Emofilia

La Food and Drug Administration dà il via libera a etranacogene dezaparvovec, in grado di ridurre il tasso di sanguinamenti annuali ed eliminando così la necessità di una terapia profilattica

L’annuncio è arrivato lo scorso 22 novembre dalla multinazionale farmaceutica CSL Behring e l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense rappresenta una pietra miliare nella storia dell’emofilia B. La terapia genica etranacogene dezaparvovec (nota anche con il nome commerciale Hemgenix®) è stata sviluppata dalla biotech olandese UniQure che ha poi passato la staffetta a CSL Behring, l’azienda ha coperto l’ultimo miglio ottenendo ora la commercializzazione. Il clamore della notizia è tale che, sebbene (per ora) interessi solo il mercato statunitense, se ne parla già anche in Europa, visto che la richiesta di Autorizzazione all’Immissione in Commercio per il vecchio continente è già sul tavolo dell’Agenzia Europea dei Farmaci (EMA).

Etranacogene dezaparvovec è indicata per il trattamento di pazienti adulti affetti da emofilia B, attualmente sottoposti a terapia profilattica con somministrazione del Fattore IX (FIX), o soggetti a sanguinamenti gravi o a episodi ripetuti di sanguinamento spontaneo. Si tratta di una terapia genica che sfrutta un vettore adeno-virale (AAV5) per trasportare all’interno delle cellule bersaglio la copia corretta del gene che codifica per FIX, proteina che risulta carente nei pazienti con emofilia B, in modo tale da produrne una quantità 5-8 volte maggiore del nomale. Etranacogene dezaparvovec è una terapia “one shot” che viene somministrata con una singola infusione endovenosa ed è così in grado di ridurre il tasso di sanguinamento anomalo consentendo all’organismo di produrre con continuità FIX.

L’approvazione della FDA è stata supportata dai risultati dello studio clinico HOPE-B, il più grande studio su una terapia genica per l’emofilia B tutt’oggi in corso. L’endpoint primario del trial è la valutazione del tasso annualizzato di sanguinamento (ABR) 52 settimane dopo il raggiungimento di un’espressione stabile di FIX rispetto al periodo iniziale di sei mesi. Gli endpoint secondari includono, invece, la valutazione dell’attività del Fattore IX. Dai dati è emerso chiaramente come etranacogene dezaparvovec abbia consentito ai pazienti di raggiungere un aumento dei livelli di attività del FIX pari al 39% a 6 mesi e del 36,7% a 24 mesi dall’infusione. Da 7 a 18 mesi dopo l’infusione, il tasso annualizzato di sanguinamento (ABR) si è ridotto del 54% rispetto al valore basale. Inoltre, il 94% dei pazienti trattati (51 su 54) con la terapia genica ha potuto sospendere il ricorso alla terapia di profilassi. La sicurezza del farmaco è stata confermata dall’assenza di reazioni avverse gravi (gli effetti indesiderati più comuni sono stati un aumento degli enzimi epatici, reazioni correlate all’infusione, mal di testa, affaticamento, nausea e malessere).

“Etranacogene dezaparvovec è unico nel suo approccio per aumentare l’attività media del Fattore IX e nella protezione emostatica degli individui con emofilia B”, afferma Steven Pipe, professore di Patologia presso l’Università del Michigan e ricercatore principale nello studio HOPE-B. “L’approvazione di oggi potrebbe trasformare radicalmente il paradigma di trattamento per questa malattia. In qualità di medico, sono ansioso di poter fornire una tale nuova opzione terapeutica ai pazienti che, così, potranno affrancarsi dal normale regime di infusioni su cui fanno affidamento per proteggersi dagli effetti debilitanti dell’emofilia B”.

“Siamo entusiasti di assistere a questa pietra miliare nel trattamento dell’emofilia B”, aggiunge Kim Phelan, Chief Operating Officer di The Coalition for Hemophilia B. “Nel corso degli anni abbiamo assistito a una serie di progressi per la Comunità dei malati di emofilia B, ma la terapia genica è la prima opzione terapeutica in grado di offrire a coloro che vivono con questa malattia - e ai loro caregiver - la possibilità di liberarsi dalla necessità di regolari e continue infusioni”.

Infatti, l’emofilia B è una malattia genetica derivante da una carenza o una totale assenza del Fattore di coagulazione IX, una proteina indispensabile per la formazione dei coaguli con cui fermare le emorragie. Di conseguenza, i malati sperimentano sintomi che includono sanguinamenti prolungati o abbondanti dopo un infortunio, un intervento chirurgico o una procedura odontoiatrica. Nei casi più gravi, gli episodi di sanguinamento possono verificarsi senza una chiara causa. Inoltre, in caso di sanguinamenti prolungati possono insorgere gravi complicazioni a danno delle articolazioni, dei muscoli o di organi interni vitali, fra cui il cervello.

“CSL si impegna a fornire ai pazienti soluzioni innovative e all’avanguardia per affrontare le esigenze mediche insoddisfatte dei malati”, commenta Paul Perreault, Direttore Esecutivo e Amministratore Delegato di CSL Behring. “Orgogliosi di presentare la prossima generazione di farmaci rivoluzionari per quanti sono affetti da emofilia B, ringraziamo tutti i partecipanti allo studio, gli scienziati e i ricercatori, senza i quali questo importante risultato non sarebbe stato possibile, e non vediamo l’ora di osservare l’impatto positivo di etranacogene dezaparvovec sulla comunità dei malati”.

Con questa nuova approvazione, si allarga il ventaglio delle soluzioni fornite dalle terapie avanzate per l’emofilia. È infatti solo di un paio di mesi fa la notizia dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio in Europa della terapia genica per l’emofilia A.

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