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Quando i piccoli ritocchi al DNA non bastano e servono interventi massicci potrebbe venire in aiuto un nuovo strumento biotech ispirato a una curiosa classe di sequenze saltellanti

Barbara McClintock ha scoperto i geni mobili negli anni ’40 e da allora questi elementi trasponibili non hanno mai smesso di stupire. Quella che sembrava una bizzarra eccezione alla stabilità del genoma, nel corso del tempo ha acquisito sempre più le proporzioni di un fenomeno influente e diffuso. Saltando qua e là trasposoni e sequenze di inserzione possono causare effetti deleteri, ma anche generare combinazioni utili rimescolando le carte dell’evoluzione. Recentemente si sono rivelati anche una miniera di potenziali strumenti biotecnologici. Alcuni (IS200/605) sono considerati gli antenati di CRISPR. Altri stanno ispirando un nuovo approccio al design genomico descritto in tre lavori su Nature (qui e qui) e Nature Communications (qui): il bridge editing.

Nel variegato zoo degli elementi genetici mobili la sigla IS si riferisce alle sequenze di inserzione, una delle classi più semplici e compatte, caratteristica dei batteri. La famiglia indicata con il numero 110 ha attirato l’attenzione del gruppo dell’Arc Institute di Palo Alto (California) diretto da Patrick Hsu, che ha deciso di concentrarsi su un elemento in particolare: IS621La proteina codificata, infatti, possiede un dominio che ricorda le forbici di CRISPR e le somiglianze non finiscono qui. Se CRISPR ha innescato una rivoluzione tecnologica, surclassando le precedenti piattaforme di editing, lo si deve soprattutto alla facilità con cui può essere programmata, ovvero istruita a trovare il bersaglio indicato di volta in volta dai ricercatori. Il trucco sta in una piccola molecola guida di RNA, che funziona da bussola perché è complementare alla sequenza prescelta. Il bello dell’RNA è che può essere sintetizzato rapidamente, perciò si fa presto ad adattare le forbici genetiche per questo o quel bersaglio.

Ebbene, quando i ricercatori hanno iniziato a studiare le sequenze di inserzione IS110 hanno avuto l’intuizione che anche questo sistema potesse essere diretto dall’RNA. A differenza dell’RNA guida di CRISPR però, in questo caso si tratta di un RNA ponte, che usa entrambe le estremità per riconoscere una coppia di sequenze di DNA. In questo modo può fungere da collegamento tra il DNA donatore e il DNA ricevente, posizionandosi in punti precisi che corrispondono alla porzione di sequenza da spostare e al sito di atterraggio. Quella che avviene è una ricombinazione senza rotture indesiderate della doppia elica, come si può vedere nel video pubblicato da Nature. Questo approccio sembra particolarmente adatto a generare modifiche su larga scala, che possono essere inserzioni, escissioni o inversioni di sequenza. Il nuovo strumento, inoltre, ha il vantaggio di essere poco ingombrante: la ricombinasi usata nell’esperimento di bridge editing è grossa la metà della maggior parte delle proteine Cas, che rappresentano l’elemento portante di CRISPR. Dunque potrebbe essere comodamente alloggiata all’interno di un virus, da utilizzare come vettore per farsi strada fin dentro alle cellule.

Per usare le parole di Hsu, il sistema funziona come un programma che consente all’utente di installare e disinstallare pacchetti. Lo scienziato ha paragonato le classiche forbici genetiche a quei cimeli vintage della programmazione che sono le schede forate, perché CRISPR consente di “bucare” il DNA in corrispondenza di singole lettere, mentre il bridge editing nasce con l’ambizione di operare a un livello di astrazione più alto. Passando dalla metafora informatica a quella edilizia, si potrebbe dire che da una parte si tratta di ritoccare un dettaglio chiave, dall’altra di riprogettare gli ambienti nella loro interezza. Ma è bene chiarire che queste potenzialità sono ancora in buona parte da dimostrare nel mondo reale. Finora il bridge editing è stato messo alla prova con successo nei batteri Escherichia coli, dove è riuscito, tra le altre cose, a inserire in modo preciso un segmento lungo ben cinquemila lettere. Ma per farlo funzionare nelle cellule degli organismi superiori, tra cui quelle umane, come minimo saranno necessari degli aggiustamenti.

Poi l’editing ponte potrà andare ad arricchire la cassetta degli strumenti delle nuove biotecnologie di precisione che, dopo l’invenzione del modello standard di CRISPR nel 2012, si è andata via via riempiendo di opzioni tra cui scegliere a seconda delle necessità sperimentali. Il punto lo ha fatto l’ultimo editoriale del CRISPR Journal: ci sono i base editor precisi alla singola lettera (basati su deaminasi), i versatilissimi prime editor (che si affidano a trascrittasi inverse), il sistema PASTE (che usa una ricombinasi per cambiamenti di grossa portata), senza dimenticare CAST/CasTn (i primi strumenti basati su trasposasi). 

La natura può ancora offrire ai genetisti una miriade di spunti, tanto da far scrivere al direttore della rivista Rodolphe Barrangou che “al tempo della biologia di sintesi potenziata dall’intelligenza artificiale, possiamo prevedere lo sviluppo di ulteriori macchine molecolari che manipoleranno con efficienza crescente il genoma, il trascrittoma e l’epigenoma”, ovvero i geni, i trascritti che ne derivano e il loro grado di attivazione.

Con il contributo incondizionato di

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