La ricerca, condotta al Boston Children’s Hospital/Dana Farber Cancer Institute, descrive un metodo per colpire gli antigeni espressi dal tumore e dalle cellule sane senza rischi per i pazienti
Scambiando le vocali del termine “parto” se ne ottiene uno (“porta”) di senso completamente differente. Lo stesso accade invertendo le sillabe: le “vocali” possono così trasformarsi in dei salutari ortaggi (“cavoli”). Nelle lingue, come in biologia, una differenza di un paio di lettere può stravolgere il significato di una parola. In questa plasticità è custodito il segreto per potenziare terapie avanzate come le CAR-T e sconfiggere malattie aggressive fra cui la leucemia mieloide acuta (AML). A spiegare come si possa raggiungere un tale straordinario risultato è Gabriele Casirati, ricercatore italiano al Boston Children’s Hospital/Dana Farber Cancer Institute e autore di una interessante pubblicazione sulla celebre rivista Nature.
BASE EDITING: DALLE FORBICI A UN LASER DI PRECISIONE
Prima di entrare nel merito della ricerca condotta dal dott. Casirati e dai suoi colleghi val la pena ricordare che il DNA - ovvero il libro della vita conservato nel “cuore” di ogni cellula del nostro organismo - è composto da più di tre miliardi di lettere e codifica per oltre 20 mila geni. Ogni dettaglio del nostro essere è contenuto nelle frenetiche e innumerevoli combinazioni di quattro lettere - adenina, timina, citosina e guanina - che rappresentano le basi azotate formanti i pioli della doppia elica. È sufficiente che una di questa lettera cambi di posizione in un sito specifico perché si generi una mutazione capace di dare origine a una grave malattia.
Tuttavia, un altrettanto semplice cambiamento può riportare l’equilibrio o, ancora, conferire al sistema immunitario nuove funzioni, come la capacità di discriminare le cellule tumorali, bloccandone la diffusione. La tecnica che permette tale operazione è quella del base editing, figlio di quell’editing del genoma che ha trovato in CRISPR uno strumento di enorme potenza. “Il base editing è una tecnologia straordinariamente valida per effettuare piccole modifiche su singole basi del DNA, modificando la sequenza di aminoacidi che formano le proteine”, precisa Gabriele Casirati, in forza all’Advanced Genetic Engineering Unit del Dana-Farber/Boston Children’s Cancer and Blood Disorder Center di Boston. “Seppur derivata dall’evoluzione di Crispr-Cas9 è una tecnologia che risolve i problemi convenzionali di questo approccio, permettendo di fare correzioni mirate con un altissimo livello di precisione senza effetti dannosi per l’organismo”. Infatti, la tecnica del base editing può essere paragonata a un laser molto più accurato di una forbice, per interventi richiedenti estrema precisione. “Non serve tagliare entrambi i filamenti di DNA”, prosegue Casirati. “In certi casi non serve nemmeno incidere, in quanto vengono modificate in maniera selettiva le singole lettere del codice genetico. È una tecnologia straordinaria qualora non sia necessario l’inserimento di grossi carichi genetici. Inoltre, il base editing raggiunge tassi di efficienza superiori all’80% con effetti collaterali minimi, quando non addirittura assenti”.
LA GUERRA FRATRICIDA DEI LINFOCITI T
Le terapie a base di cellule CAR-T hanno dimostrato una sorprendente efficacia nel prendere a bersaglio l’antigene CD19 presente sulla superficie di certe forme di leucemia o linfoma a cellule B; ma nel caso delle patologie della linea mieloide - ad esempio la leucemia mieloide acuta - gli antigeni bersaglio espressi dal tumore sono esposti anche sulla superficie delle cellule staminali ematopoietiche o delle cellule mieloidi già differenziate. In pratica i bersagli per le CAR-T si trovano sia sulle cellule malate che su quelle sane, rendendo impossibile distinguere tra le due.
“Il primo limite delle CAR-T nella leucemia mieloide acuta è l’impossibilità di eliminare la malattia: o perché il bersaglio scelto non è diffuso su tutte le cellule della popolazione neoplastica”, prosegue l’esperto. “O proprio per il rischio di eliminare cellule sane fondamentali, e quindi nel non poter somministrare la terapia ai pazienti per un tempo sufficiente a eradicare completamente il tumore”.
Nel caso delle patologie a cellule B questi limiti sono stati superati sia per merito delle caratteristiche dell’antigene CD19, sia perché la perdita di una componente dell’immunità come le cellule B è tollerata dall’organismo (la supplementazione di immunoglobuline può tamponare questa carenza). Al contrario, le cellule staminali emopoietiche e le cellule mieloidi svolgono un ruolo centrale nel mantenimento delle popolazioni del midollo osseo e nei processi di innesco dell’immunità innata e acquisita che ci proteggono dalle malattie e dalle infezioni batteriche e virali, pertanto scatenare contro di esse una terapia a base di CAR-T avrebbe conseguenze disastrose per l’organismo. Se il bersaglio delle CAR-T è sia sulle cellule malate che su quelle sane (o sulle staminali del midollo osseo) la guerra “fratricida” a cui assisteremmo sfocerebbe in una condizione di aplasia midollare, intollerabile sul lungo periodo per un organismo già debilitato.
