Il team di Paula Río, del CIEMAT di Madrid, sta esplorando tecniche avanzate, come Crispr-Cas9 e il prime editing, per correggere le mutazioni della malattia genetica rara
Le diverse tecniche di editing genomico sono ormai diventate una strategia promettente per la correzione di un'ampia gamma di mutazioni associate a diversi tipi di malattie genetiche. Un gruppo di ricerca spagnolo - guidato dalla dott.ssa Paula Río, a capo dell'Unità di Insufficienza del Midollo Osseo presso il centro di ricerca CIEMAT di Madrid e presidente della Società Spagnola di Terapia Genica e Cellulare - sta cercando di trovare una soluzione terapeutica per l’anemia di Fanconi, partendo dalla terapia genica fino ai primi esperimenti con il prime editing, strategia terapeutica che ha recentemente varcato la soglia degli studi clinici.
L'anemia di Fanconi è una rara sindrome ereditaria caratterizzata da insufficienza midollare, mutazioni genetiche che causano instabilità cromosomica e riducono la capacità delle cellule nel riparare i danni al DNA, conducendo alla predisposizione al cancro. Tale sindrome è causata da mutazioni in uno dei 23 geni noti coinvolti nella riparazione del DNA e nel mantenimento della stabilità genomica. Questi geni sono cruciali per la protezione delle cellule da danni genetici e un loro malfunzionamento può avere conseguenze molto gravi. Se si potesse in qualche modo riparare o sostituire questi geni difettosi, si potrebbe trattare o prevenire l’anemia di Fanconi.
Le cellule staminali ematopoietiche dei pazienti affetti da questa rara malattia genetica sono spesso in numero ridotto e hanno una capacità limitata di ripopolare il midollo osseo. Tuttavia, studi di trapianto hanno dimostrato che una volta corrette, queste cellule possono migliorare significativamente la condizione. Partendo da questa premessa, il team di ricerca guidato da Paula Río sta lavorando su diversi approcci, dalla terapia genica più classica alle tecniche più avanzate di editing genomico, per correggere le cellule staminali ematopoietiche in questione.
LA TERAPIA GENICA "MADE IN SPAIN"
I ricercatori di Madrid hanno progettato una terapia genica basata su un vettore lentivirale e una copia funzionante del gene FANCA, che è difettoso nei pazienti con anemia di Fanconi di sottotipo A. La terapia è stata testata in uno studio clinico di Fase I/II, condotto a Madrid e Barcellona su pazienti pediatrici e giovani adulti, e ha ricevuto la designazione di farmaco orfano sia da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) che da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense.
“I risultati del trial hanno dimostrato che la terapia genica mediata da lentivirus può migliorare la funzionalità del midollo osseo nei giovani pazienti con anemia di Fanconi”, ha dichiarato Paula Río nel corso della COST (European Cooperation in Science and Technology) Action GeneHumdi (Genome Editing for the treatment of human Disease Network) che si è tenuta lo scorso giugno (ne abbiamo già parlato qui). “Questo approccio potrebbe quindi ridurre il rischio di tumori squamosi che sono correlati alla malattia.” Visti i risultati promettenti ottenuti in questa sperimentazione, è ora in corso in Spagna (Madrid) e in Gran Bretagna (Londra) uno studio di Fase II sponsorizzato dall’azienda Rocket Pharmaceuticals.
LE DUE STRATEGIE DI EDITING
Il team spagnolo è anche fortemente impegnato nell'ottimizzazione di diverse strategie di editing genomico per correggere le cellule staminali ematopoietiche, sia in vitro che in vivo, dei pazienti con anemia di Fanconi. È recente l’avvio di studi preclinici, effettuati in laboratorio, con il sistema Crispr-Cas9 e il più innovativo sistema di prime editing per andare direttamente a correggere sui geni le mutazioni che causano i difetti nelle cellule staminali ematopoietiche. “Stiamo sviluppando un nuovo metodo per modificare geneticamente le cellule staminali del sangue del paziente per trattare malattie genetiche che colpiscono il sistema immunitario. Abbiamo riscontrato che il metodo attuale, che usa la proteina Cas9 per tagliare il DNA, presenta problemi, come il taglio del DNA in punti indesiderati, la creazione di mutazioni indesiderate e la tossicità per le cellule staminali”, ha spiegato Río. Un altro ostacolo importante che il team di Madrid ha riscontrato riguarda l'efficienza del processo di editing. Per ottenere un beneficio clinico significativo, è necessario correggere una proporzione sufficiente di cellule staminali ematopoietiche.
Da qui l’idea di tentare con il prime editing per mirare in modo efficiente alle cellule staminali ematopoietiche con capacità di ripopolamento a lungo termine, e correggere le mutazioni più comuni dell’anemia di Fanconi. “Abbiamo deciso di utilizzare il prime editing, che evita di tagliare il DNA e usa un sistema più sicuro per correggere le mutazioni. Abbiamo usato questa tecnologia per correggere una mutazione specifica nel gene che causa una grave carenza immunitaria. Siamo ricorsi a diversi strumenti per migliorare l'efficienza del prime editing e abbiamo trovato che alcuni funzionano meglio di altri, con tassi di successo tra il 20% e l'80%. Abbiamo quindi applicato questo metodo alle cellule staminali del sangue di donatori sani e di pazienti, ottenendo un'efficienza di correzione fino al 60%”, ha dichiarato la ricercatrice spagnola. I ricercatori stanno ora testando queste cellule in modelli animali per vedere se funzionano correttamente nell’organismo.
CELLULE STAMINALI AD HOC PER TESTARE LE STRATEGIE
Il team spagnolo ha anche creato un modello cellulare per poter testare le diverse strategie. Utilizzando ancora una volta il sistema Crispr-Cas9, sono state introdotte mutazioni specifiche nel gene associato all'anemia di Fanconi, creando cellule staminali ematopoietiche con il fenotipo della malattia. In particolare, utilizzando modelli di topo umanizzati con le cellule modificate, il team ha osservato che queste cellule mostrano una capacità proliferativa ridotta e una sensibilità aumentata ai trattamenti con antibiotici come la mitomicina C. Questo modello è stato fondamentale per testare l'efficacia degli strumenti di editing in condizioni controllate. E le prime esperienze con il prime editing hanno mostrato che questa tecnica potrebbe essere efficace nel correggere le mutazioni specifiche nei modelli murini.
“È stato possibile correggere parzialmente il fenotipo delle cellule affette da anemia di Fanconi, migliorandone la capacità proliferativa e riducendo la sensibilità alla mitomicina C”, ha spiegato Paula Río. “Abbiamo anche confrontato la vitalità delle cellule dopo la correzione genetica con il prime editing rispetto ai metodi tradizionali: le cellule modificate con il prime editing hanno mostrato una migliore sopravvivenza e capacità di crescita. A differenza dei metodi tradizionali, che riducono la capacità delle cellule di formare colonie, il prime editing non ha mostrato effetti negativi significativi. Stiamo anche esaminando attentamente eventuali effetti collaterali indesiderati. I nostri risultati preliminari sono promettenti e suggeriscono che il prime editing potrebbe essere un metodo efficace per trattare malattie genetiche del sistema immunitario”.
La strada delle terapie avanzate per l’anemia di Fanconi è stata tracciata, per poter intravedere una reale terapia all’orizzonte è però necessaria ancora tanta ricerca – sia in laboratorio che nell’ambito clinico - tempo e investimenti.