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Cinque uomini affetti dalla malattia di Fabry sono stati trattati con la terapia genica all’interno di uno studio pilota canadese. A distanza di 3 anni la terapia sperimentale mantiene la sua efficacia

A fine febbraio è stato pubblicato sulle pagine di Nature Communications un articolo che descrive i risultati del primo studio pilota sulla terapia genica per la malattia di Fabry. Lo studio è stato condotto grazie alla collaborazione tra enti e ospedali canadesi, e i risultati sono degni di nota: tutti e 5 i pazienti coinvolti hanno iniziato a produrre la versione corretta dell'enzima - che se difettoso causa la patologia - a livelli quasi normali entro una settimana dalla somministrazione della terapia sperimentale. A distanza di tre anni, 3 pazienti su 5 hanno deciso di interrompere la terapia enzimatica sostitutiva endovenosa, rimanendo stabili.

La malattia di Anderson-Fabry, anche più semplicemente nota come malattia di Fabry, è una patologia ereditaria rara causata da una mutazione nel gene GLA - responsabile della produzione dell’enzima alfa-galattosidasi A - che obbliga i pazienti a sottoporsi a infusioni di terapia di sostituzione enzimatica ogni due settimane. La funzione dell’alfa-galattosidasi A è di scomporre le molecole di grasso, nello specifico di glicosfingolipidi, e la sua carenza causa un accumulo di queste molecole in vari tessuti dell’organismo, con delle conseguenze più o meno gravi (a seconda della forma in cui si manifesta la malattia) sulla salute dell’individuo, che comportano danni ai reni, al cuore e al sistema nervoso centrale. Le terapie enzimatiche sostitutive (ERT) sono costose e poco compatibili con una buona qualità della vita. Se superasse con successo tutte le fasi della sperimentazione clinica, la terapia genica permetterebbe ai pazienti di ricevere un unico trattamento in grado di indurre la produzione dell’enzima mancante o difettoso, liberandoli dall’incombenza del trattamento quindicinale e dalle conseguenze ad esso associate.

Ma come funziona questa terapia genica? Innanzitutto, si tratta di una terapia genica ex vivo che viene effettuata sulle cellule staminali del sangue (ematopoietiche) prelevate dal paziente stesso affetto da Fabry. Un virus, in questo caso un lentivirus, viene appositamente progettato e modificato per trasferire delle copie del gene corretto all’interno delle cellule ematopoietiche. Successivamente, queste cellule vengono re-infuse al paziente, che inizia a produrre l’enzima.

Lo studio pilota, il primo ad aver sperimentato la terapia genica per la Fabry di tipo 1 (forma classica) su esseri umani, è un trial di Fase I che ha come obiettivo quello di valutare la sicurezza e la tossicità del trattamento. Le 5 persone coinvolte, tutte di sesso maschile tra i 29 e i 48 anni, hanno ricevuto una infusione di cellule staminali ematopoietiche autologhe modificate per esprimere l’alfa-galattosidasi A. Ad oggi, non sono stati registrati eventi avversi gravi e tutti hanno prodotto un livello quasi normale di enzima nel giro di una settimana e mantenuto una produzione sufficiente a distanza di mesi e anni.

Il primo trattamento è stato fatto nel 2017 e lo studio sta proseguendo: i pazienti, infatti, sono monitorati per valutare l’effetto a lungo termine della terapia genica e, grazie ai risultati positivi finora ottenuti, 3 pazienti su 5 hanno interrotto la terapia di sostituzione enzimatica (con l’approvazione dell’ente di riferimento, in questo caso Health Canada). La fase di follow-up si concluderà a febbraio 2024. È importante sottolineare che lo studio ha coinvolto solo uomini perché la malattia di Fabry ha una ereditarietà legata al cromosoma X e, di conseguenza, gli uomini sviluppano forme più gravi, mentre le donne tendono a essere portatrici sane o a sviluppare forme meno gravi.

"Essere una delle prime persone al mondo a ricevere questo trattamento, e vedere quanto stavo meglio dopo, mi dà sicuramente la speranza che questo possa aiutare molti altri pazienti Fabry e potenzialmente anche persone affette da altre malattie causate da mutazioni di un singolo gene", ha dichiarato Ryan Deveau, uno dei pazienti partecipanti allo studio. "Ora che non devo più fare la terapia sostitutiva ogni due settimane, ho più tempo per la mia famiglia".

I clinici coinvolti sottolineano che ci vorranno molti anni di ulteriori test e studi clinici prima che il trattamento sperimentale diventi uno standard di cura disponibile per tutti. Ci sono alcuni parametri da valutare e modificare in base ai risultati e alcuni ovvi limiti intrinseci, come il piccolo numero di pazienti trattati (limite noto nel caso di studi pilota per le malattie rare) che non permette un’analisi statistica completa. Ma i risultati ottenuti finora sono rilevanti e sostengono studi futuri, sia per la Fabry che per altre malattie metaboliche ereditarie.

Un esempio in questa direzione è la terapia genica per la malattia di Gaucher di tipo 1, causata dalla carenza dell’enzima glucocerebrosidasi, responsabile della degradazione di macromolecole in zuccheri e grassi utilizzabili dalle cellule. Sia la Gaucher che la Fabry sono caratterizzate dall’accumulo di sostanze tossiche nei lisosomi, strutture della cellula responsabili della gestione dei rifiuti cellulari. Sempre a febbraio, infatti, sono stati annunciati risultati positivi relativamente allo studio clinico di Fase I/II GuardOne con la terapia genica AVR-RD-02. Il principio di funzionamento è lo stesso descritto per la terapia genica per la Fabry e lo scopo è quello di ripristinare livelli utili di enzima, in questo caso la glucocerebrosidasi. Il primo paziente trattato ha interrotto la terapia enzimatica sostitutiva a un mese dal trattamento e, dopo sei mesi, continua a non averne bisogno. Inoltre, la stessa azienda ha annunciato una riduzione del 100%, o l'eliminazione completa, del substrato tossico nella biopsia renale del primo paziente trattato con la terapia genica AVR-RD-01, un’altra terapia genica lentivirale ex vivo sperimentale per la malattia di Fabry, nella sperimentazione clinica di Fase II FAB-GT in corso.

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