ipertensione

Il farmaco usa la tecnica dell’RNA interference per silenziare l’espressione genica dell’angiotensinogeno prodotto dal fegato e abbassare la pressione nelle persone ipertese

Nel mondo quasi un miliardo e mezzo di persone soffrono di ipertensione, uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e la prima causa di decesso a livello globale. Nonostante la disponibilità di varie classi di farmaci per controllare la pressione, la strada verso una gestione sicura ed efficace del paziente iperteso è ancora lastricata di insidie. Ma all’orizzonte si delineano nuove strategie terapeutiche, che in un futuro non troppo lontano potrebbero sostituire la classica pillola per la pressione. Un articolo pubblicato a luglio sulla rivista The New England Journal of Medicine riporta i dati di uno studio clinico di Fase I che ha esplorato, su un piccolo numero di pazienti, la sicurezza e l’efficacia di un nuovo farmaco a base di RNA che impedisce l’espressione di una proteina chiave nel sistema di controllo della pressione sanguigna.

IPERTENSIONE E RNA INTERFERENCE

L’ipertensione arteriosa è un problema che in Italia colpisce in media il 33% degli uomini e il 31% delle donne e aumenta la probabilità di malattie cardiovascolari come ictus, infarto del miocardio o cardiopatia ischemica. Benché uno stile di vita salutare sia la prima “terapia” per tenere la pressione arteriosa sotto controllo, oggi esistono anche varie classi di farmaci antipertensivi in commercio e si stanno esplorando anche nuove terapie digitali, come le app per il trattamento e il monitoraggio dell’ipertensione.

Nel futuro della cura per l’ipertensione, le classiche pillole potrebbero essere sostituite da terapie di nuova generazione, in grado di modulare l’espressione dei geni che controllano la pressione sanguigna. A proposito di un altro fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, lo scorso anno avevamo parlato di terapie avanzate quando ad ottobre l’AIFA aveva dato il via libera per la rimborsabilità di un farmaco a base di piccoli RNA contro l’ipercolesterolemia.

ALN-AGT01 (noto anche con il nome zilebesiran), il farmaco sperimentale progettato dalla biotech Alnylam, funziona allo stesso modo: il principio attivo è una piccola molecola di RNA (small interfering RNA, siRNA), che agisce modulando negativamente l’espressione epatica dell’RNA messaggero (mRNA) dell’angiotensinogeno, una proteina chiave per il controllo della pressione. Il meccanismo si basa su “RNA interference”, mediante cui alcuni frammenti di RNA sono in grado di provocare la degradazione dell’mRNA.

IL SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA

L’angiotensinogeno è uno dei componenti del sistema renina-angiotensina, un meccanismo ormonale che regola la pressione sanguigna. Quando il valore della pressione sistolica scende sotto i 100mm Hg, i reni rilasciano nel circolo sanguigno la renina, un enzima proteolitico che scinde una grossa proteina, l’angiotensinogeno, in frammenti più piccoli. Uno di questi peptidi è l’angiotensina I, che viene convertita in angiotensina II dall’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE). L’angiotensina II è un ormone che stimola la contrazione della muscolatura delle arterie e il rilascio di altri due ormoni, l’aldosterone e la vasopressina, che favoriscono l’assorbimento del sodio da parte dei reni, e quindi la ritenzione dell’acqua. Entrambi i meccanismi provocano un aumento della pressione sanguigna.

I farmaci agiscono inibendo specifiche fasi di questo processo, come la conversione dell’angiotensina I in angiotensina II (ACE-inibitori) o il suo legame con il recettore (bloccanti del recettore dell’angiotensina, ARB). L’efficacia di queste terapie è però limitata dal fatto che il sistema renina-angiotensina può ripristinare la produzione dell’angiotensina attraverso un meccanismo compensatorio. L’assenza dell’ormone provoca infatti un aumento della produzione di renina, che attiva nuovo angiotensinogeno – il precursore di tutti i peptidi delle reazioni successive – annullando del tutto o in parte l’effetto della terapia.

ALN-AGT01 riduce l’espressione dell’angiotensinogeno ma solo nel fegato, poiché presenta una elevata affinità per gli epatociti. Non influenza invece quello prodotto dai reni, che è fondamentale per il loro funzionamento.

LO STUDIO CLINICO

Il trial di Fase I è stato condotto nel Regno Unito con un protocollo randomizzato in doppio cieco con placebo e ha visto la partecipazione di 107 pazienti con ipertensione. Un gruppo ha ricevuto una singola somministrazione del farmaco, gli altri un placebo. Tutti i pazienti sono stati monitorati per 24 settimane.

I risultati, pubblicati su The New England Journal of Medicine, sono stati positivi: solo 5 pazienti hanno riportato effetti collaterali di lieve entità, per lo più legati a reazioni locali nel sito di iniezione. Non sono stati segnalati, invece, casi di ipotensione o di compromissione della funzionalità renale. I pazienti trattati con una singola dose di zilebesiran (superiore ai 200 mg) hanno mostrato una riduzione nei valori di pressione sanguigna (più di 10 mm Hg la sistolica e più di 5 mm Hg la diastolica) fino a 24 settimane e una parallela riduzione dei valori sierici di angiotensinogeno.

Lo studio ha interessato solo un piccolo numero di pazienti, che sono stati monitorati per un tempo limitato e non sufficiente a escludere con certezza la comparsa di possibili effetti collaterali nel lungo termine. Ma grazie a una partnership con l’azienda Roche – che finanzierà la sperimentazione del farmaco e (si spera) la sua commercializzazione – Alnylam si sta preparando a testare il farmaco su un numero più cospicuo di pazienti in un trial di Fase II sia come monoterapia (KARDIA-1) sia in associazione con i trattamenti antipertensivi standard (KARDIA-2).

UNA SOLUZIONE PER L’ADERENZA TERAPEUTICA

Esistono già numerosi farmaci antipertensivi sul mercato, ma nonostante la loro efficacia sia ormai ben consolidata, il numero di persone con ipertensione non controllata è in aumento e solo il 40-50% dei pazienti raggiunge i valori di pressione raccomandati dalle linee guida. Uno dei problemi è che la metà dei pazienti assume i farmaci in maniera intermittente o addirittura smette di prenderli. Dimenticare di prendere la pillola per la pressione ogni giorno può aumentare il rischio di infarto del 40%.

Alla luce della scarsa aderenza dei pazienti alla terapia, un farmaco come zilebesiran, che con una singola somministrazione produce risultati che durano fino a 6 mesi, potrebbe portare finalmente a una inversione di rotta, aumentando il numero dei pazienti che riescono a controllare in maniera efficace la loro condizione.

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