Organoide retinico

Pubblicata su Cell Stem Cell la prima consensus sulla definizione di organoidi e sulla loro classificazione. Lo scopo è di unificare e accelerare i progressi in questo innovativo settore

Gli organoidi sono uno dei modelli più innovativi in uso nella ricerca biomedica, poiché riproducono in vitro la struttura tridimensionale di organi e tessuti umani. Ma quale è il confine tra una coltura cellulare 3D e un organoide? I ricercatori dell’Università di Utrecht (Olanda) - che è stata anche la culla dei primi organoidi - lo hanno chiesto a più di 60 esperti del settore da tutto il mondo. Le risposte hanno permesso di raggiungere una consensus sul concetto di organoide e di proporre un sistema coerente per la classificazione e nomenclatura. La nuova definizione servirà a rendere più facile lo scambio di informazioni tra gli scienziati, la riproducibilità dei risultati e il progresso scientifico. L’articolo è stato pubblicato lo scorso 6 maggio sulla rivista Cell Stem Cell.

TUTTI I MODELLI 3D SONO ORGANOIDI?

Gli organoidi sono repliche in miniatura di organi e tessuti umani: derivano da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) o da cellule e tessuti adulti, anche di tipo tumorale. Al contrario dei metodi classici di coltura in 2D, un organoide riproduce l’esatta struttura tridimensionale dell’organo originale. Questi modelli hanno trovato largo impiego nella ricerca biomedica, per testare nuovi farmaci o per studiare i processi dell’organogenesi o della cancerogenesi.

Nonostante la loro rapida espansione, però, gli organoidi hanno attraversato negli anni più di una crisi di identità. Non è ancora chiaro, neanche tra gli scienziati, cosa può essere definito "organoide" e cosa sicuramente non lo è. Senza regole precise, fino ad ora chiunque era libero di chiamare organoide qualsiasi modello cellulare a tre dimensioni. Secondo la nuova definizione, invece, molti di quelli che in passato venivano classificati come organoidi, oggi non lo sarebbero più.

LA CONSENSUS

L’idea è partita dall’Università di Utrecht, che è anche il luogo in cui, nel 2009, lo scienziato Hans Clevers ha coltivato in laboratorio il primo organo in miniatura. Un gruppo di ricercatori coordinato da Bart Spee, professore della facoltà di medicina veterinaria, ha preparato un questionario da somministrare ai maggiori esperti di organoidi di tutto il mondo. Lo scopo era raccogliere più contributi possibili per formulare una nuova definizione, più precisa e condivisa, di cosa sia un organoide. L’adesione è stata molto alta: hanno risposto 65 scienziati da 16 diversi Paesi, l’85% degli interpellati.

Cosa è dunque un organoide? Secondo la nuova definizione, un organoide è costituito da cellule primarie, ossia derivate direttamente dalla dissociazione di un tessuto, sano o malato (ad esempio da un tumore). Non sarebbero quindi classificabili come organoidi i sistemi cellulari a tre dimensioni derivati da linee cellulari, ossia da cellule che sono state isolate da un tessuto ma che hanno subito moltissimi passaggi in vitro fino ad acquisire caratteristiche omologhe e standardizzate, anche tra laboratori diversi. Le linee cellulari sono più facili da coltivare in laboratorio rispetto alle cellule primarie, ma non rappresentano le differenze naturali che esistono tra gli individui. Non consentono quindi ai ricercatori di testare se determinate terapie funzionano su gruppi specifici di pazienti.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANOIDI

I ricercatori hanno anche proposto un sistema per la classificazione e nomenclatura degli organoidi, sulla base di caratteristiche precise: quanti e quali tipi di cellule li compongono e come interagiscono tra di loro, quale è il tessuto di origine e quale il loro aspetto finale in vitro. Secondo questa classificazioni gli organoidi sono stati suddivisi in tre tipi: epiteliali, multi-tessuto e multi-organo.

Gli organoidi epiteliali sono formati da cellule di un unico foglietto embrionale (uno dei tre strati di cellule che si formano precocemente nell’embrione e danno origine a diversi organi e tessuti). Una singola cellula può espandersi dando origine a molte cellule uguali (cloni). Gli organoidi multi-tessuto sono formati da cellule di almeno due foglietti embrionali che si espandono in maniera coordinata, con un tipo di organizzazione che replica quella interna dell’organo originale, formato da tessuti diversi. Gli organoidi multi-organo sono i più complessi e anche i meno descritti nella letteratura scientifica. Sono formati da cellule derivate da organi diversi, organizzate in modo da riprodurre sulle tre dimensioni dello spazio la posizione e l’interazione reciproca tra due o più organi del corpo umano.

NOMENCLATURA DEGLI ORGANOIDI

La nomenclatura dovrebbe descrivere il modello nel modo più preciso e circoscritto possibile. È corretto, ad esempio, parlare genericamente di "organoide di fegato"? Secondo i ricercatori, il nome del modello dovrebbe indicare la struttura anatomica che le cellule formano in vitro, ma anche le cellule o il tessuto di origine – a volte i due coincidono, a volte no. Non è corretto, dunque, parlare di organoide di fegato, ma occorre specificare il tipo cellulare di partenza, poiché questo organo ne contiene almeno due: gli epatociti e i colangiociti (le cellule del dotto biliare). Discorso a parte meritano gli organoidi che derivano dai tumori: la nomenclatura, in questo caso, dovrebbe riflettere quella del tumore di origine.

PRESENTE E FUTURO DEGLI ORGANOIDI

Il lavoro di consensus è basato sugli organoidi derivati dal fegato, dal pancreas e dal dotto biliare, ma le sue conclusioni sarebbero valide anche per altri tipi di tessuti e soprattutto, sottolineano i ricercatori, per gli organoidi che ancora non esistono ma vedranno la luce nel prossimo futuro. Oltre cinquanta scienziati da tutto il mondo hanno collaborato per la prima volta a una definizione chiara e un sistema coerente per descrivere gli organoidi. “Questo metodo ha funzionato molto bene – ha dichiarato il professor Spee – può essere utilizzato anche in altri campi scientifici in cui è necessario raggiungere il consenso su una certa terminologia”.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni