Linfociti T e cellula tumorale

Uno studio clinico presentato al Convegno Annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR) suggerisce un’innovativa via per potenziare l’azione delle terapie CAR-T 

Se c’è un motivo per cui ancora si ricorda l’Inferno di cristallo, film catastrofico ad alto contenuto di effetti speciali uscito in sala nel Natale del 1974, è che riuscì a riunire davanti alle cineprese i due divi dell’epoca, Paul Newman e Steve McQueen. Esattamente ciò che accadde sette anni più tardi quando le voci di Freddy Mercury e David Bowie diedero vita a Under Pressure. In campo scientifico è uno studio clinico presentato nel corso del Convegno Annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR) ad aver unito due dei più promettenti filoni di ricerca nel campo delle innovazioni biomediche: le cellule CAR-T e i vaccini a mRNA. Il bersaglio comune sono i tumori solidi.

Svoltosi a New Orleans, nella prima metà del mese di aprile, il convengo dell’AACR ha ospitato i maggiori ricercatori in campo oncologico che hanno esposto ai colleghi i risultati da loro ottenuti nella lotta ai tumori. Fra di essi c’era anche il dott. John Haanen, oncologo del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam e ricercatore nel campo dell’immunoterapia, che ha sviluppato un interessante protocollo di studio basato sulla combinazione di terapie a base di cellule CAR-T e vaccini a mRNA per contrastare alcune neoplasie solide. I presupposti di trovare nuove strategie sono ormai noti: la presenza degli antigeni da usare come bersaglio delle CAR-T, tanto sui tessuti sani che su quelli neoplastici, e l’ampio ventaglio di scelta rendono complicato sviluppare terapie a base di CAR-T davvero efficaci nel combattere i tumori solidi. Inoltre, l’elevato tasso di cambiamento degli antigeni nel corso della progressione tumorale e la difficoltà di penetrare all’interno delle masse tumorali concorrono a ridurre l’efficacia delle CAR-T, che si trovano così ad aver bisogno di un “supporto” alla loro azione. 

Un tale supporto potrebbe provenire proprio dai vaccini a mRNA il cui sviluppo ha raggiunto l’apice nel contesto della pandemia da COVID-19 ma la cui storia - raccontata da OTA qui e anche nella puntata dedicata all’RNA del podcast “Reshape – un viaggio nella medicina del futuro” - è cominciata almeno tre decenni fa. I vaccini a mRNA, come quelli prodotti da BioNTech e Moderna, hanno mostrato di possedere solide potenzialità in svariati contesti clinici e, nel protocollo messo a punto da Haanen e dai suoi colleghi, potrebbero rivelarsi vincenti addirittura contro i tumori solidi.

Il condizionale è sempre d’obbligo, infatti la ricerca è stata condotta in modelli di studio preclinici. I ricercatori hanno studiato la combinazione di un vaccino a mRNA codificante per la proteina CLDN-6 e una terapia CAR-T che prende di mira proprio la stessa CLDN-6, espressa in maniera specifica sui tessuti di tumori solidi come quello dei testicoli, delle ovaie e dell’endometrio ma non nei corrispettivi sani. Praticamente il vaccino a mRNA agirebbe come un sistema di puntamento per le CAR-T, favorendo così il riconoscimento e l’uccisione delle cellule tumorali.

Su queste premesse è stato progettato uno studio clinico di Fase I/II, sponsorizzato proprio da BioNTech, volto a valutare la sicurezza e l’efficacia preliminare di BNT211: il primo trattamento nato per coniugare CAR-T e vaccini a mRNA. Secondo quanto pubblicato in un comunicato stampa diffuso dall’AACR durante il convegno, i partecipanti al trial clinico (ancora in fase di arruolamento) sono pazienti affetti da tumori solidi avanzati, recidivanti o refrattari, positivi per l’antigene CLDN-6. Lo studio è stato suddiviso in due parti per favorire le opportune ricerche della dose ottimale di terapia: le CAR-T sono state somministrate in monoterapia (nella prima parte di studio) o in combinazione con il vaccino a mRNA CARVac (nella seconda parte di studio). In quest’ultimo caso, il principio di studio è che le cellule immunitarie interagiscano con il vaccino e inizino a produrre la proteina CLDN-6 mostrandola alle CAR-T precedentemente somministrate e già in circolo nell’organismo. In tal modo i linfociti T ingegnerizzati possono attivarsi e colpire le cellule tumorali.

Nel corso della sua presentazione, Haanen ha dichiarato sono già stati trattati 16 pazienti (ma solo su 14 è stato possibile valutare l’efficacia del trattamento a sei settimane dall’infusione) sui 96 totali previsti dal disegno del trial ed è stato osservato un tasso di risposta complessivo di quasi il 43%. Circa il 40% dei pazienti ha sviluppato una sindrome da rilascio di citochine gestibile senza alcun segno di neurotossicità, confermando la sicurezza del trattamento. Ovviamente si tratta di risultati preliminari che dovranno trovare conferma nel proseguimento del studio clinico, e in successivi altri protocolli di studio, ma le potenzialità di questo approccio stanno già facendo il giro del mondo suscitando varie e diverse reazioni nella comunità degli oncologi. E non solo.

Non è la prima volta che una ricerca abbina diverse terapie avanzate - spesso la terapia genica e la terapia cellulare si sono complementate nello sviluppo di prodotti mirati contro certe patologie - ma la sinergia tra un vaccino a mRNA e le CAR-T è di quelle destinate a far parlare. Specialmente in forza della maggior espansione e dell’aumentata persistenza delle cellule CAR-T nel circolo sanguigno dei pazienti permessa dal vaccino. Sebbene ci sia ancora molto da indagare, questo studio potrebbe spalancare la porta di una nuova realtà definita dal potenziamento delle terapie geniche e cellulari, ma prima sarà necessario rispondere a delle domande che già stanno emergendo in merito alla durata di tale effetto e alla eventuale necessità di unire alle CAR-T l’uso di altri farmaci immunoterapici.

Comunque, in qualsiasi modo lo si affronti questo studio è destinato a lasciare un segno. Proprio come certi film o certe canzoni.

Con il contributo incondizionato di

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