Dario Sangiolo

Prof. Dario Sangiolo (Torino): “In uno studio preclinico su modelli in vitro e in vivo abbiamo osservato la capacità delle CAR-CIK anti-CSPG4 di attaccare le cellule di sarcoma” 

Alla fine degli anni Quaranta la sensazione di poter esser vicini a infrangere il muro del suono aveva infiammato piloti e ingegneri dell’aeronautica militare: incombeva lo spettro del fallimento ma la sfida era stata lanciata e nessuno si sentiva di abbandonare il campo. Esattamente come sta accadendo oggi con le terapie a base di cellule CAR-T contro i tumori solidi. Il filone di ricerca dedicato ai sarcomi guidato dal prof. Dario Sangiolo - Professore Associato presso il Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Torino - costituisce, infatti, un promettente trampolino di lancio verso l’oncologia solida. Settore in cui il team del prof. Franco Locatelli ha colto un incredibile recente successo contro il neuroblastoma.

“Il nostro gruppo di ricerca ha concentrato la sua attenzione sull’immunoterapia cellulare”, spiega il prof. Sangiolo. “In particolare, cerchiamo di esplorare nuove strategie terapeutiche rivolte al trattamento dei sarcomi dei tessuti molli”. Questo ampio gruppo comprende forme tumorali rare del bambino e dell’adulto che insorgono a danno dei muscoli e del tessuto connettivo: ai fibrosarcomi o ai rabdomiosarcomi, più tipici dell’età pediatrica, si affiancano istotipi decisamente vari, tipici dell’adulto. Purtroppo, non sempre la chirurgia è in grado di risolvere il problema e, quando ciò accade, l’offerta terapeutica risulta essere limitata, con insoddisfacenti tassi di sopravvivenza a 5 anni per i sarcomi in stadio avanzato. Da ciò si può intuire il concreto bisogno di elaborare nuove opportunità terapeutiche che, in prospettiva, possano tradursi in valide opzioni di trattamento.

“Dopo iniziali lavori nell’ambito del melanoma, negli ultimi anni abbiamo esteso lo studio ai sarcomi dei tessuti molli, focalizzandoci su speciali linfociti T, capaci di uccidere le cellule tumorali”, illustra Dario Sangiolo che, di recente, ha partecipato al Convengo dell’Associazione Orchestra per la Vita dedicato a una particolare forma di tumore, il sarcoma epitelioide. “Alla fine del 2020, con l’articolo pubblicato sulle pagine di Clinical Cancer Research abbiamo descritto la validità dell’impiego delle cellule CIK proprio in un modello tumorale di sarcoma”. Le CIK (Cytokine-Induced Killer) sono una particolare tipologia di linfociti T coltivabile in laboratorio e “attivabile” tramite un cocktail di molecole che ne stimolano l’attività antitumorale. Il loro impiego contro alcune neoplasie ematologiche ne ha già messo in evidenza le potenzialità.

La nostra idea è stata quella di inserire il recettore chimerico CAR all’interno delle cellule CIK”, prosegue l’esperto torinese. “Queste cellule hanno già un’innata propensione a uccidere il tumore perciò armarle del recettore CAR equivale a dare loro uno strumento di lotta in più”. Numerosi sono gli studi oggi disponibili sulle CAR-T ma le CAR-CIK non possono (e non devono) esser considerate alternative, bensì rappresentano una piattaforma integrativa rispetto alle CAR-T. “Utilizzare questo tipo di cellule ci offre un vantaggio”, riprende Sangiolo. “Infatti, con un esempio molto banale possiamo pensare che l’antigene bersaglio del CAR non sia sempre presente sul 100% delle cellule tumorali, ma una quota variabile di queste ultime potrebbe non esprimerlo. Pertanto, disporre di linfociti che, in partenza, sappiano uccidere le cellule tumorali anche senza l’inserimento dell’antigene CAR potrebbe incrementare l’efficacia anche contro quella frazione di cellule tumorali in cui le CAR-T non avrebbero effetto”.

L’immunoterapia si basa proprio sul concetto di addestrare i linfociti T a combattere il tumore, inserendo al loro interno delle speciali “antenne” (il recettore sintetico CAR appunto) con cui essi diventano in grado di riconoscere certe cellule tumorali. Ma nel caso delle CAR-CIK qual è il bersaglio da riconoscere? “Secondo gli studi di letteratura a nostra disposizione, e dopo attento confronto con colleghi impegnati nello studio di questi argomenti, abbiamo selezionato il recettore CSPG4 (Chondroitin Sulfate ProteoGlycan 4)”, afferma Sangiolo. “Si tratta di una proteina che risponde bene alle caratteristiche che deve possedere un bersaglio ideale”. Difatti, la scarsità di risultati fino ad oggi raccolti dalle CAR-T contro i tumori solidi è dovuta all’estrema difficoltà di individuare bersagli adeguati: questi devono essere espressi il più omogeneamente possibile da tutte le cellule del tumore. Inoltre, devono essere biologicamente rilevanti e, soprattutto, devono esser quanto più possibile presenti unicamente sulle cellule del tumore e non sui tessuti sani. “CSPG4 è ben espresso ed è biologicamente rilevante per i sarcomi dei tessuti molli perché associato ai processi di formazione delle metastasi; inoltre è correlato alla severità del tumore”, precisa Sangiolo. “Infine, i dati preclinici a disposizione ci suggeriscono che dovrebbe avere un profilo di tossicità accettabile”.

Nel loro studio - condotto in vitro e su modelli animali del tumore - i ricercatori guidati dal prof. Sangiolo hanno confermato la validità di una strategia che impieghi CAR-CIK per il trattamento di sarcomi dei tessuti molli di grado elevato resistenti ai trattamenti convenzionali. “Il nostro obiettivo era quello di gettare le basi per la progettazione di uno studio clinico che possa testare questa strategia anche sui pazienti”, tiene a precisare Sangiolo. “In questo momento esistono ancora vincoli logistici e strutturali da superare ma il punto di partenza è incoraggiante e stiamo cercando collaborazioni per poter proseguire gli studi su questo potenziale nuovo tipo di trattamento”. Si tratta, pertanto, di una strategia che “sta muovendo i primi passi” ma che, potenzialmente, potrebbe essere estesa ad altre forme tumorali come il sarcoma epitelioide. “I primi esperimenti condotti insieme ai colleghi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ci permettono di essere fiduciosi”, afferma Sangiolo. “Nel caso del sarcoma epitelioide il bersaglio sarà differente ma il ricorso alla strategia delle CAR-CIK ci sta portando nella giusta direzione”.

Le terapie che sfruttano l’ingegnerizzazione di alcune cellule del sistema immunitario per esprimere recettori antitumorali di sintesi rappresentano il futuro su cui scommettere proprio per la loro capacità di integrarsi con altre opzioni di cura, quali la chemioterapia, la radioterapia o i trattamenti con inibitori dei checkpoint. “Per vincere i tumori solidi come i sarcomi”, conclude Sangiolo. “occorre cercare non tanto un farmaco speciale quanto una strategia combinatoriale efficace, basata su diverse armi terapeutiche, fra le quali anche la terapia cellulare”.

Con il contributo incondizionato di

Website by Digitest.net



Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento Maggiori informazioni