Una panoramica sulle sperimentazioni cliniche in corso, con particolare attenzione a quelli che coinvolgono l’Italia. L’intervista alla prof.ssa Marika Pane (NeMO Pediatrico, Roma)
La terapia genica è stata tra i protagonisti della XXI Conferenza Internazionale sulla distrofia muscolare di Duchenne e Becker (DMD e BMD), organizzata dall’associazione Parent Project e tenutasi a metà febbraio a Roma. Un evento annuale che riunisce clinici, ricercatori, famiglie e pazienti, proveniente da diversi Paesi e che fa il punto della situazione sullo stato della ricerca, dello sviluppo di terapie e della gestione di questa rara malattia che causa una degenerazione del tessuto muscolare. Essendo la DMD causata da mutazioni sul DNA, gli approcci terapeutici che mirano a correggerle o a compensarle, come la terapia genica, sono quelli dalle aspettative più alte, motivo per cui gli studi in questo ambito proseguono su più vie e sono in diverse fasi di sperimentazione clinica. Durante la conferenza è stato anche annunciato l’avvio di un nuovo trial clinico che coinvolgerà l’Italia. Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Marika Pane, Direttore Clinico dell’U.O.C. NeMO Pediatrico - Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
DALLA DISTROFINA ALLA TERAPIA GENICA
Con una ereditarietà legata al cromosoma X, la distrofia muscolare di Duchenne è una malattia rara e degenerativa che colpisce tutti i muscoli, compresi il diaframma e il cuore. Proprio perché il difetto genetico si trova sul cromosoma X, questa patologia colpisce prevalentemente i maschi, mentre le femmine sono portatrici sane. È la forma di distrofia muscolare più grave e conduce alla perdita della deambulazione e dell’autonomia nell’adolescenza, con la successiva comparsa di insufficienza cardiaca e respiratoria che portano ad una morte precoce. Sebbene negli ultimi anni l’aspettativa di vita sia notevolmente migliorata grazie ad una gestione multidisciplinare della malattia, ad oggi non esiste ancora nessuna terapia efficace.
Il gene responsabile è quello che codifica per la distrofina, una proteina che si trova nei muscoli, fa da collegamento tra i filamenti contrattili e la membrana, e che ha il ruolo fondamentale di ammortizzatore durante la contrazione muscolare. Quando questa proteina manca o non funziona correttamente, si innesca un meccanismo di danno cellulare che porta alla formazione di tessuto cicatriziale che intacca la funzionalità del muscolo e che con il tempo porta al quadro clinico degenerativo. La terapia genica è ideata per trasportare una copia funzionale del gene della distrofina nelle cellule muscolari così da sopperire al difetto, ma le enormi dimensioni del gene (il più grande del nostro DNA) non permettono che possa essere veicolato dai vettori virali normalmente utilizzati per questo tipo di approccio. Per questo motivo, diversi anni fa, la comunità scientifica ha pensato di puntare ad una forma ridotta della distrofina ma funzionante: la micro o mini-distrofina.
SRP-9001: UNA TERAPIA, CINQUE TRIAL
La terapia genica sperimentale SRP-9001 (delandistrogene moxeparvovec, nome commerciale Elevidys) si basa sull’utilizzo di un vettore virale adeno-associato che mira a trasportare le informazioni necessarie per consentire la produzione della cosiddetta microdistrofina. Si tratta di una terapia “one shot” che viene somministrata per via endovenosa (in vivo). La strategia terapeutica è stata ideata da Jerry Mendell e Louise Rodino-Klapac al Nationwide Children’s Hospital negli Stati Uniti (ne abbiamo parlato qui) e sviluppata insieme a Sarepta Therapeutics.
Elevidys, pur essendo ancora in valutazione in diversi studi clinici, è già stata autorizzata negli Stati Uniti per la somministrazione ai pazienti DMD deambulanti di età compresa tra i 4 e i 5 anni. Al di là dell’approvazione, sono ben cinque i trial che vedono questa terapia genica come protagonista: EMBARK, ENVISION, ENDEAVOR, EXPEDITION e ENVOL. I primi 4 sono finanziati da Sarepta e condotti da Sarepta con la collaborazione di Roche, mentre ENVOL è finanziato da Roche e condotto da Roche in collaborazione con Sarepta. Nel 2019, infatti, Roche ha stipulato un accordo con Sarepta secondo il quale la multinazionale svizzera si occupa della commercializzazione al di fuori degli USA.
