Organoidi, una nuova dimensione per i modelli cellulari

 Il loro impiego copre i principali campi di ricerca, dall’identificazione di nuovi biomarcatori prognostici, allo sviluppo di nuovi farmaci mirati fino alla previsione della riposta alle terapie. 

Col termine “organoidi” sono state definite quelle strutture multicellulari tridimensionali in grado di riprodurre l’architettura di organi e tessuti umani permettendo così lo studio di un ampio spettro di condizioni cliniche che va dalle patologie autoimmuni al cancro, e, al contempo, dando modo ai ricercatori di investigare la risposta ai nuovi farmaci, con particolare attenzione ai loro effetti collaterali.  In estrema sintesi, potremmo asserire che gli organoidi si stiano affermando come i modelli cellulari del nuovo millennio, dal momento che essi sono il più raffinato prodotto di un sapiente utilizzo delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) e delle cellule staminali adulte, grazie a cui gli organoidi hanno potuto trovare sbocco nel campo della ricerca.


Non solo, essi sono la riposta ad un futuristico metodo di coltivazione delle cellule staminali perché la loro stessa tridimensionalità e il fatto che siano una replica in miniatura degli organi originali presuppone che le cellule di cui sono composti mimino non solo la composizione ma anche la posizione di quelle originali, riproducendo un modello accurato sui tre principali assi e non solo su due, come avviene coi metodi di coltura classici. In questo caso l’apporto di nutrienti e di ossigeno e la rimozione dei prodotti di scarto riflettono in maniera più fedele quelle degli organi di partenza, evidenziando meglio eventuali limiti e punti di forza che possono avere grande utilità, ad esempio, negli studi di tossicologia. Le stimolazioni meccaniche a cui è sottoposto un organoide sono le stesse dell’organo che questo riproduce e sono lontane anni luce da quelle a cui è sottoposto un informe grumo di cellule su piastra.

Dalla coltivazione delle cellule staminali pluripotenti indotte alla realizzazione di protocolli per la sintesi di tessuti complessi la strada è stata più breve del previsto e nel giro di pochi anni sono stati prodotti organoidi con caratteristiche simili a quelle dello stomaco, del colon, del pancreas, del fegato, dell’intestino e persino dell’esofago e della tiroide. Ma, oltre ad essere delle ottime piattaforme di studio per testare la sensibilità ai farmaci, gli organoidi sono anche dei modelli straordinariamente validi per approfondire i processi di sviluppo embrionale e di cancerogenesi.

            Grazie agli organoidi sarà possibile comprendere al meglio il funzionamento di un organo e le modalità con cui esso tende a sviluppare una certa malattia, cambierà il nostro modo di mettere a punto i nuovi farmaci e si potranno creare terapie sempre più ritagliate sui pazienti. Delle incredibili potenzialità degli organoidi si è occupata anche l rivista Science con un numero speciale, ad essi dedicato. Vediamo pertanto di capire bene in quali campi stanno producendo risultati e che peso hanno le ricerche che li vedono protagonisti.

CERVELLO

            Mentre gli studiosi israeliani stanno lavorando sul primo organoide di un cuore altri studiosi si stanno concentrando sulla possibilità di ottenere un modello costituito da cellule cerebrali. Infatti, a partire da un piccolo gruppo di cellule tumorali dei pazienti, potrebbe presto essere possibile riprodurre e far crescere in laboratorio organoidi in grado di replicare diversi organi da conservare in speciali biobanche ed essere così disponibili per lo studio di svariati tipi di cancro. Usando la tecnica CRISPR e conoscendo quali geni in particolare silenziare o attivare essi producono la copia fedele di un organo riproponendo anche le mutazioni che in esso sono causa del cancro. In tal modo giungono a disporre di un modello perfetto non solo dell’organo ma anche del processo con cui al suo interno si sviluppa un tumore. Gli esempi sono molti e il primo - e per certi versi più impensabile - è proprio il cervello. In assenza di specifici inibitori della differenziazione neuronale nelle cellule in coltura questa procede perciò, sfruttando una specifica combinazione di nutrienti e speciali mezzi di coltura, alcuni ricercatori sono stati in grado di creare dei mini-cervelli di pochi millimetri nei quali sono presenti cellule diverse riconducibili alle corrispondenti aree del cervello. Si tratta di un approccio che aiuterà a identificare nuove e utili terapie contro il glioblastoma e altri tumori cerebrali. Ulteriori fronti di ricerca in corso si stanno concentrando anche sulla produzione di mini-cervelli a partire da cellule della corteccia cerebrale per lo studio dell’autismo e di una serie di altre patologie dello spettro autistico.

