Da quando Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier hanno inventato la tecnica di editing genomico attualmente più in voga (quella basata sull’enzima Cas9), i sistemi messi a punto in precedenza sono entrati in un cono d’ombra. L’invenzione delle due scienziate ha avuto un impatto così straordinario da segnare uno spartiacque tra l’era a.C. (avanti CRISPR) e d.C. (dopo CRISPR). TALEN, sistema di editing dell’era a.C., continua però a conservare dei pregi, tanto da meritare un posto nella cassetta degli attrezzi biotech accanto alle strategie di nuova generazione. Lo conferma uno studio pubblicato a gennaio su Nature Communications: più strumenti abbiamo meglio è, perché la piattaforma ideale dipende dall’uso che se ne vuole fare.
La malattia di Pompe è una malattia genetica ereditaria causata da una carenza dell’enzima lisosomiale alfa-glucosidasi acida (GAA) che porta all'accumulo di glicogeno nelle cellule, che a sua volta causa danni in vari tessuti, in particolare cuore, muscoli, fegato e sistema nervoso. Ad oggi, solo la terapia enzimatica sostitutiva a base di GAA è approvata per il trattamento di questa patologia, ma l’obiettivo è quello di riuscire a trovare una terapia efficace, anche grazie agli studi innovativi sulla terapia genica. È di inizio febbraio la notizia della prima somministrazione della terapia genica SPK-3006 ad un paziente affetto da malattia di Pompe negli Stati Uniti.
All’inizio l’idea di sequenziare per intero il DNA della nostra specie ha avuto i suoi detrattori, convinti che il mega-progetto da 3 miliardi di dollari avrebbe sottratto troppi fondi alle altre ricerche e che si trattasse di un lavoro poco creativo, più adatto a dei robot in camice bianco che a dei veri scienziati. Si sbagliavano: oggi appare impensabile fare a meno delle conoscenze genomiche e del ricco lascito che lo Human Genome Project (HGP) ha donato a campi che vanno dalla bioinformatica, alla biologia dei sistemi, all’editing genomico. Conoscere la successione dei tre miliardi di lettere del nostro genoma ha avuto un ruolo catalitico per le scienze della vita di cui abbiamo soltanto iniziato a vedere gli effetti.
A differenze di molte malattie genetiche che sono caratterizzate da mutazioni che interessano un solo gene, la retinite pigmentosa (RP) è una patologia ereditaria della retina estremamente eterogenea sul piano genetico. Infatti, si conoscono forme ad ereditarietà legata al cromosoma X, altre autosomiche recessive e altre ancora ad ereditarietà autosomica dominante. Per alcune di queste ultime ha mostrato buoni risultati uno studio preclinico incentrato sull’editing genomico che è stato condotto nei laboratori dell’Istituto Tigem di Napoli e dell’Università di Modena e Reggio Emilia e da poco pubblicato sulla rivista scientifica American Journal of Human Genetics.
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