Il trial clinico EMBARK è di Fase III: è uno studio in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo che ha come obiettivo quello di valutare la sicurezza e l’efficacia della terapia genica. L’arruolamento prevede un totale di 126 pazienti con diagnosi DMD, deambulanti, e di età compresa tra i 4 i 7 anni. Il trial è multicentrico e si svolge in diversi Paesi nel mondo. In Italia i centri coinvolti sono il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, l’Istituto Gaslini di Genova e l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Come raccontato dal prof. Eugenio Mercuri - Direttore del Dipartimento di Scienze della salute della donna, del bambino e di sanità pubblica e Direttore dell’U.O.C. di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma - durante la conferenza, “i risultati emersi sono buoni e i bambini trattati con il farmaco vanno meglio rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo. La North Star Ambulatory Assessment (NSAA) a 12 mesi mostra dati positivi anche se non raggiunge una significatività. A livello di sicurezza, il profilo di questa terapia sembra buono, con pochissimi eventi avversi di tipo severo. I dati a lungo termine – a 4 anni – riguardano i primi 4 bambini testati. All’inizio si nota un miglioramento, ma poi a 4 anni c’è la stabilizzazione. È vero che si spera sempre nel miglioramento continuo, ma la stabilità in una malattia degenerativa come la DMD è un risultato enorme”.
Lo studio clinico ENVOL, avviato da poco e che vede il coinvolgimento del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, è di Fase II e ha lo scopo di valutare la sicurezza e l’espressione di SRP-9001 nei pazienti DMD che non hanno compiuto 4 anni al momento dello screening. “È una sperimentazione piccola, che vede il coinvolgimento di soli 21 pazienti e che al momento coinvolgerà solo una delle coorti di pazienti di una fascia ben specifica d’età. Nel corso dello studio verrà somministrata una dose di terapia genica e poi i pazienti verranno monitorati per circa 5 anni”, spiega la prof.ssa Pane.
Anche ENVISION è uno studio di Fase III, che però vede il coinvolgimento di pazienti di una fascia di età maggiore: infatti, è prevista la partecipazione di 148 pazienti, 28 dei quali deambulanti, di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, e 120 non deambulanti di qualsiasi età. Lo scopo è quello di valutare sicurezza ed efficacia di SRP-9001. “I criteri di inclusione sono specifici, come per tutti i trial clinici: ad esempio un punteggio NSAA tra 12 e 26 e una certa mobilità agli arti superiori. Inoltre, dal punto di vista respiratorio e cardiologico devono esserci parametri buoni, perché altrimenti questo potrebbe inficiare il risultato dello studio”, chiarisce Marika Pane.
Durante la conferenza di Parent Project è stato annunciato che anche l’Italia ha ricevuto l’autorizzazione per l’avvio di questo studio, che vede proprio il coinvolgimento del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. “ENVISION è in partenza e noi siamo il primo centro europeo a partire – continua la prof.ssa – “A fine febbraio abbiamo fatto la Site Initiation Visit (SIV) e stiamo cominciando a contattare i pazienti che avevano i criteri adatti per essere inclusi nella sperimentazione all’ultima visita fatta. È un arruolamento competitivo, però più di 10-15 pazienti non riusciamo a gestire, anche perché qui al Centro NeMO abbiamo 30 trial da portare avanti”. [Il termine “arruolamento competitivo” indica che i centri arruolano in maniere competitiva, cioè che ogni centro mette tutti i pazienti che trova e rispettano i criteri di inclusione e si chiude quando si arriva al tetto massimo a livello internazionale. In altri trial, al contrario, viene stabilito un tetto massimo di arruolamenti a livello locale, N.d.R.]
Lo studio clinico ENDEAVOR è invece di Fase I ed è uno studio in aperto che vuole valutare la sicurezza e l’espressione di microdistrofina prodotta in seguito alla terapia genica nei pazienti DMD. I pazienti, per un totale di 58 persone, saranno suddivisi in 7 gruppi e dovranno avere un’età superiore ai 2 anni. Il monitoraggio arriverà fino a un massimo di 3 anni. La sperimentazione si svolge negli Stati Uniti.
EXPEDITION è uno studio di follow-up a lungo termine che vede coinvolti tutti i pazienti statunitensi che hanno ricevuto la terapia genica SRP-9001 in uno studio clinico precedente. I partecipanti saranno seguiti per 5 anni.
