Un approccio “one shot” che permette di diagnosticare diverse malattie basandosi sull’analisi delle cellule immunitarie, “archivio vivente” della nostra storia clinica
Come sarebbe se si potessero diagnosticare molte malattie diverse da un unico campione di sangue, semplicemente con un click? Dentro di noi esiste un “registro biologico” che custodisce la memoria di ogni infezione, vaccinazione o condizione immunitaria con cui siamo entrati in contatto. Ora, grazie all’intelligenza artificiale, potremmo finalmente avere accesso a questi dati. Uno studio della Stanford University pubblicato su Science dimostra che i recettori dei linfociti B e T contengono una firma immunologica unica, che può essere analizzata per diagnosticare con estrema precisione patologie come COVID-19, diabete di tipo 1, lupus e infezione da HIV. Lo studio ha esaminato milioni di sequenze immunitarie con un modello di apprendimento automatico in grado di rivoluzionare la diagnostica rendendola più rapida e personalizzata.
IL SISTEMA IMMUNITARIO COME "REGISTRO BIOLOGICO"
Alla base di questo strumento diagnostico c’è il sistema immunitario, una risorsa essenziale per difendersi da virus e batteri, ma anche un vero e proprio “registro naturale” che conserva la memoria di infezioni e malattie, passate e presenti. Questa memoria è custodita nei linfociti B e T, due cellule fondamentali della risposta immunitaria.
I linfociti B producono gli anticorpi che neutralizzano virus e agenti patogeni, mentre i linfociti T riconoscono e distruggono le cellule infette. Entrambi possiedono recettori specifici sulla loro superficie - BCR (B-cell receptor) e TCR (T-cell receptor) - che consentono di riconoscere un’enorme varietà di antigeni ed esercitare la loro funzione di difesa.
Quando il sistema immunitario incontra un’infezione o se c’è una malattia autoimmune (in cui il corpo attacca erroneamente i propri tessuti), i linfociti B e T - con il recettore specifico - si moltiplicano rapidamente per contrastare la minaccia, in un processo noto come “espansione clonale”. Una parte di questi linfociti si trasforma poi in cellule della memoria, in grado di riconoscere lo stesso antigene anche dopo decenni e di rispondere in modo più rapido ed efficace a un nuovo incontro.
Questo meccanismo lascia una sorta di “firma immunologica” nel repertorio di BCR e TCR di ogni individuo, che può essere analizzata per determinare se una persona è stata esposta a un’infezione, ha ricevuto un vaccino o sta sviluppando una malattia autoimmune.
LA DIVERSITÀ DEI RECETTORI IMMUNITARI
Sebbene tutti possediamo gli stessi geni che codificano per i recettori dei linfociti B e T, ciascun individuo ha un repertorio di BCR e TCR unico, che determina una diversa suscettibilità alle malattie. Ma come si genera questa diversità?
Immaginiamo di acquistare una scatola di costruzioni: inizialmente i pezzi sono ordinati per colore e forma, ma quando iniziamo a costruire, i mattoncini vengono scombinati e riattaccati tra loro in una varietà di combinazioni, forme e colori possibili. Se anche altre persone acquistano la stessa scatola, creeranno strutture ancora diverse.
In questa analogia, i “mattoncini” rappresentano i segmenti genici che codificano per i recettori, mentre il “mescolamento” è il processo di ricombinazione genetica V(D)J, che avviene nei linfociti immaturi durante la loro maturazione negli organi linfoidi. Gli enzimi RAG1 e RAG2 riorganizzano in modo casuale questi segmenti genici (V, D e J), generando un numero straordinario di combinazioni uniche.
Grazie a questo meccanismo, il sistema immunitario umano può potenzialmente riconoscere fino a 1015 antigeni (un milione di miliardi). Si stima che ogni individuo produca tra 10 milioni e 1 miliardo di linfociti T e tra 1 e 10 miliardi di linfociti B, con un repertorio complessivo di milioni o miliardi di recettori diversi. Solo una piccola parte di questi sarà attivata nel corso della vita, in base a fattori come l’età, la genetica e le esperienze immunologiche.
Il repertorio di recettori, inoltre, non è statico: può variare nel tempo grazie a processi come la mutazione somatica nei linfociti B, che affina la specificità dei recettori, o la produzione di nuovi linfociti nel midollo osseo e nel timo. Tuttavia, con l’avanzare dell’età, la produzione di nuove cellule immunitarie diminuisce, portando a una riduzione della diversità recettoriale e a una risposta meno efficace contro nuove infezioni.
UN TEST DIAGNOSTICO RIVOLUZIONARIO
L’intelligenza artificiale sviluppata dai ricercatori dell’Università di Stanford sfrutta proprio questa diversità, insieme alla capacità dei linfociti di memorizzare le esperienze immunologiche, per fini diagnostici.
Il gruppo di ricerca ha utilizzato lo strumento per analizzare 16,2 milioni di recettori delle cellule B e 23,5 milioni di recettori delle cellule T, provenienti da campioni di sangue raccolti da 593 persone. Tra questi partecipanti, 63 avevano il COVID-19, 95 erano positivi all'HIV, 86 soffrivano di lupus, 92 avevano il diabete di tipo 1, 37 avevano recentemente ricevuto il vaccino antinfluenzale e 220 erano sani.
L’AI è stata in grado di associare correttamente i partecipanti alla patologia da cui sono affetti con un punteggio di 0,986 (su una scala in cui 1 indica una classificazione perfetta), basandosi solo sulla sequenza dei recettori. In particolare, i risultati migliori sono stati ottenuti combinando i dati provenienti da entrambe le tipologie cellulari. Le firme immunologiche per il diabete di tipo 1 e il lupus erano più evidenti nei recettori delle cellule T, mentre il COVID-19, l'HIV e l'influenza risultavano più riconoscibili nei recettori delle cellule B.
UNA NUOVA FRONTIERA PER LA MEDICINA
Nonostante le premesse, questo strumento non è ancora pronto per l'uso clinico. Ma i ricercatori sono ottimisti: “Il sistema immunitario è un test diagnostico naturale”, afferma Victor Greiff, immunologo computazionale dell’Università di Oslo, “e se impariamo a leggere questa 'firma', potremmo replicare il processo nella diagnostica”.
L'intelligenza artificiale, già impiegata in ambito medico per l’analisi delle immagini, la scoperta di farmaci e la medicina personalizzata, può ora decodificare la memoria del sistema immunitario. Un unico test potrebbe rivelare più di quanto i metodi tradizionali permettano, aprendo così nuove frontiere nel campo della diagnostica.