 

FEGATO, INTESTINO e PANCREAS

            Oltre al cervello, gli organoidi si stanno rivelando preziosissimi per lo studio dei processi di cancerogenesi a danno degli organi del tratto gastro-entero-pancreatico. A tal proposito risulta prezioso il modello di sviluppo del cancro al colon-retto proposto da Fearon e Vogelstein che, partendo dal polipo, giunge al tumore maligno, definendo le varie fasi della cancerogenesi. Ugualmente, il modello di Correa stabilisce la progressione che dalla gastrite atrofica può condurre attraverso la metaplasia e la displasia, fino al cancro gastrico. Questo tipo di sequenzialità si è rivelata una carta vincente per i modelli cellulari più avanzati. Grazie agli organoidi, infatti, diventa possibile riprodurre in vitro l’architettura e la funzionalità degli organi in vivo nelle diverse fasi che possono colpirli sulla terribile strada verso il cancro. E non solo, perché gli organoidi intestinali trovano applicazione anche nello studio della fisiopatologia della malattia infiammatoria intestinale o della celialchia. Ricerche recenti hanno suggerito una loro potenziale applicazione persino nell’approfondimento delle dinamiche che conducono allo sviluppo del morbo di Crohn, per non parlare delle patologie epatiche: la possibilità di propagare gli epatociti è alla base dello studio di nuovi farmaci che potrebbero rivelarsi inestimabili contro la malattia da fegato policistico, la malattia di Wilson e la sindrome da alfa-1 antitripsina.

 

MEDICINA PERSONALIZZATA

            Un aspetto di non trascurabile portata legato agli organoidi è quello dello studio del microambiente tumorale. Il tumore può crescere solo in una nicchia costituita da ben determinate condizioni che ne influenzano il tasso di crescita e anche la risposta alla terapia. Poter studiare in maniera dettagliata e approfondita la miriade di input che partecipano allo sviluppo del tumore è fondamentale per cercar terapie sempre più mirate ed efficaci. Per farlo, però, occorrono modelli cellulari di ultima generazione e non sono pochi gli scienziati che stanno pensando a come integrare le possibilità offerte dagli organoidi con la tecnologia “organ-on-a-chip, che consiste sostanzialmente nella messa punto di biochip miniaturizzati sui quali possono essere stampate e collegate tra loro le cellule che formano i diversi organi e apparati del corpo umano. Praticamente, si parla di generare un modello di organismo in miniatura. Più facile a dirsi che a farsi ma se gli organoidi si presteranno ad essere un utile archetipo per lo studio del microambiente tumorale la possibilità di replicare modelli precisi su scala ridotta di tutto l’organismo garantirà risposte mai giunte prima. Specie per la nascita di terapie mirate. Inoltre, al di là della possibilità di usare gli organoidi per scegliere le terapie più efficaci per il singolo paziente, è possibile pensare di usarli per identificare specifici biomarcatori che indichino la risposta a terapie come la chemioterapia, aiutando in maniera ancora più concreta i medici nella scelta della dose o della combinazione di farmaci per il trattamento del tumore.

Se fino ad oggi, siamo abituati a pensare alle colture cellulari come a minuscoli ammassi deposti su un velo di terreno liquido nutritivo all’interno di una piastra Petri, per il futuro dovremmo rivedere i nostri stereotipi perché al di là dei modelli animali in vivo, gli organoidi sono destinati a divenire le nuove colture cellulari con cui i ricercatori di tutto il mondo dovranno necessariamente confrontarsi.

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