“Da questa terapia ci aspettavamo molto, forse anche sulla scia dei risultati ottenuti con la terapia genica per l’atrofia muscolare spinale. Le nostre aspettative erano alte e i dati sono stati meno entusiasmanti del previsto: ad esempio, pensavamo ci sarebbero stati risultati migliori soprattutto nella fascia d’età 6-7 anni”, prosegue la prof.ssa Pane. “Se si guardano i risultati con una prospettiva diversa qualcosa di buono c’è, ma dal punto di vista prettamente statistico i dati che hanno riportato non sono brillanti come ci aspettavamo”.
PF-06939926: UN’ALTRA TERAPIA GENICA E QUATTRO TRIAL
Fordadistrogene movaparvovec (PF-06939926) è una terapia genica sperimentale, sviluppata da Pfizer, anche in questo caso basata su vettori virali adeno-associati. Gli studi clinici in corso, finanziati dall’azienda produttrice, sono quattro e vanno dalla Fase I a uno studio di follow-up.
Lo studio di Fase I è multicentrico, non randomizzato e a dose crescente e ha lo scopo di valutare la sicurezza e la tollerabilità di una singola somministrazione del farmaco nei pazienti DMD, ma anche l’espressione della minidistrofina e la funzionalità del muscolo. Sono 23 i pazienti che devono essere arruolati: i criteri prevedono che abbiano età superiore ai 4 anni e siano deambulanti o non deambulanti. Si svolge negli Stati Uniti.
DAYLIGHT è uno studio di Fase II che deve valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’espressione della minidistrofina nei pazienti DMD deambulanti compresa tra i 2 e i 4 anni non compiuti. È un trial piccolo, che coinvolge 10 pazienti, e si svolge in Australia e negli Stati Uniti.
Lo studio CIFFREO è di Fase III, in doppio cieco e controllato con placebo, che mira a valutare sicurezza ed efficacia nei pazienti DMD. Lo studio coinvolge 99 pazienti di età compresa tra i 4 e i 7 anni deambulanti e si svolge in diversi Paesi del mondo, tra cui l’Italia (Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma). “Questo è lo studio in cui abbiamo avuto più effetti collaterali gravi: su 10 pazienti a cui è stata somministrata la terapia genica, 3 hanno avuto problemi. Ci sono stati, infatti, due casi di miocarditi gravi e un caso di rabdomiolisi grave, per fortuna risolti. I dati complessivi del trial clinico ancora non li abbiamo visti, per cui questa è solo la nostra esperienza, ma è indubbio che la paura di vedere eventi avversi gravi poi prende il sopravvento anche in noi clinici”, racconta la prof.ssa. “Dopo queste esperienze hanno però deciso di escludere dalla sperimentazione le mutazioni più a rischio di effetti collaterali – quelle dalla 1 alla 17 – e la stessa scelta è stata fatta anche per gli studi condotto da Sarepta e Roche”.
Ultimo, ma non meno importante, è lo studio di Fase III a lungo termine, che vedrà il coinvolgimento di 250 pazienti DMD che hanno partecipato a uno degli studi precedenti. Il monitoraggio è previsto per 10 anni e si svolge negli Stati Uniti.
Oltre a questi trial clinici esistono altri tre studi, attualmente in corso o in fase di avvio, con terapie geniche sperimentali sviluppate da due diverse aziende. Solid Bioscience ha uno studio di Fase I/II in corso e uno in partenza, mentre un altro studio di Fase I/II ha aperto il reclutamento ed è portato avanti da Renexbio. Questi trial clinici si svolgono però solo negli Stati Uniti e sono più indietro rispetto a quelli descritti.
Ormai è un fatto noto che una percentuale molto alta di malattie rare è, purtroppo, orfana di terapie. Molte lo sono anche di studi clinici: la ricerca in questo settore non sempre procede come pazienti, famiglie e clinici vorrebbero. Nel caso della distrofia muscolare di Duchenne la situazione è invece buona: la ricerca è viva, le sperimentazioni ci sono, e su più fronti, e la comunità è coesa. La terapia genica è solo una delle opzioni in valutazione, ma è tra quelle che suscitano più attesa per il suo potenziale intrinseco.
“La terapia genica viene vista come la soluzione per una malattia genetica, ma oggi sappiamo che – pur essendo notevoli i risultati raggiunti nel settore – non è proprio così”, conclude Marika Pane. “Tenere le aspettative a un livello più basso aiuta a valutare meglio i risultati, che a volte possono essere minori rispetto a quanto ci si aspettava all’inizio, ma ciò non vuol dire che siano meno importanti per proseguire nel cammino verso una terapia efficace”.