Davide Petruzzelli

I risultati preliminari di due trial, presentati a fine maggio al Congresso Mondiale ASCO, supportano l’efficacia delle CAR-T contro forme di malattia recidivanti o refrattarie al trattamento.

Quando il grafico dell’elettroforesi proteica mostra un tracciato anomalo al quale si accompagna il commento “sospetta componente monoclonale” è opportuno pianificare una serie di esami di approfondimento perché incombe il rischio di trovarsi al cospetto di un mieloma multiplo. Questo raro tumore maligno – che sarà protagonista della 15° edizione della Giornata Nazionale per la lotta contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma che si celebrerà domenica 21 giugno - colpisce il midollo osseo e risulta associato ad elevati tassi di recidiva i cui esiti nella quasi maggioranza dei casi sono infausti. Ecco perché è stato accolto con ottimismo e speranza l’annuncio dei risultati positivi ottenuti in due studi clinici in cui sono state impiegate le terapie CAR-T.

Le terapie avanzate a base di linfociti T geneticamente ingegnerizzati, note come CAR-T, sono già protagoniste della lotta contro forme recidivanti o refrattarie di leucemia linfoblastica acuta e di linfoma diffuso a grandi cellule B. Ne sono un chiaro esempio Kymriah e Yescarta, autorizzate in Europa nel 2018 e disponibili in Italia dalla seconda metà del 20919. Anche se il loro impiego contro alcune forme di linfoma mantellare e una possibile futura applicazione contro diverse tipologie di tumori solidi stanno allargando gli orizzonti dei medici e dei pazienti che riconoscono in questo tipo di immunoterapia un cambio di passo rispetto a tutte quelle che l’hanno preceduta.

All’ultimo Congresso Mondiale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), svoltosi in versione virtuale dal 29 al 31 maggio, sono stati presentati due abstract che riassumono i risultati dei rispettivi studi clinici - CARTITUDE-1 e KarMMa - condotti con una innovativa forma di terapia CAR-T rivolta contro l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) espresso dalle plasmacellule, la cui incontrollata proliferazione neoplastica è la cifra distintiva del mieloma. Il bersaglio delle cellule CAR-T ingegnerizzate corrisponde alla componente cruciale del meccanismo stesso con cui operano questi linfociti T istruiti a distruggere le cellule cancerose. Nelle terapie già approvate contro linfoma e leucemia il bersaglio è di norma costituito dall’antigene CD19, espresso sulla superficie dei linfociti malati, ma in questo caso i ricercatori si sono orientati su un antigene delle plasmacellule, sperando che ciò possa arginare il processo proliferativo tipico della malattia. Vediamo più nello specifico i risultati delle due sperimentazioni.

CARTITUDE-1
Lo studio di Fase Ib/II CARTITUDE-1 ha l’obiettivo di valutare l’efficacia e la sicurezza di Jnj-4528, una terapia a base di CAR-T sviluppata dall’azienda farmaceutica Janssen, per il trattamento di pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante o refrattario. Lo studio - multicentrico, in aperto, a singolo braccio di intervento - ha preso il via circa due anni fa e si prevede sarà completato entro il 2021 ma, nel frattempo, il Congresso ASCO si è rivelato la miglior occasione per fornire un aggiornamento sui primi risultati disponibili. Secondo quanto riportato dagli autori sono già stati arruolati 29 pazienti (l’86% dei quali aveva già affrontato 3 programmi terapeutici e il 31% addirittura 5) e tutti hanno mostrato una risposta al trattamento.

Jnj-4528 rappresenta una terapia sperimentale costituita da cellule T che esprimono un recettore chimerico (CAR), diretto verso l’antigene BCMA che è fortemente espresso a livello delle plasmacellule, protagoniste della proliferazione mielomatosa che contraddistingue questo tipo di tumore. Anche se l’iniziale trattamento può condurre ad una remissione, le probabilità di recidiva rimangono elevatissime. Infatti non è infrequente trovarsi di fronte a forme recidivanti o refrattarie alle terapie per cui, ad oggi, non esiste una cura definitiva. In questo panorama, le CAR-T rappresentano i migliori candidati per offrire una soluzione risolutiva ma è necessario attendere la conclusione dei trial clinici.

