Linfociti contro cellule cancerose

Grazie alla tecnologia CRISPR è stata messa a punto una versione dei linfociti T ingegnerizzati in grado di spegnere - in presenza di certi stimoli - la propria attività terapeutica 

È prodotta a partire da materiale biologico messo a disposizione da donatori - quindi non personalizzata per un unico paziente ma applicabile a molti e pronte all’uso (“off-the-shelf”) - ed equipaggiata con una tecnologia che, in caso di eventi collaterali inattesi, può neutralizzarne l’effetto, azzerando così il rischio di conseguenze gravi. Si tratta dell’ultima versione delle CAR-T a cui l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha recentemente concesso l’autorizzazione all’avvio di uno studio clinico di Fase I rivolto a pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (AML), una patologia del sangue particolarmente aggressiva che colpisce soprattutto le fasce più anziane della popolazione.

La notizia è circolata rapidamente tra gli addetti ai lavori suscitando sensibile interesse dal momento che in unico prodotto di terapia avanzata sono riassunti i principali elementi di criticità legati alle cellule CAR-T: la possibilità di produrne versioni destinate a malati dai profili biologici e dalle caratteristiche cliniche differenti, e non solo alla persona da cui sono state prelevate le cellule; e l’utilizzo di un sistema capace di interrompere la “reazione a catena” che conduce a effetti collaterali, quali la sindrome da rilascio delle citochine o la neurotossicità, attualmente considerati la fonte di maggior preoccupazione legata a queste innovative terapie. Nel recente passato altri gruppi di ricerca avevano lavorato a delle CAR-T (dis)attivabili (ne abbiamo parato qui e qui), la cui attività terapeutica potesse esser gestita (quando non addirittura annullata) in caso si fossero presentate complicazioni. Un “optional” in più in grado di consentire una più precisa erogazione del principio terapeutico di queste speciali cellule. 

Nel comunicato stampa con cui AvenCell Therapeutics - l’azienda di biotecnologie nata nel 2021 da una triangolazione di Blackstone Life Sciences, Cellex Cell Professionals e Intellia Therapeutics - annuncia l’inizio del trial, spiega che si tratta di uno studio clinico di Fase I, progettato per valutare la sicurezza, la tollerabilità, la farmacocinetica e la farmacodinamica di AVC-201 in pazienti adulti affetti da leucemia mieloide acuta, recidiva o refrattaria alle terapie standard, e da altre neoplasie ematologiche CD123-positive.

AVC-201 è una terapia di nuova concezione a base di cellule CAR-T modificate tramite CRISPR e dotate di una specie di “interruttore” in grado di modularne l’azione: in pratica le cellule T vengono modificate per esprimere sulla loro superficie l’antigene di sintesi CAR e reinfuse nel paziente. In maniera separata, viene infuso anche un secondo elemento (detto “Targeting Module”, TM) che consiste in una specie di adattatore capace di legarsi, oltre alle CAR-T, anche a un antigene tumorale (nel caso specifico si tratta dell’antigene CD123). Questa sorta di “adattatore” consente alle CAR-T di prendere specificamente di mira il proprio bersaglio, predisponendole a lanciarsi all’attacco unicamente dopo aver riconosciuto il nemico. Così il TM funge da interruttore delle CAR-T e può tanto scatenare la loro azione terapeutica quanto interromperla.

Ma ciò non è tutto, perché il secondo livello di innovazione di AVC-201 risiede nella piattaforma di ingegneria cellulare sviluppata da Intellia Therapeutics (la startup di cui è stata co-fondatrice Jennifer Doudna, una delle due scopritrici del sistema di editing CRISPR) grazie alla quale si sta lavorando alla produzione di cellule CAR-T a partire da donatori. AVC-201, infatti, si propone di essere una terapia avanzata allogenica, vale a dire sviluppata da cellule di donatori, e destinata a un gran numero di persone. Il vantaggio di questo sistema non risiede solo in una catena produttiva più semplice (ed economica) di quella necessaria per le CAR-T autologhe, ma anche nel fatto che evita la malattia da trapianto contro l’ospite (GvHD) e il rigetto da parte del sistema immunitario dell’ospite. 

Quello di AvenCell non è il primo tentativo di ingegnerizzare i linfociti T per farne una terapia contro la leucemia mieloide acuta, dal momento che proprio in Italia, all’Ospedale San Raffaele di Milano, sono in corso studi per elaborare una terapia mirata contro questa aggressiva malattia. Tuttavia, lo studio dell’azienda biotecnologica con sede a Dresda si svolgerà presso alcuni centri ospedalieri sul territorio nazionale tedesco e arruolerà 37 pazienti, giungendo a determinare la dose massima tollerata di cellule che, se le condizioni di sicurezza saranno rispettate, potrà essere valutata più approfonditamente in un successivo studio di Fase II.

La terapia sperimentale di AvenCell ha appena staccato i carrelli da terra e l’aspetta una lunga trasvolata prima dell’atterraggio presso lo scalo autorizzativo dell’EMA, ma i ricercatori di AvenCell sono forti dell’esperienza del programma clinico su AVC-101 (una terapia autologa, sempre per la leucemia mieloide acuta) e, come insegna il nome stesso della loro azienda (che deriva dal francese “avenir”, cioè futuro), proiettano lo sguardo avanti, oltre l’ostacolo. “Con l’applicazione di entrambe le tecnologie della piattaforma, siamo la prima azienda in questo settore a separare completamente la manifattura di cellule dalle indicazioni oncologiche a cui saranno destinate”, afferma Andrew Schiermeier, Presidente e CEO di AvenCell. “Questo approccio modulare consente una flessibilità futura senza precedenti, una riduzione dei tempi di cicli produttivi, una massiccia scalabilità delle forniture e una significativa riduzione dei costi di produzione, tutti fattori che faranno progredire notevolmente il campo delle terapie avanzate per i pazienti”.

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