Dunque, in che maniera i ricercatori di Boston hanno usato la tecnica del base editing contro la leucemia mieloide acuta?
BERSAGLI PER TUTTE LE CELLULE
Nel loro studio essi hanno concentrato la loro attenzione su tre antigeni ben noti e a lungo studiati nella leucemia mieloide acuta: si tratta di FLT3, CD123, e KIT. “Questi antigeni sono uniformemente diffusi nella malattia, essendo presenti sulla maggior parte delle cellule dello stesso paziente”, afferma Casirati. “Sono antigeni presenti in oltre l’80% dei pazienti perciò possono essere presi in considerazione per colpire un’ampia porzione di malati di leucemia mieloide acuta. Inoltre, hanno un ruolo rilevante per la crescita e la propagazione del tumore”. FLT3 e KIT sono recettori della tirosin-chinasi espressi nella stragrande maggioranza dei casi di AML, mentre CD123 (di cui abbiamo parlato anche qui) è un recettore delle citochine di cui la cellula tumorale non può fare a meno, tanto da esser stato anche oggetto dello sviluppo di un anticorpo monoclonale anti-CD123 coniugato ad una potente tossina e usato contro la leucemia a cellule dendritiche plasmocitoidi.
“Se ci limitassimo a sviluppare una CAR-T mirata contro uno degli antigeni citati, che sono espressi anche sulle cellule staminali progenitrici sane, ridurremo a zero la quantità di cellule incaricate di ripopolare il midollo osseo, precipitando in una condizione di aplasia”, precisa Casirati. “Ecco perché è difficile trovare l’equilibrio tra una terapia troppo debole o somministrata per un tempo troppo breve (e quindi non efficace) e una che distrugga tutte le cellule del midollo”.
Serviva una soluzione, giunta proprio dalla tecnica dell’epitope editing (che abbiamo illustrato qui mettere link articolo ricerca June), una tecnica molto vicina al base editing.
UN PICCOLO CAMBIAMENTO PRODUCE UN ENORME RISULTATO
“La strategia da noi percorsa si è basata sull’ingegnerizzazione di una ben precisa parte [epitopo, N.d.R.] di questi antigeni nelle cellule staminali da utilizzare nel trapianto di midollo osseo, in maniera tale da renderle irriconoscibili da parte delle CAR-T dirette contro quegli stessi antigeni”, spiega il ricercatore italiano. Per prima cosa Casirati e i suoi colleghi hanno consultato le infinite librerie di antigeni e selezionato quelli associati alla leucemia mieloide acuta. Poi ne hanno indagato a fondo la struttura e hanno identificato quali modifiche apportare alla sequenza di aminoacidi presente nella parte della molecola deputata al legame con gli anticorpi. Successivamente, hanno ottenuto delle CAR-T di seconda generazione anti-FLT3, anti-CD123 e anti-KIT.
“La parte più interessante e innovativa del nostro lavoro ha riguardato però le cellule staminali sane”, specifica Casirati. “Abbiamo preso queste cellule che normalmente trovano impiego nei trapianti di midollo osseo da donatore e le abbiamo modificate tramite il base editing introducendo un cambiamento minimo nel sito dei recettori citati. Così facendo, abbiamo evitato che le CAR-T le prendessero di mira”. In questo modo hanno apportato alle cellule sane una mutazione che blocca l’azione delle CAR-T le quali sono diventate specifiche solo per le cellule leucemiche. “Non solo abbiamo ottenuto un approccio immunoterapico efficace e specifico per la leucemia mieloide acuta ma al tempo stesso abbiamo ridotto in maniera significativa la tossicità che rappresenta ancora un enorme limite per l’applicazione di queste terapie avanzate a patologie oncoematologiche come questa”, conclude Casirati. “Grazie all’epitope editing è stato possibile ottenere una modifica mirata sulle cellule staminali per permettere alle CAR-T di bersagliare solo le cellule dove sono presenti gli antigeni di malattia”.
VERSO UNA NUOVA FORMA DI TRATTAMENTO
Sebbene il trapianto di midollo osseo sia un’opzione terapeutica ampiamente collaudata per i malati di AML, la tecnologia dell’epitope editing ad essa applicata che gli scienziati statunitensi hanno sviluppato necessiterà di ulteriori studi per confermare la sicurezza. Ciononostante i ricercatori guidati da Casirati sono già al lavoro e le conoscenze da essi acquisite favoriranno un rapido sviluppo della tecnica che potrebbe auspicabilmente tradursi in un protocollo da usare in clinica entro i prossimi anni.