I risultati presentati dal prof. Jesus Berdeja, direttore del Multiple Myeloma Research presso il Sarah Cannon Research Institute di Nashville, mostrano un tasso di risposta complessiva del 100% con raggiungimento di una risposta completa stringente a una mediana di 11,5 mesi nel 76% dei casi, di una risposta parziale buona nel 21% dei casi e di una risposta parziale nel restante 3%. Ventisei pazienti su ventinove sono attualmente liberi da progressione di malattia con un tasso di sopravvivenza a 6 mesi del 93% e con una risposta ancora in corso dopo 15 mesi. Gli eventi avversi più segnalati sono stati rispettivamente la neutropenia (100%), la sindrome da rilascio delle citochine (93%) e la trombocitopenia (93%).

KarMMa
I primi riscontri dello studio CARTITUDE-1 sono dunque incoraggianti e mostrano una risposta duratura con effetti collaterali gestibili. Ma quella di Janssen non è la sola terapia a base di CAR-T rivolta contro il mieloma perché Bristol Myers Squibb e bluebird bio, nel corso del medesimo Congresso ASCO, hanno presentato i risultati preliminari dello studio KarMMA, incentrato su decabtagene vicleucel (ide-cel; bb2121), terapia sperimentale anch’essa rivolta ai pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante e refrattario.

Analogamente a Jnj-4528, anche Ide-cel sfrutta le cellule T autologhe dirette contro BCMA: l’aggancio di Ide-cel al recettore BCMA presente sulle cellule cancerose induce la proliferazione dei linfociti T potenziati, che possono così distruggerle. KarMMA è uno studio clinico multicentrico, in aperto, a braccio singolo, di Fase II all’interno del quale si stanno valutando la sicurezza l’efficacia di Ide-cel nei pazienti adulti colpiti da forme recidivanti o refrattarie di mieloma multiplo. Oltre al trial KarMMA - la cui conclusione è prevista per il 2024 - il programma di sviluppo clinico per questa nuova terapia si articola su altri tre studi clinici, KarMMa-2, KarMMa-3 e KarMMa-4, che si rivolgono anche al mieloma multiplo di nuova diagnosi.

I dati preliminari presentati all’ASCO sono stati ricavati da 128 pazienti precedentemente sottoposti a una media di 6 trattamenti comprendenti l’uso di agenti immunomodulatori, di inibitori del proteasoma e di anticorpi anti-CD38. Secondo i criteri stabiliti dall’International Myeloma Working Group (IMWG) - che includono o una mancata risposta o una progressione di malattia a 60 giorni dall’inizio del trattamento - l’84% degli individui in studio è risultato refrattario a tutte e tre le linee terapeutiche e il 94%, invece, era refrattario alla terapia con anticorpo anti-CD38. I ricercatori hanno osservato un tasso di risposta globale del 73% con un 33% dei pazienti che ha prodotto una risposta completa. Infine, il dott. Nikhil C. Munshi, del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, ha segnalato una durata mediana della risposta di 10,7 mesi che è salita a 19 mesi negli individui con una risposta completa alla terapia. Anche in questo caso, gli eventi avversi riportati sono stati soprattutto la citopenia e la sindrome da rilascio delle citochine.

Analogamente a quanto emerso dall’elaborazione dei dati di CARTITUDE-1, anche gli esiti dello studio KarMMA depongono a favore dell’uso delle terapie CAR-T contro il mieloma multiplo refrattario o in recidiva, con risposte profonde e durature. Fonte di grande speranza per la comunità dei pazienti. “Le CAR-T rappresentano un cambio paradigmatico nel trattamento del mieloma, una patologia con caratteristiche peculiari e da cui sembra impossibile guarire”, precisa Davide Petruzzelli, coordinatore di F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche, primo network nazionale che riunisce le associazioni di pazienti con tumori del sangue. “Attualmente l’aspettativa di vita per i pazienti affetti da mieloma multiplo, seppur negli ultimi anni sia sensibilmente aumentata in termini quantitativi e qualitativi, rimane limitata. Queste nuove terapie potranno condurre a un cambiamento dello scenario ma occorre essere cauti, attendere i risultati definitivi e creare il giusto substrato informativo, spiegando bene come agisce il farmaco e quali categorie di pazienti ne potranno beneficiare”.

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