Due pazienti affetti da leucemia linfatica cronica, infusi con cellule CAR-T anti CD19 (CTL019) nel 2010, sono ancora in remissione da malattia
Sono passati oltre dieci anni da quando Doug Olson si sottopose a quella che al tempo era ancora una cura sperimentale: la terapia CAR-T. Fu infatti, uno dei due pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) che nel 2010 ricevette un’infusione di cellule CAR-T anti-CD19 (CTL019) come previsto dallo studio clinico di Fase I in cui venne arruolato. La remissione completa della malattia fu osservata a pochi mesi dal trattamento per entrambi i pazienti e oggi, a distanza di un decennio, non solo la LLC non è ricomparsa – tanto da spingere i ricercatori a parlare di “cura” vera e propria – ma nel sangue dei pazienti sono state rintracciate cellule CTL019 in grado di proliferare e uccidere le cellule tumorali. Lo racconta uno studio appena pubblicato su Nature che porta la firma di Carl June, professore dell’Università della Pennsylvania e pioniere delle terapie CAR-T.
CELLULE CAR-T “SENTINELLE”
“Le cellule CTL019 sono ancora rilevabili oltre dieci anni dopo l'infusione, con una remissione prolungata in entrambi i pazienti”, scrivono gli autori del lavoro. “In particolare, in entrambi i pazienti è emersa una popolazione CD4+ altamente attivata, dominante nella popolazione di cellule CAR-T”. La ricerca è importante perché se l’efficacia di queste innovative terapie geniche è ormai nota, con remissioni della malattia in pochi mesi dal trattamento, mancano ancora dati sugli effetti a lungo termine né era stata studiata la stabilità e le caratteristiche delle cellule CAR-T nel tempo.
“È stata una sorpresa vedere che le cellule CTL019 dieci anni dopo l’infusione sono ancora in grado di eliminare le cellule tumorali” hanno Carl June al The Guardian. “Non sappiamo se siano state tutte eliminate nelle tre settimane successive all’infusione della terapia o se negli anni sono ricomparse e le cellule CAR-T le abbiano uccise di volta in volta. Ma quello che ora sappiamo è che le cellule ingegnerizzate restano ‘di pattuglia’, persistono e sono funzionali”.
I RISULTATI DEL LAVORO
Più in dettaglio, gli autori dello studio raccontano che il picco di espansione delle cellule CTL019 nel “paziente 1” si è verificato il terzo giorno dall’infusione e al trentunesimo giorno nel “paziente 2”, probabilmente a causa della differenza della dose di infusione quasi 78 volte inferiore nel secondo paziente.
Utilizzando particolari tecniche di laboratorio (“approcci multi-omici di massa e unicellulari”) sono riusciti poi a ricostruire “il destino” delle cellule CTL019 in diversi momenti temporali. Il più recente ha mostrato che dieci anni dopo l'infusione per il paziente 1 e nove anni dopo l'infusione per il paziente 2, le cellule CTL019 rimanevano rilevabili e rappresentavano rispettivamente lo 0,8% e lo 0,1% di tutte le cellule T. Un’altra tecnica – la PCR quantitativa – ha confermato la presenza di CTL019 in entrambi i pazienti in tutti i momenti temporali esaminati, mentre altri test hanno suggerito che le cellule CAR-T a lunga persistenza rimanevano funzionalmente attive e non si esaurivano. Allo stesso tempo i ricercatori hanno rilevato l’assenza delle cellule leucemiche oltre tre anni dopo l'infusione.
“Un decennio fa la terapia a base di cellule CAR-T era studiata da un numero molto ristretto di scienziati ed era considerato un approccio marginale, con poche chance di funzionare”, ha commentato Martin Pule, direttore del programma CAR-T cell dell'UCL Cancer Institute, che ha definito lo studio pubblicato su Nature una pietra miliare. “Il lavoro mostra che le CAR-T possono portare in remissione per un decennio pazienti con tumori che non rispondono più alla chemioterapia”.
TUMORI SOLIDI
Questi risultati incoraggiano, per la prima volta, i ricercatori a parlare di guarigione vera e propria per alcuni tumori del sangue grazie alle terapie CAR-T, e non solo di remissione dei sintomi. Per averne ulteriore conferma bisognerà aspettare ancora qualche anno, quando gli scienziati avranno a disposizione ancora maggiori dati sul lungo periodo.
Intanto la prossima frontiera su cui sono impegnati molti gruppi di ricerca è lo sviluppo di terapie CAR-T efficaci anche contro i tumori solidi. Un obiettivo che si sta rivelando difficile perché i tumori solidi tendono a circondarsi di cellule, proteine e altre molecole (il cosiddetto “microambiente tumorale”) che impedisce ai linfociti T di penetrare e arrivare fino alle cellule cancerogene. Sono in via di sperimentazione però alcune cellule CAR-T di seconda generazione – tra cui una presso l'UCL Cancer Institute – progettate per riconoscere il tumore e resistere al microambiente.
Nel frattempo però, grazie ai risultati raggiunti dalle terapie CAR-T nel campo dei tumori liquidi, Doug Olson oggi conduce una vita normale e può dedicarsi a passioni sportive come correre le mezze maratone.
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