Il taglio del cordone ombelicale è una procedura che sancisce il distacco del bambino dalla madre e l’inizio della sua vita autonoma: il cordone e la placenta vengono eliminati, ma sono tessuti estremamente preziosi perché rappresentano una sorgente di cellule staminali emopoietiche che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo di trattamenti contro il cancro. Lo testimonia il lavoro dei ricercatori della Fondazione Tettamanti presso l’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, i quali sono riusciti ad ottenere dal sangue del cordone ombelicale le cellule necessarie a realizzare le CAR-CIK, una classe di linfociti T ingegnerizzati in maniera da aggredire alcuni tumori ematici resistenti alle terapie, fra cui la leucemia linfoblastica acuta.
Il 2025 di Nature è iniziato con un editoriale dal titolo “C’è bisogno di parlare di editing del genoma umano” in cui si sottolinea la necessità di iniziare a parlare di cosa potrebbe accadere se le tecnologie di editing genomico più complesse diventassero disponibili, cosa che - stando alle previsioni - potrebbe accadere in pochi decenni. Infatti, è stato pubblicato uno studio secondo cui l’editing poligenico - cioè la modifica di più varianti genetiche in contemporanea - nel genoma di embrioni umani e cellule germinali dovrebbe essere realizzabile entro 30 anni. Se a questo aggiungiamo il ritorno di He Jiankui, lo scienziato che nel 2018 annunciò la nascita di due gemelline i cui genomi erano stati modificati per renderle immuni all’HIV, e le nuove linee guida per l’editing in Sudafrica, le cose di cui parlare sono davvero molte.
Circa 500 milioni di anni fa la vita sulla Terra ha attraversato una fase di rapida diversificazione che ha portato alla formazione di strutture biologiche complesse e alla comparsa di nuovi gruppi di organismi. Questo evento cruciale per l’evoluzione è entrato nell’immaginario con una forza tale da diventare metafora. “CAR nel 2025: continua l’esplosione del Cambriano”, in effetti, è il titolo scelto da Michel Sadelain per la lezione ospitata al Summit virtuale di GEN (Genetic Engineering & Biotechnology News) lo scorso 29 gennaio. La branca dell’immunoterapia più in voga, quella che utilizza i linfociti T ingegnerizzati per attaccare in modo efficiente e selettivo le cellule tumorali, vive una fase di boom che promette di moltiplicare approcci e applicazioni.
Difficile da raggiungere e ben protetto, il cervello umano rappresenta l’elaboratore di ogni esperienza e la sede di produzione del pensiero che ci identifica e caratterizza come specie. Risulta dunque naturale che un organo così prezioso sia isolato dietro una struttura - la barriera emato-encefalica (BEE) - che regola in maniera selettiva il passaggio di sostanze da e verso di esso. Tuttavia, l’esistenza stessa della BEE implica una maggior difficoltà di far arrivare molecole terapeutiche alle strutture dell’encefalo quando queste sono prese di mira da forme neoplastiche aggressive, come il glioblastoma. Un tale vincolo interessa anche i trattamenti più innovativi - fra cui le CAR-T - ma alcuni ricercatori dell’Università della California hanno forse trovato il modo di aggirare l’ostacolo, la strategia è stata descritta in un articolo pubblicato su Science a fine 2024.
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