condizione genetica ereditaria grave ai figli. Già questo può essere oggetto di dibattito dal punto di vista etico, figuriamoci se si effettua una modifica genomica grazie all’editing.
Fino ad oggi, sottolineano gli autori, la maggior parte del dibattito non ha adeguatamente analizzato il contesto sociale, gli aspetti legati alla giustizia sociale e ai diritti umani. Degno di preoccupazione è la possibilità che la tecnica venga utilizzata per modificare esseri umani oltre la malattia, ricadendo nell’ambito del “miglioramento” genetico. Termini come disuguaglianza sociale e discriminazione devono essere inclusi nel dibattito, perché un domani l’editing degli embrioni potrebbe appartenere “solo a chi se lo può permettere”, dato che molte cliniche della fertilità sono private. Nello scenario globale attuale, in cui razzismo e xenofobia sono quotidianamente sui giornali, il rischio di parlare di una “popolazione migliore” e stigmatizzare quella “peggiore” è alto, specialmente se la genetica – e quindi la scienza – supporta il discorso.
Ascoltare più voci e prospettive permetterebbe di avere una visione più ampia e di valutare aspetti che fino ad ora possono essere stati tralasciati, superando la visione e la comunicazione “dall’alto al basso” per andare verso una consapevolezza e un dibattito sociale. “[…] un forte impegno pubblico deve anche essere globale e inclusivo, coinvolgendo una serie di soggetti pubblici la cui voce è stata finora trascurata o minimizzata. Così, oltre agli studiosi di scienze sociali e umanistiche, agli specialisti in scienze giuridiche e politiche e ad altri esperti, le delibere devono includere un'ampia fascia della società civile organizzata. Con particolare attenzione alle organizzazioni di interesse pubblico focalizzate sulla salute delle donne, i diritti riproduttivi e la giustizia, la giustizia razziale, la giustizia ambientale, l'uguaglianza di genere, i diritti della disabilità e i diritti umani.”