La terapia è stata assunta dalla madre in gravidanza e, a due anni e mezzo dalla nascita, la bambina non presenta sintomi della malattia. Un risultato che segna una possibile svolta nelle terapie prenatali
Per la prima volta nella storia della medicina, una bambina affetta da una grave forma di atrofia muscolare spinale (SMA) è stata trattata con successo mentre era nel grembo materno con una terapia somministrata alla madre. La bambina ha poi iniziato ad assumere lo stesso farmaco pochi giorni dopo il parto e probabilmente continuerà ad assumerlo per tutta la vita. Risdiplam (nome commerciale Evrysdi), un oligonucleotide antisenso (ASO) che agisce a livello dell’RNA messaggero e che è in commercio da qualche anno per il trattamento della SMA, sembra essere stato efficace anche se assunto dalla madre in gravidanza: la bambina, infatti, non presenta i sintomi della malattia. La Food and Drug Administration statunitense ha approvato l’approccio sperimentale solo per questo caso, ma i risultati da poco riportati sul The New England Journal of Medicine sottolineano l’importanza di un trattamento precoce e aprono le porte a nuove possibilità per il futuro.
LA SMA E LE TERAPIE DISPONIBILI
L’atrofia muscolare spinale è una patologia genetica rara che colpisce i motoneuroni, le cellule responsabili del controllo dei movimenti. Questa malattia porta a una progressiva debolezza muscolare e, nelle forme più gravi, rappresenta una delle principali cause genetiche di morte infantile. La SMA è causata dalla mancanza del gene SMN1, essenziale per la produzione della proteina necessaria alla sopravvivenza dei motoneuroni. Il gene SMN2 può parzialmente compensare questa mancanza, ma non è sufficiente nei casi più severi.
Se fino a qualche anno fa il trattamento era solo sintomatico, negli ultimi anni sono stati sviluppati tre farmaci in grado di trattare la SMA. Tra le terapie innovative ci sono la terapia genica onasemnogene abeparvovec (Zolgensma), autorizzata per le diagnosi di SMA di tipo 1 e di tipo 2, e i due oligonucleotidi antisenso, nusinersen e risdiplam. Entrambi agiscono sul meccanismo di splicing dell’RNA messaggero, permettendo la produzione di proteine funzionali anche se non complete (ne avevamo parlato qui). Tutte e tre sono attualmente autorizzate solo per l’assunzione dopo la nascita.
A fine gennaio, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha esteso le indicazioni di risdiplam, approvando il trattamento per i bambini affetti da atrofia muscolare spinale di tipo 1, 2 o 3 oppure aventi da 1 a 4 copie di SMN2 anche al di sotto dei due mesi di vita. La Commissione europea aveva autorizzato l’estensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio già nel 2023 e ora anche in Italia i piccoli pazienti potranno beneficiare del trattamento fin dalla nascita.
IL TRATTAMENTO PRENATALE CON RISDIPLAM
Risdiplam, l’unico farmaco per la SMA che prevede un’assunzione orale (sotto forma di sciroppo), è una piccola molecola che modula la trasduzione del gene SMN2 da DNA a RNA messaggero maturo, permettendo la produzione di una maggiore quantità della proteina SMN e, di conseguenza, riducendo i sintomi della SMA e rallentando la degenerazione della malattia.
In questo caso pionieristico, la decisione di iniziare il trattamento in utero è partita dai genitori della bambina, che avevano già perso un figlio a causa della SMA. La diagnosi è stata confermata mediante test genetici prenatali, che non hanno rilevato copie del gene SMN1 ma due copie di SMN2. Grazie a un’autorizzazione speciale della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, alla madre è stato somministrato risdiplam per sei settimane a partire dalla 32esima settimana di gravidanza. Il farmaco è stato assunto quotidianamente dalla madre, permettendo il suo passaggio attraverso la placenta al feto. Studi precedenti avevano già dimostrato la capacità del risdiplam di attraversare la barriera placentare, fornendo così un razionale per il trattamento sperimentale.
Durante il trattamento, la madre è stata monitorata settimanalmente per valutare eventuali effetti collaterali e per controllare lo sviluppo del feto tramite ecografie e analisi specifiche. Il farmaco ha continuato ad essere somministrato alla bambina a partire dall’ottavo giorno di vita e proseguirà probabilmente per tutta la sua esistenza. Le analisi condotte al momento della nascita hanno confermato che il farmaco era riuscito a raggiungere il feto, aumentando i livelli della proteina SMN e riducendo i danni ai motoneuroni. L’efficacia della terapia è stata valutata anche attraverso biomarcatori specifici nel sangue e nel liquido amniotico, dimostrando un incremento significativo della proteina SMN rispetto ai neonati non trattati prima della nascita.
LO SCREENING NEONATALE PER LA SMA
Purtroppo, lo screening neonatale per la SMA non è ancora universalmente previsto. Oggi in Italia sono 49 le patologie sottoposte a screening, ma ce ne sono altre che hanno i requisiti per essere integrate nel panel nazionale dello screening neonatale esteso (SNE). Tra queste c’è proprio l’atrofia muscolare spinale. Sono solo 13 le Regioni italiane in cui è attualmente attivo lo screening neonatale per la SMA, la disparità è frutto della politica territoriale e delle tempistiche richieste dalla politica, che ormai dal 2021 rimandano l’attuazione della proposta di inserimento, che risulta ancora ferma.
UN SINGOLO CASO, UNA SPERANZA PER MOLTI ALTRI
La neonata appariva sana alla nascita, poi è stato identificato un soffio al cuore, che si è risolto. Presenta anche un’acuità visiva ridotta e altri sintomi collegati allo sviluppo – nessun altro disturbo genetico è stato identificato – ma non sono presenti caratteristiche della SMA. A due anni e mezzo, la bambina mostra uno sviluppo muscolare normale e non presenta sintomi della malattia, un risultato senza precedenti per un caso così grave.
Anche se si tratta di un singolo caso, questa esperienza apre nuove possibilità per la medicina prenatale. Studi futuri potrebbero valutare l’efficacia di trattamenti simili in altri bambini affetti da SMA e da altre patologie genetiche per cui i trattamenti postnatali sono insufficienti. Tutto questo è stato possibile perché la diagnosi è stata fatta ancor prima della nascita, cosa che accade solo quando ci sono stati altri casi in famiglia e vengono fatti i dovuti accertamenti. Altrimenti, per ottenere la diagnosi prima della nascita, è necessario sottoporsi a test diagnostici prenatali, come la villocentesi e l’amniocentesi. Questo rappresenta un grosso limite nell’applicazione di questo approccio, ma per il momento non è questo il focus di interesse, essendoci un solo caso studio a cui fare riferimento.
Questo caso rappresenta una pietra miliare nella lotta contro l’atrofia muscolare spinale e potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico a molte malattie genetiche. Sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare l’efficacia del trattamento prenatale su larga scala, il successo ottenuto offre una speranza concreta: un singolo caso non può essere generalizzato ma può supportare gli studi sul trattamento prenatale con risdiplam per la SMA identificata durante la gravidanza.